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Oriano Boschin: «Per Salerno ho detto di no alla serie A. Mai scelta fu più giusta».

«Un cruccio non aver vinto a Salerno ma se quell'anno non avessero esonerato Ghio...»

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“Oriano, il volo!” Un’esclamazione che spesso risuonava nelle radio private nella prima metà degli anni Ottanta, quando a difendere la porta della Salernitana c’era Oriano Boschin, uno dei portieri più forti della storia della Salernitana (per il sottoscritto il più forte). In due anni e mezzo questo marcantonio di un metro e ottantasette ha fatto sognare il Vestuti. Se non fosse stato per un brutto infortunio avremmo potuto ammirarlo con squadre più importanti ma dalle sue parole traspare non la delusione per non esserci arrivato bensì la fortuna di aver giocato con la maglia granata senza, però, raggiungere i traguardi che lui e quella squadra avrebbero meritato.

Inauguriamo con Boschin la rubrica “Quelli del Vestuti”. Una chiacchierata a cuore aperto con un protagonista assoluto.

Molti suoi compagni di squadra ritengono ingiusto che lei non abbia giocato in serie A

«Non ci si può fare nulla. Venni a Salerno e rifiutai il Verona. Per intenderci, quello che poi avrebbe vinto lo scudetto. Loro cercavano un vice Garella. Rifiutai perché avevo giocato poco a Bologna e volevo mettermi in discussione e giocare. Pensavo di essere un buon portiere ma volevo verificarlo di persona. Salerno fu la piazza che mi diede fiducia e ci fu la possibilità di giocare con continuità e farmi conoscere. Mai scelta fu più giusta. Eravamo in C ma avevamo la testa di giocatori di serie A per la passione. A Salerno non mi sono mai sentito calciatore di seconda o terza serie».

Come andò?

«Io arrivai con Japicca presidente che non aveva tanta voglia o forza di investire nella società. Poi con l’avvento della FISA rimasi altri otto mesi e poi mi diedero al Lecce per fare cassa. Purtroppo, non ho potuto condividere con quella squadra straordinaria composta da calciatori come Leccese, Conforto, Di Fruscia, Del Favero, il desiderio di vincere il campionato. Quello è stato uno dei crucci più grandi della mia carriera. Quando poi vinsero in C avrei fatto carte false per esserci».

Salernitana 1983/1984

Poi quell’infortunio con la Reggina

«Fu una cosa stupida. Accompagnai una palla fuori e per la fretta di recuperare palla urtai con la spalla e caddi male sul ginocchio. Un incidente banalissimo. Quel tipo di infortunio all’epoca condizionava la carriera. Andai a Roma dal prof. Puddu che mi disse che probabilmente non avrei mai più giocato. Quando rientrai c’era anche diffidenza perché la ripresa era un’incognita. Adesso è tutta un’altra cosa».

Adesso di cosa si occupa?

«Ho smesso a 39 anni perché mi divertivo ancora. Ho fatto l’ultimo anno a Modena poi ho allenato nei dilettanti nel bolognese. Sono entrato nel settore giovanile del Bologna e sono rimasto fino allo scorso anno. Mi sono fermato per un anno a causa di un problema di salute che, fortunatamente, ho superato. Ora è tempo di sistemare le mie cose e di rientrare. Certo il Covid non aiuta ma sono pronto per rientrare in pista».

Ci racconti il suo rapporto con Salerno

«Il mio esordio in casa con il Foligno non lo scorderò mai. Quando entrammo in campo successe il finimondo. Mai vista una cosa del genere. Avevo giocato a San Siro, all’Olimpico ma non era la stessa cosa. È stata una sensazione stupenda avere il campo al centro della città. Eravamo un tutt’uno con la gente. Un calore che ti penetrava nelle ossa. Non potevo girare per Salerno senza essere abbracciato o fermato. Queste cose per me erano vita. Forse solo a Ferrara ho provato qualcosa del genere ma nulla di paragonabile».

Chi è stato il giocatore più forte di quegli anni, a parte lei ovviamente?

«Il più forte di tutti è stato De Vitis. Un giocatore d’area tra i più forti che ho visto. Ho giocato con Zaccaro che era un predatore dell’area di rigore ma De Vitis aveva qualcosa in più. Chiancone era un metronomo, Di Fruscia e Del Favero dei difensori straordinari. Quell’anno fu un peccato mortale non vincere. Mandarono via Ghio e presero Sereni che era una bravissima persona ma, francamente, non c’entrava niente con noi. Sono sicuro che se fosse rimasto Ghio avremmo fatto un altro tipo di campionato».

Anche la sua assenza contribuì

«Mi operai il 25 maggio del 1985 e rientrai a novembre dello stesso anno. Persi 11 partite e rientrai alla nona e giocai sempre con Sereni ma ormai i giochi erano fatti».

Salernitana 1985

Segue ancora la Salernitana?

«La Salernitana la seguo sempre. Sono venuto per il centenario e in molti mi hanno detto di questa problematica legata alla multiproprietà. Questa cosa è di sicuro condizionante. Che succede se la Salernitana va in A? Si rischia sempre di fare campionati buoni, ma poi? Fare la serie B non è un delitto, ma per la piazza di Salerno tutto ciò è svilente. Mi spiace che ci sia questo distaccamento della tifoseria. Mi auguro che la proprietà non si tiri indietro se ci fosse la possibilità di vincere. Ci sono società che con la serie A non c’entrano nulla. Salerno merita questa categoria».

Mi tolga una curiosità: È vero che avete creato una chat con tutti i calciatori del Vestuti?

«Certo! Ma non solo quelli del Vestuti. Siamo tanti! Abbiamo coinvolto addirittura Conforto dopo quarant’anni. Questa, però, è tutta opera di Matteo Mancuso. È una cosa bellissima. Io sono un nostalgico, ma non triste. Per me è un piacere ed è stata una idea straordinaria. Appena la pandemia ci darà tregua, verrò a Salerno perché stiamo organizzando una bella rimpatriata».

E noi saremo lì per salutarvi.

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