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ALESSIA SOCCI: La vita ha iniziato a prendermi a pugni, io ho imparato a difendermi, poi… A COLPIRE FORTE!

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IL RITMO, NEL PUGILATO, È TUTTO. QUALSIASI MOVIMENTO TU FACCIA, NASCE DAL CUORE: O QUESTO HA IL RITMO GIUSTO, O SEI NEI GUAI.

(SUGAR RAY ROBINSON)

Un susseguirsi di emozioni, un pacchetto famiglia che regala spunti di riflessione, da Dario ad Alessia il passo è breve. Dopo il bellissimo incontro sul ring di venerdì 13 novembre del salernitano Socci, la redazione di SOLOSALERNO.IT ha avuto il piacere e l’onore di tinteggiarsi di rosa.

ALESSIA SOCCI si è concessa ai nostri microfoni, fornendoci la sua testimonianza, un racconto senza filtri, di un’autenticità disarmante. La sorella dell’impavido pugile dall’inseparabile “matello granata”, ha innescato  commozione, empatia, trepidazione, tristezza e gioia, nonostante il confronto sia avvenuto tramite un dispositivo mobile.

Una narrazione, quella della bella Salernitana, impregnata di sentimento, di passione e inestimabile forza interiore. Si dice che ognuno porti indosso un peso proporzionato alla propria sopportazione e alla larghezza delle proprie spalle.

Alessia ha dimostrato sin dagli albori della sua adolescenza – un’età che dovrebbe essere spennellata con i colori dell’arcobaleno, priva di sfumature di nero – di essere capace di superare un dramma che ad oggi, ha contribuito a temprarla e formarla.

Bruciando non poche tappe del proprio percorso, la campionessa di Salerno ha dovuto lasciare, anticipatamente e in un angolo, la bambina che era, per chiamare in scena la Donna che è tutt’oggi, indossando la divisa che la vita le ha cucito indosso per AFFRONTARE a viso aperto la sua quotidianità.

Partendo dagli albori: come Dario anche tu sei una campionessa di boxe, quando si è sviluppata la passione per il pugilato sia per te che per tuo fratello?

Cosa ha influito sulla scelta di questo sport?

Ho iniziato a quindici anni, quando persi mio padre. Per me il pugilato era una valvola di sfogo, riuscivo a buttar fuori tutta la rabbia che avevo dentro. Fare boxe era tutto ciò che mi donava un po’ di serenità, è stato essenziale avvicinarmi al pugilato. Ringrazio mio fratello Dario per questo perché, all’epoca mi fece conoscere più approfonditamente questo sport.

Mio fratello, invece, ha iniziato questa disciplina un anno prima dell’evento drammatico, si inoltrò in questa esperienza tra alti e bassi perché nostro padre non era contento che facesse boxe, avrebbe preferito che Dario giocasse a calcio, lo reputava molto portato e bravo, ma la passione per il pugilato ebbe il sopravvento. La maggior parte delle vittorie di mio fratello sono state dedicate a nostro padre.

Tra i tanti traguardi che anche tu hai raggiunto, qual è stato quello maggiormente memorabile ?

Ho vinto tre volte il campionato italiano, in tre categorie di peso differente. Vincevo spessissimo, nonostante fossi molto esile, terminavo spesso gli incontri con sonori K.O., questo induceva molte ragazze della mia categoria a non iscriversi agli italiani. Così, il mio coach, iniziò a propormi di aumentare di peso, affinchè potessi trovare più facilmente qualche altra sfidante in altri contesti e con un altro peso.

●Quanti e quali sacrifici hai dovuto compiere per raggiungere i tuoi obiettivi sportivi? Ad oggi reputi le tue siano state scelte o rinunce?

Ho dovuto compiere tantissimi sacrifici, sono arrivata ad allenarmi con la nazionale anche alla vigilia di Natale e alla vigilia di Capodanno. Subito dopo le feste natalizie c’era da vivere il ritiro con il team, intere giornante fuori casa. Uscivo al mattino presto, prima di andare a scuola, oltre che con lo zaino in spalla, anche col borsone per la palestra, tornando così, la sera tardi.

