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Dite a 007 di farsi i cazzi suoi

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Underneath the mango tree
My honey and me can watch for the moon
Underneath the mango tree
My honey and me make boolooloop soon

Era il 1962, non ero ancora nato. Una fortuna per le mie diottrie. Ursula Andress usciva dall’acqua a cambiare, per sempre, l’immaginario maschile, il concetto stesso di femminilità.

Un trentaduenne rasiava on the beach.

Connery, Sean Connery il suo nome.

Punto a capo. Ci sono, da un lato e dall’altro della sponda, archetipi di bellezza trasversali.

Gente che quando li vedi dici: «Vabbuò» e sottintendi: «questo è fuori gara, questo è n’ata razza».

Canoni di bellezza che mettono d’accordo tutti, indipendentemente dagli orientamenti sessuali.

Connery Sean, l’unico James Bond della mia generazione – con tutto il bene per George Lazenby, Roger Moore, Timothy Dalton, Pierce Brosnan, Daniel Craig – aged 90, ha appena lasciato questa valle di lacrime in terra di Bahamas, non troppo lontano dalla Giamaica, dove girarono Agente 007 – licenza di uccidere, il primo della serie.

Comunque Sean Connery – al quale la critica benpensante aveva dato dell’attore mediocre – ha fatto a tempo, con Gli Intoccabili, con Caccia a Ottobre Rosso, con Il nome della Rosa, a fare casa nel cuore di tutti gli spettatori di tutte le età.

Era tante cose, uno di noi.

Amava il calcio, anzi giocava più che benino.

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Prima di intraprendere la carriera di attore, aveva infatti giocato nel Bonnyrigg Rose Athletic Football Club, una squadra di dilettanti che deve il nome ad una cittadina alle porte di Edimburgo.
Giovanottone atletico, un metro e novanta di altezza, (1,89 per la precisione…), richiestissimo dalle ragazze, gioca in attacco, lungo la fascia destra.
I suoi biografi scopriranno che nel 1951 un giornale locale, il “Dalkeith Advertiser”, diede notizia di un suo gol contro il Broxburn Athletic, in una partita persa comunque 3 a 1. Quel trafiletto di giornale – oggi lo si trova esposto in una bacheca dello Scottish Football Museum di Glasgow – parla peraltro di un gran gol: Connery mette la palla in rete con un tiro formidabile da trenta metri.
L’altra labile traccia dai giornali dell’epoca è la proposta dell’East Five FC di giocare con loro: Sean sceglie però il teatro.
Partita chiusa, dunque? Macché.
Siamo appunto al 1953, a Manchester, alla partita amatoriale tra gli attori della compagnia e una squadra locale. Succede che tra gli spettatori c’è un certo Matt Busby, l’allenatore dello United, il tecnico che legherà in modo indelebile il suo nome ai Red Devils, tanto che “Busby Babes” diventò il modo nel quale chiamare un gruppo formidabile di giovani – Bobby Charlton e Duncan Edwards su tutti – il cui destino venne segnato anche dal tragico incidente aereo di Monaco di Baviera, nel 1958.

In quel pomeriggio del 1953 Busby rimane impressionato dalle qualità dell’ala destra Connery.
Detto fatto. Al futuro 007 viene proposta la maglia numero 7, un contratto da 25 sterline a settimana e un provino a Old Trafford.
L’attore, rifiuta. Dirà: «Volevo accettare, amo il calcio. Ma ho realizzato che anche un grande campione inizia il suo declino verso i trent’anni e io ne avevo già 23. Invece, gli attori famosi del tempo come Burt Lancaster o Clark Gable avevano più di trent’anni. Ho deciso di continuare a fare l’attore. Si è rivelata la scelta più intelligente della mia vita». [1]

Ma era anche tifoso.

… il tifo sfegatato per i Rangers Glasgow,  apparente contraddizione.
Lui, indipendentista convinto (sul braccio destro ha tatuato “Scotland Forever”) dalla parte della squadra simbolo dei fedeli alla monarchia inglese, a differenza degli acerrimi rivali del Celtic.
E il tifo sfegatato per la compagine di Scozia, la Tartan Army, specie durante il Mondiale del 1982.
Al punto che è sua la voce – con l’orgoglioso accento scozzese – del documentario “G’olè!”, film ufficiale della competizione.
Ed è sempre stato in campo nella rappresentativa di “Celebrity All Stars” che disputò molte gare a scopo benefico tra la seconda metà degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta.[1]

E dei Rangers era vicepresidente. È qui che la sua storia, insaporita alla ‘nduja, si incrocia con la nostra.

Segnatamente con Gattuso Gennaro, per tutti Rino.

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… Il centrocampista campione del mondo ha poi raccontato alcuni divertenti aneddoti della sua esperienza di inizio carriera con i Glasgow Rangers:
«Nello spogliatoio tutti mi dicevano di togliere il crocifisso che portavo al collo (i Ran­gers sono la squadra protestante di Glasgow contrapposta al cattolico Celtic, ndr), allora io tiravo le pallonate alla foto della Regina…
Sa­pete chi era il mio ‘tutor’ lì? Paul Gascoigne, vi ho detto tut­to… Quando decisi di andare via, alla mia ces­sione si oppose il vicepresidente del club, Sean Connery. Chiamai i miei procuratori che erano con lui e il proprieta­rio dei Rangers e in dialetto gli dissi: ‘Dite a Sean Connery di farsi i cazzi suoi!’».[2]

Sean Connery aveva capito che Gennaro Gattuso sarebbe diventato “Ringhio”. Via Salernitana, lo diventò, senza riuscire a salvarla, guadagnandosi il Milan.

Avviluppato dalle nubi dell’Alzheimer, i cazzi suoi, Sir Thomas Sean Connery ha deciso di farseli per sempre.
Lasciando vuoto e rimpianto.
Non male per un attore mediocre, critica benpensante said.


Giovanni Perna

Nato nel 1964, professione ortopedico. Curioso ma pigro. Ama svisceratamente Salerno e la Salernitana. Come sempre accade quando un amore è passionale, è sempre piuttosto critico nei confronti di entrambe.

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