Da Roma a Salerno, un percorso che parte da versanti opposti (Trigoria e Formello) ma presenta, oltre alla meta, tante analogie. Così si presentano André Anderson e Mirko Antonucci, due degli ultimi arrivati alla corte di Castori nelle battute finali di calciomercato. Due profili a lungo accostati alla Salernitana, che alla fine hanno accettato di tornare in Serie B per la seconda volta in tre stagioni.
I due, nati entrambi nel ’99, arrivano da percorsi abbastanza simili: due anni fa il debutto in Serie B, con André Anderson in prestito dalla Lazio alla Salernitana e Antonucci dalla Roma al Pescara. Annata altalenante per entrambi, prima del rientro alle rispettive basi nell’estate dello scorso anno. Inizio di una stagione complicatissima da ambo le parti: per André Anderson pochissimi minuti disputati in biancoceleste con Inzaghi, per Antonucci qualche sporadica apparizione in giallorosso con Fonseca prima del prestito al Setubal, durato un amen a causa dei ben noti motivi disciplinari legati all’uso dei social.
Sia il trequartista brasiliano che l’esterno capitolino arrivano a Salerno con tanta voglia di ritrovare un minutaggio importante, e soprattutto di rilanciare due carriere fin qui inferiori rispetto alle aspettative: André Anderson venne più volte dipinto come un “nuovo Hernanes” dalla stampa biancoceleste quando arrivò due anni fa dal Santos, mentre Antonucci è stato tra i pezzi pregiati della sempre fertile Primavera giallorossa allenata da Alberto De Rossi. Del nuovo numero 48 granata, peraltro, i più esperti ricorderanno l’esordio in giallorosso del 2018, quando un celebre assist per la testa di Dzeko permise alla Roma di pareggiare nel recupero a Marassi contro la Sampdoria.
Ma, come detto, le aspettative sono state, in entrambi i casi, piuttosto deluse. Si parla – sia chiaro – comunque di due ragazzi giovani, che se ben motivati e inseriti al meglio nel contesto granata potranno dare un notevolissimo contributo alla causa del cavalluccio. Antonucci con la sua velocità e l’abilità in uno contro uno – le peculiarità di ogni esterno d’attacco che si rispetti -, Anderson con qualità e intelligenza nell’ultimo passaggio, già mostrate – seppur solo a tratti – due anni fa alla corte di Gregucci, più che con Colantuono e Menichini. Spulciando i tanti punti in comune tra i due giovani, quello evidentemente più importante è la voglia di riscatto dopo una stagione difficile: la Serie B e la Salernitana potrebbero rappresentare, sia per Anderson che per Antonucci, il palcoscenico ideale per trovare un minutaggio giusto e rilanciarsi per tener fede alle aspettative non mantenute negli ultimi tempi.
Entrambi, però, dovranno lottare per trovare spazio, in primis a causa di una concorrenza non da poco, rappresentata da una batteria offensiva che include Djuric, Tutino, Gondo, Lombardi, Cicerelli e Kupisz. L’ostacolo ancor più importante, però, potrebbe essere l’incompatibilità con i sistemi di gioco adottati fino ad ora da Castori: Antonucci è un’ala pura mentre Anderson nasce trequartista, quindi il modulo ideale per entrambi sarebbe un 4-2-3-1 (il romano sarebbe a suo agio anche nel 4-3-3). Ipotesi, però, abbastanza lontana dalla mentalità pragmatica – e piuttosto difensiva – del tecnico marchigiano. L’ex romanista potrebbe quindi trovare spazio come esterno alto nel 4-4-2 (pur non avendo mai ricoperto il ruolo), mentre risulta praticamente impossibile immaginarne un utilizzo da quinto di centrocampo nel 3-5-2; in quest’ultimo modulo potrebbe invece trovare spazio André Anderson, che lo scorso anno è stato utilizzato da Inzaghi proprio come mezz’ala. Ruolo, comunque, ricoperto raramente in carriera. Il brasiliano, difficilmente adattabile come esterno alto nel 4-4-2, si esalterebbe al massimo in un modulo che contempli l’uso del trequartista, come dimostrato con Gregucci: ad oggi, però, l’ipotesi resta a dir poco utopistica, considerando anche la vastissima batteria di esterni alti presenti in rosa. A Castori, dunque, il compito di valorizzare al massimo due elementi potenzialmente interessanti come Antonucci ed Anderson, i quali vanno ad accrescere qualità di un reparto offensivo che, seppur costruito in modo un po’confusionario dal punto di vista quantitativo, resta comunque di tutto rispetto.