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Fabio Enzo, la lite con Hiden fu solo la prima “perla”

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Estate 1964. La Salernitana è, de facto, un’azienda municipalizzata. La Bersagliera era in un periodo che definire poco florido appare quasi un eufemismo, in quanto fortemente stressata dalla gestione di Pasquale Gagliardi. Commissario straordinario del club era quindi l’assessore allo sport del Comune di Salerno Michele Scozia.

Inutile girarci attorno. Soldi per costruire una squadra competitiva non ve ne erano. Si puntò quindi al solito manipolo di ragazzotti di belle speranze, scelti in maniera magistrale da quel pozzo di conoscenze calcistiche qual era Bruno Somma, il Segretario (la S maiuscola non è un refuso). E così approdarono in granata uno scugnizzo della Sanità, Gennarino Rambone, proveniente dal Venezia, squadra dalla quale ritornò Eliseo Vascotto. Invece, dalla Tevere Roma, provenì un pacchetto di giovani attaccante: Fulvio Fusco e Fabio Enzo.

Quest’ultimo, veneto di Cavallino, frazione del comune di Cavallino-Treporti nel veneziano, è alla sua prima vera esperienza in una prima squadra. Centravanti forte fisicamente e con un grande stacco di testa, in granata…mise a referto appena 6 partite. Questo per due motivi: la forte concorrenza interna (Hiden e anche Carapellese, che inframezzò la guida tencica dell’austriaco, gli preferirono Mariolino Rossi, Pino Adduci e gli stessi Fusco e Rambone) e un carattere non certo facile.

Enzo infatti litigò con Hiden proprio a causa dello scarso impiego e per questo venne messo fuori squadra a metà stipendio per un mese. Una sregolatezza che fu la prima “perla” del centravanti veneto da questo punto di vista. Alla Roma giocò due stagioni, dal 1966 al 1968. Decise un derby, siglando la prima delle sue 8 reti giallorosse, il 23 ottobre 1966. Punì il portiere laziale Cei con un preciso colpo di testa. Ma fu contemporaneamente croce e delizia del tecnico della Roma, il mitico Oronzo Pugliese.

Il Mago di Turi, infatti, imponeva ai suoi calciatori, ogni sabato prima della partita, la visione del film “Il dottor Zivago”. Una sorta di corazzata Potemkin di fantozziana memoria ante litteram, insomma. Ed Enzo si ingegnava per fuggire dal cinema, sempre beccato e respinto dall’allenatore giallorosso.

Altra data da ricordare il 25 ottobre 1970. Enzo era in forza al Cesena e si accingeva a calciare un rigore nella sfida di campionato contro la Casertana. I romagnoli erano sul 3-0 a favore e, per vincere una scommessa con un compagno, l’attaccante calciò il rigore di tacco, cogliendo il palo. Manuzzi, presidente dei romagnoli, gli comminò una multa di 200000 lire e gli fece una reprimenda davanti a tutti. Enzo, per tutta risposta, sollevò Manuzzi di peso e lo pose in piedi sul tavolo “per guardarlo meglio“.

E poi, ai tempi della Roma, la liason con l’hostess Linda e un’annata intera a fare la linea Roma-New York e ritorno. Partenza domenica sera, ritorno l’indomani per essere presente all’allenamento e tanti saluti al jet-lag.

Una carriera pittoresca, partita da Salerno e che ha visto Enzo giocare con Tevere Roma, Roma, Mantova, Cesena, Napoli, Verona, Novara, Foggia, Reggina, Venezia, Omegna, Foggia e Biellese, squadra con cui appese le scarpette al chiodo nel 1983. Forte di 125 reti tra Serie A, B, C e D. E di 64 giornate di squalifica complessive, figlie di un carattere in campo non certo molle.

Ieri, il Covid-19 ce lo ha portato via all’età di 75 anni. Salerno e la Salernitana furono il suo trampolino di lancio. Peccato non averlo visto esultare almeno una volta in granata.

Amatino Grisi

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