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di Marco Salzano

È il 4 giugno del 1977, sono le 2.45 di pomeriggio e negli spogliatoi di Wembley pochi metri dividono molti dei più dotati protagonisti dei weekend britannici dell’epoca.
Nel loro spogliatoio Ray Clemence, Mick Channon, Ray Kennedy, Trevor Francis, Phil Neal ed il loro capitano, Emlyn Hughes, hanno il brutto presentimento che stanno per trascorrere un pomeriggio nel quale figureranno da comprimari.
Ci sono troppi segnali, uno è lì con loro, è Don Revie, allenatore che ha fatto grande il Leeds Utd ma che con la nazionale dei Tre Leoni quei risultati proprio non riesce a ripeterli. Ha ottimi giocatori, ma diversi, nell’Inghilterra infatti non allena Billy Bremner e Johnny Giles, i suoi pretoriani del centrocampo, il primo scozzese ed il secondo irlandese, e scozzesi sono anche gli esterni Peter Lorimer ed Eddie Gray, mentre Norman Hunter ormai ha 34 anni, l’unico del Leeds Utd è Trevor Cherry ma parte dalla panchina. Revie l’anno prima ha fallito la qualificazione agli Europei, non un buon inizio, ed oggi vede già in bilico i Mondiali del ‘78 in Argentina. Ma intanto c’è questa partita dell’Home Championship, il torneo amichevole tra le quattro rappresentative del Regno Unito, ma che di amichevole ha ben poco.


Il secondo segnale è nell’altra “changing room”, dove Willie Doncahie, Archie Gemmill, Kenny Dalglish, Joe Jordan, Daniel McGrain, Luigi “Lou” Macari, Bruce Rioch, capitano scozzese ma inglese di nascita, ed Alan Rough ascoltano MacLeod, che, da poco in carica, ha vinto 2 partite e ne ha pareggiata 1.
MacLeod sa di allenare una delle più forti nazionali scozzesi dell’era moderna, che inanella un filotto storico e dopo i Mondiali del ‘74 si qualificherà anche per quelli del ‘78, ancora a 16 squadre, e successivamente a tutte le edizioni fino ad Italia ‘90. E che gli Scozzesi siano forti lo sanno anche gli inglesi che siedono a pochi metri.
Il terzo segnale, il più inquietante i due Ray, Emlyn, Trevor e gli altri l’avevano colto già all’entrata in campo per il riscaldamento. Ci sono 98,000 tifosi sulle gradinate di Wembley ma circa 80,000 provengono da Nord del Muro di Adriano.
Al momento degli inni la banda suona Flowers of Scotland ma i giocatori non sentono la musica che proviene da pochi metri perchè il canto dalle gradinate sovrasta quello della banda e gli inglesi hanno ancora di più la sensazione che sì, sarà un pomeriggio in salita.
La conferma la hanno poco prima della fine del primo tempo, in realtà i giocatori del Leeds quel pomeriggio sono tre, solo che due giocano nella Scozia. Uno è Joe Jordan, che con Revie ha condiviso tanti pomeriggi, l’altro è un ragazzo classe 1952 che Revie ha allenato per 2 stagioni, è alto 1.90, una esagerazione per l’epoca, e su una punizione dalla destra di Clemence va a prendere il pallone ad un’altezza dove nessun altro potrebbe. 0-1 al 42’, Gordon McQueen.
Anni dopo McQueen ridendo dirà alla TV scozzese che entrando in campo Mick Mills, difensore dell’Inghilterra, gli disse “Posso sentire l’odore di whisky da qui” guardandosi intorno.


Nella ripresa, sempre dalla sinistra dell’attacco scozzese, arriva un pallone lungo nell’area di Clemence, Rioch di testa lo rigioca in centro e Dalglish con due tocchi, ed in mischia, lo fa scivolare dentro. È uno dei 30 gol in 102 presenze con la Tartan Army di Sir Kenny, recordman in entrambe le statistiche, anche se la prima condivisa con Denis Law. Pochi mesi dopo Dalglish sarà il primo giocatore britannico a sfondare il muro del milione di pounds e passerà dal Celtic al Liverpool, dove vincerà campionati e coppe nazionali ed internazionali, prima come giocatore e poi come allenatore. Oggi, dirigente del club, gli è stata intitolata una tribuna di Anfield e Dalglish legge il suo nome in rosso, illuminato, ad ogni partita casalinga.
Sul prato di Wembley manca poco meno di mezz’ora ma la partita sembra già finita ed a darne la sensazione è anche il gol dell’1-2, Channon su rigore al minuto 87, gli inglesi quasi non esultano ma, soprattutto, praticamente non corrono a recuperare la sfera.  
La partita termina 1-2 ed è l’addio di Don Revie alla Nazionale dopo circa 3 anni, ma soprattutto è l’inizio della sua parabola discendente, lasciata infatti la Nazionale di Sua Maestà, Revie va ad allenare l’Arabia Saudita, il che gli costa una squalifica di 10 anni da parte della FA, poi revocata su ricorso dello stesso Revie. Allena a livello di club in Arabia e poi Egitto, senza mai far ritorno in Inghilterra. Donald George Revie muore nell’89 ad Edimburgo, le critiche verso di lui incredibilmente aumentano e uno dei principali detrattori resta Brian Clough, forte del suo miracoloso Nottingham Forest e, prima, suo acerrimo rivale con il Derby County. Nel 1974 Clough viene sorprendentemente chiamato a sostituire Revie, divenuto intanto CT, sulla panchina del Leeds ma è esonerato dopo pochi mesi perchè i fedelissimi di Revie non riescono ad accettarne la presenza. Ma non è solo Clough a criticare Revie, sono vari i colleghi che anche dopo la sua morte continuano ad accusarlo di poca lealtà sportiva, l’accusa che in pratica veniva mossa ai giocatori del suo Leeds Utd, tanto bravi quanto pronti a dar la caccia all’avversario.
Solo negli anni a venire viene rivalutata la figura di questo manager che nel 2004 viene inserito nella Hall of Fame del calcio d’oltremanica ed oggi la End del Leeds porta il suo nome. 
Torniamo però a Wembley, Mills aveva detto di sentire l’odore del whisky dal campo, forse una esagerazione, però il whisky c’era eccome, infatti al termine della gara sul prato volano le bottiglie, i bicchieri, ma anche monetine, sassi ed ogni cosa utile allo scopo. Crollano le reti in varie parti delle tribune e migliaia di tifosi scozzesi si riversano sul prato, lo devastano per portare a casa un ricordo, le porte sono fatte a pezzi, spariscono le bandierine. All’epoca gli hooligans inglesi cercavano di prendere “possesso” della curva della squadra di casa, quanto più era grande lo stadio, numerosa la tifoseria, tanto più era ambito, e pericoloso, riuscirci, anche se solo per pochissimi minuti.


