Editoriale

30 giorni al buio: sulla Multiprioprietà e dintorni

Tempo di lettura: 3 minuti
di Giovanni Allegro *

Se si chiedesse oggi al tifoso medio granata, notoriamente partecipe delle sorti della propria squadra, di declinare l’intero roster a disposizione di Mister Castori, probabilmente (incredibile a dirsi solo qualche stagione fa) non riuscirebbe a ricordare tutti gli effettivi, laddove lo stesso tifoso granata, chi scrive ne è certo, è in grado di recitare a memoria l’art. 16 BIS delle NOIF, attualmente in vigore.

Ecco perché il tema che è stato chiesto di affrontare è particolarmente gravoso, in ragione della perfetta conoscenza dell’argomento da parte di chi vorrà leggere: non resta pertanto che partire da un paradosso e da una ovvietà.

Il paradosso è insito nella definizione di “Multiproprietà”, ormai di comune uso, con cui viene genericamente individuato tale istituto, che, di contro in termine strettamente tecnico, sintetizza l’opposto del fenomeno disciplinato in ambito sportivo.

Ed invero, come noto ai tecnici, con il termine “ Multiproprietà” si intende una pratica commerciale nella quale più soggetti sono pieni proprietari di uno stesso immobile goduto a rotazione da ciascuno di essi, e dunque indica un istituto che “comprime”, per scelta degli stessi soggetti, il diritto di proprietà, laddove invece con “Multiproprietà Calcistica”, ai sensi dell’art. 16 delle NOIF, si intende un concetto espansivo, di certo innovativo rispetto ai principi ordinari: non a caso tale istituto, che come ben noto al tifoso medio (lo stesso che, forse, non ricorda tutti gli effettivi del roster di Castori) ha visto nel corso degli anni una serie di interventi “evolutivi”, è rubricato nel disposto NOIF sotto il titolo di “ Partecipazioni societarie”

La ovvietà invece (ma in fondo non del tutto scontata), è che l’attuale conformazione risulta formalmente lecita, ed è ritenuta perfettamente compatibile con il sistema organizzativo, in seno alla FIGC: va aggiunto inoltre come tutte le variazioni regolamentari ( che negli interventi “evolutivi” si sono succeduti attraverso regolari e perfettamente legittimi atti del competente Consiglio Federale), devono essere, come in effetti sono state, approvate dal CONI; né l’ultima modifica, registrata in data 9 luglio 2013 (quella attraverso cui è stata inserita la previsione di ritenere possibile il controllo diretto o indiretto in capo allo stesso soggetto, di due società, anche del settore professionistico, a patto che non siano nella stessa serie), è stata mai impugnata, nelle competenti sedi, da eventuali soggetti controinteressati.

Tuttavia, non è azzardato sostenere come le modifiche in senso evolutivo innanzi ricordate, da un lato abbiano stravolto l’iniziale conformazione dell’art 16 BIS NOIF che per l’appunto si limitava a disciplinare una principio dello Statuto FIGC (l’art. 7 co. 7, che di contro vieta ”partecipazioni, gestioni o situazioni di controllo, in via diretta o indiretta, in più società del settore professionistico da parte del medesimo soggetto”, dall’altro ed almeno con l’attuale conformazione si pone addirittura in palese contrasto.

In tal senso una sostanziale contrarietà al fenomeno della “multiproprietà”, quantomeno nella conformazione calcistica, lo si rinviene anche leggendo le Norme Organizzative dell’altra Federazione in cui è previsto il fenomeno del professionismo in sport di squadra, la Federbasket, dove è disciplinato l’istituto della squadra “satellite” (una sorta di squadra B, utile anche per assolvere gli obblighi giovanili), purché però tale squadra non partecipi al Campionato “immediatamente superiore od inferiore” , concetto ribadito, all’art. 163 del Regolamento Organico della stessa Federazione, che vieta alle società, ai loro soci ed agli amministratori di “effettuare finanziamenti a favore di Società partecipanti allo stesso Campionato od al Campionato immediatamente superiore od inferiore

E dunque soltanto nella FIGC esiste, a seguito delle segnalate modifiche, una norma che consente una partecipazione societaria a due società, partecipanti a campionati professionistici l’uno, rispettivamente ed immediatamente inferiore all’altro (il caso insomma della partecipazione tra Lazio e Salernitana)

«Ma la Salernitana può andare in Serie A?», si chiede un po’ come Vitangelo Moscarda di Pirandelliana memoria, semplicisticamente chi scrive, alla ricerca di una propria definitiva collocazione da tifoso.

«Certo che sì», è la risposta che non necessariamente da tifoso si dà.

Tuttavia e non per disilludere il “tifoso fanciullino” che alberga in chi scrive, va per completezza espositiva segnalato l’ultimo e ben noto comma dell’art. 16 BIS nella parte in cui disciplina la fattispecie di due squadre, in capo al medesimo soggetto, che raggiungono lo stesso campionato, in tal caso “i soggetti interessati dovranno darne immediata comunicazione alla FIGC e porvi termine entro i 30 giorni successivi”.

Come “porvi termine”( verosimilmente attraverso la cessione di uno dei due pacchetti societari), da quando partono i famosi “30 giorni” ( dall’evento promozione, dall’inizio della stagione o chissà quando), non è dato capire dalla forse frettolosa formulazione della norma, che pur resiste da ben 7 anni.

Eppoi, secondo quali procedure, in soli 30 giorni, vendere una società di calcio, quando magari nello stesso lasso tempo non si riesce forse a vendere la propria bicicletta su Ebay, anche tale aspetto risulta del tutto privo di indicazione alcuna.

Ed allora se “Il calcio è un contesto in cui guardare diventa fare”, (Nick Hornby) chissà prima o poi sulla questione forse qualcosa, dai preposti Organi, andrà fatto.

* Avvocato dal 2 luglio 2000, è iscritto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno.
Cassazionista dal 2 luglio 2012.
Si è perfezionato in diritto e management dello sport presso l’Università degli Studi di Salerno.
Ha frequentato Master presso la LUISS Management in diritto e management dello sport.
Ha curato fino al 2012 gli affari legali per Lega Nazionale Pallacanestro.
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