La rinuncia più grande a cui mi sono sottoposta è stata proprio quella di dover abbandonare il pugilato, purtroppo in Italia non dà la giusta ricompensa che potrebbe indurre lo sportivo – anche ad alti livelli – a vivere con uno stipendio che dia la giusta serenità economica.

Ho dovuto rinunciare perché avevo la necessità di guadagnare, soprattutto perché volevo intraprendere anche la carriera universitaria, quindi, alla fine lo studio ed il lavoro mi hanno indotta – per forza di cose  – a vivere il pugilato in un’altra versione. Infatti, ad oggi, mi alleno a livello amatoriale e non più agonistico.

● In veste di atleta e da sorella, hai mai temuto oltre modo per la tua incolumità in un determinato incontro? oppure ogni match è un misto tra adrenalina e “patema d’animo”?

Non ho mai avuto paura! Chi pratica il pugilato sa che è tutto un divertimento. Chi sale sul ring è travolto da un’adrenalina così forte che, nonostante sembri un eufemismo, il colpire e l’essere colpiti è, esclusivamente, motivo di benessere. Per qualunque pugile vale questo discorso. Nonostante al termine di una gara si possa scendere dal ring con un sopracciglio spaccato o qualsivoglia altra ferita, fa tutto parte di questo gioco.

● Quanto influisce per te il supporto familiare nelle prestazioni sul ring?

Ormai io non vivo più il supporto familiare avendo smesso di praticare a livelli alti la boxe, ma all’epoca mi davano forza ed incoraggiamento sia mio fratello che i suoi amici. Appena vedevo Dario a bordo ring, per me era tutto ciò che bastava per stare bene. Non avevo bisogno di un maestro perché per me lo era mio fratello, rivestiva anche quel ruolo. Vederlo felice per me, mi dava sempre una carica in più. Anche per Dario, ovviamente, oggi come quando ha iniziato a muovere i primi passi sul ring, è ancora essenziale la vicinanza familiare per affrontare i suoi incontri.

● Lo sport che praticate che ripercussioni e che impatto ha nella quotidianità ?

Abbastanza, sia positive che negative.

● Che rapporto avete e vivete tu e Dario?

Oddio!!! Siamo molto simili, quindi ci “becchiamo” spesso, tranne quando si parla di boxe. Quando si parla di boxe siamo migliori amici, diversamente andiamo ripetutamente in contrasto perché, siamo fin troppo somiglianti caratterialmente.

● L’ altra sera tuo fratello ha emozionato tutti, anche quando ha indossato il vessillo granata, quella bandiera cosa rappresenta per lui ?

Siamo molto legati alle nostre origini, forse mio fratello Dario molto di più. È molto riconoscente al sostegno, al supporto, al calore e alle radici della sua città, al punto tale da portare in ogni occasione in trionfo il simbolo del cavalluccio marino in onore della sua Salerno e della Salernitana.

Raffaella Palumbo

Sono Raffaella Palumbo, classe 1990, salernitana dalla nascita. Per varie vicissitudine, sono espatriata a Genova da quando avevo 21 anni, nel capoluogo ligure esercito la professione di insegnate. Amo la vita in tutte le sue sfaccettature, non trascuro i dettagli. L'ottimismo, la curiosità, la follia, l'intraprendenza ed il sorriso sono caratteristiche di cui non posso fare a meno. Tra le gioie più grandi della mia vita rientra mia figlia: Martina. La pallavolo, la scrittura, i viaggi e la Salernitana sono le mie principali passioni. La benzina delle mie giornate risiede in tre espressioni che non cesso mai di ripetere a me stessa e agli altri: " VOLERE è POTERE, CARPE DIEM e PER ASPERA AD ASTRA"!!!

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