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Primo bilancio stagionale su pregi e difetti della squadra granata

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Dopo la seconda sosta dettata dagli impegni delle Nazionali, proviamo a fare un bilancio sul primo scorcio di campionato della Salernitana.

Lo faremo posizionando la nostra lente d’ingrandimento sugli aspetti positivi mostrati dalla squadra, senza dimenticare di sottolineare anche le criticità che meritano di essere oculatamente gestite per evitare che diventino, strada facendo, punti deboli facilmente aggredibili dalle squadre avversarie.

La truppa di Castori sembra affiatata. Decisamente incoraggiante il linguaggio collettivo del corpo dopo la realizzazione di un gol. Non mancano i dualismi, ma essi si riducono ad una virtuosa competizione di campo, non sfociano mai in polemiche o comportamenti scorretti che rischino di minare l’armonia dello spogliatoio. Quando il gruppo viaggia sulla stessa lunghezza d’onda, raggiungere risultati importanti diventa impresa meno ardua.

Passando all’aspetto meramente calcistico, un salto di qualità è stato compiuto dal reparto difensivo. Per capacità di mantenere inalterata la tensione mentale nell’arco dei novanta minuti, per tempismo in fase d’intervento, cattiveria agonistica e lettura tattica, Mantovani, Aya e Gyomber offrono garanzie maggiori rispetto al roster di retroguardia dello scorso anno, quasi sempre in difficoltà quando era chiamato a fronteggiare la pressione offensiva delle compagini rivali.

Altra arma non trascurabile è la presenza di un numero maggiore di calciatori in grado di fare la differenza in questa categoria.Tutino, Anderson, Lombardi e Cicerelli, che rendono praticabile il calcio di Fabrizio Castori impostato sulla compattezza in fase passiva prima di attivare ripartenze capaci di disarticolare le difese avversarie, rappresentano una discreta base strutturale per sviluppare questo copione tattico.

In generale, al netto di alcune evidenti lacune strutturali, già denunciate al termine della sessione ‘estiva’ di calciomercato e che analizzeremo più avanti, la rosa è anche discretamente corposa dal punto di vista numerico, con molti ruoli che presentano più di un’opzione alternativa.

Le prime sei gare stagionali, in attesa del verdetto relativo al match non disputato contro la Reggiana, hanno però evidenziato anche alcune criticità che non possono passare sottotraccia.

Innanzitutto, di natura strutturale, ossia legate all’assenza in organico di almeno tre elementi in grado di consentire al tecnico granata di organizzare le sue strategie tattiche scegliendo, a turno, tra i due moduli (4-4-2/3-5-2) maggiormente utilizzati.

Le prestazioni incostanti di Lopez, la scarsa adattabilità di Veseli e Casasola, hanno creato una preoccupante lacuna sulla fascia sinistra che, al momento, non sembra colmabile attraverso l’impiego di Joel Baraye.

L’assenza di una mezzala di ruolo, in grado di interpretare la doppia fase, attaccare e difendere ma anche governare il pallone nella scelta dei tempi di gioco, rappresenta un’altra carenza vistosa per una squadra che intenda spesso affidarsi ad un metronomo e due interni. L’organico granata presenta quattro centrocampisti centrali, diversi esterni offensivi, ma palesa l’oggettiva latitanza di un’autentica mezzala nel roster mediano.

Così come risulta abbastanza vistosa la mancanza di una punta centrale con caratteristiche diametralmente opposte a quelle di Djuric; un calciatore che sappia realizzare gol diversi da quelli garantiti dall’ariete bosniaco.

Altrimenti, alto è il rischio che lo stesso Tutino, privo di un partner che parli lo stesso linguaggio tecnico, gravato da eccessive responsabilità, possa esprimere solo parzialmente le sue importanti potenzialità calcistiche.

Le criticità sono però emerse anche dal punto di vista tattico. In un torneo che presenta differenze importanti di valori tecnici, la Salernitana dovrebbe organizzare le sue strategie tecnico-tattiche sulla base di questa consapevolezza.

Ed invece, spesso, il suo ‘4-4-2’, compatto ma troppo scontato per sperare di non risultare vulnerabile, è stato abile ad approfittare in fase di rimessa delle debolezze difensive ed offensive altrui, però in altre occasioni (vedi Reggina, Spal e Chievo, nonostante i tre punti conquistati), Di Tacchio e compagni sono andati incontro a notevoli difficoltà, esibendo distanze lunghe tra i reparti, pressing scarsamente coordinato e sostanziale incapacità di ostruire le linee di passaggio rivali. Contro l’Ascoli, squadra leziosa e spuntata, ti può andar bene; affrontando la Spal, invece, la palla non la vedi mai e becchi due gol che ti domano in fretta.

Pertanto, un atteggiamento più camaleontico sarebbe auspicabile, anche per consentire a Milan Djuric di essere utile alla causa sfruttando le sue doti nel gioco aereo. Difesa e ripartenza, infatti, rappresentano una strategia che mal si sposa con il bagaglio tecnico dell’ex cesenate.