Nessuno aveva però preso possesso di uno stadio, non in quel modo. I tifosi inglesi vanno via ma 22 anni dopo cercheranno vendetta a Glasgow, dove una notte di guerriglia porta a 51 arresti.
Ma Inghilterra-Scozia non è ovviamente una sola partita, intanto non è mai una semplice partita di calcio. I rapporti di vicinato non sono mai stati idilliaci e la storia è piena di curve a gomito. Stranamente la dominazione militare inglese dura poco e non è mai costante, mentre l’egemonia linguistica, culturale, economica dura secoli. È, ironicamente, Giacomo VI di Scozia, quindi uno scozzese, ad unire le Corone nel 1603 e, di fatto, ad annettere la Scozia all’Inghilterra trasferendo il Palazzo Reale a Londra.
Solo nel 1999 la Scozia avrà la sua prima elezione per un Parlamento Nazionale, anche se già dagli anni ‘30 il Partito Nazionalista Scozzese reclama le elezioni e dal 1980 esiste un braccio armato del PNS, che però non avrà mai gli estremismi dell’IRA. Dopo un primo referendum per l’Indipendenza della Scozia dal Regno Unito nel 2014, vinto a sorpresa dai lealisti, con l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea il Parlamento Scozzese preme per aver un secondo referendum.
Rituffandoci in discorsi più leggeri quella sù descritta è forse la vittoria più famosa per la presenza massiccia di tifosi scozzesi e le immagini del dopo gara, che mostrano un Wembley devastato e ci vollero mesi per rimetterlo in sesto. La prima avversaria a tornarci per una gara di Qualificazione ai Mondiali del 78 fu proprio l’Italia (2-0 per i bianchi). Ma non è né l’unica e neppure lontanamente la più sorprendente vittoria dei blues. Il 15 aprile del 1967 Alf Ramsey guida sul prato di Wembley l’Inghilterra Campione del Mondo, ed imbattuta da 19 gare, per le Qualificazioni ad Italia ‘68. Gli scozzesi hanno Bremner, Lennox, Law e McKinnon ma non sono considerati un avversario imbattibile, tutt’altro.
Gli inglesi lamentano il gioco oltre il lecito da parte degli avversari, allora non erano previste sostituzioni, per cui Jack Charlton, che comunque segnerà un goal, Greaves e Wilson devono giocare oltre un tempo con infortuni più o meno seri, Charlton ha addirittura un dito del piede fratturato. La Scozia vince 2-3 e reclama, un po’ grottescamente, di essere ora Campione del Mondo.
Di partite tra queste due nazionali ne sono state giocate una infinità, 113 per l’esattezza, per questo viene definita The Auld Enemy. È la prima partita di calcio internazionale riconosciuta dalla Fifa, 0-0 nel 1872 a Glasgow, ma non è la prima partita internazionale, bensì la sesta, e le prime cinque sono sempre… Inghilterra – Scozia! Tutte tra il 1870 ed il 1872 a Londra, 2 pareggi e 3 vittorie dei Tre Leoni.
La Fifa non riconoscerà mai queste cinque gare perché la nazionale inglese affrontò una selezione dei migliori giocatori scozzesi residenti a Londra. Ma questa sfida ha anche un altro primato, è il 1938, la tv esiste ma la hanno in pochissimi. Il 9 aprile si gioca Inghilterra – Scozia (1-0) ed è la prima partita mai trasmessa in diretta tv, seguirà dopo 3 settimane la finale di Coppa di Inghilterra tra Huddersfield e Preston. Anche qui però il primato della prima partita in diretta tv ha un “asterisco”, la BBC infatti ha bisogno di fare una prova e viene chiesto all’Arsenal di organizzare una amichevole tra la prima squadra e le riserve, è il settembre del ‘37. Insomma, Inghilterra – Scozia sa essere la prima gara internazionale e la prima partita in TV pur senza esserlo! 
Oggi le due squadre si ritroveranno, gara 114, 48 vittorie per i bianchi, 41 per i leoni di Scozia e 24 i pareggi. In queste prime 113 gare è accaduto di tutto, risultati a sorpresa, vittorie infierendo sull’avversario (1961, l’Inghiltterra travolge 9-3 la Scozia e i giocatori diranno di aver voluto vendicare l’1-5 del 1928).
Calciatori ed allenatori scozzesi ed inglesi hanno spesso convissuto negli stessi club, per essere nemici una settimana intera nello stesso spogliatoio, prima dell’ “amichevole” annuale.
Alcune delle più forti squadre inglesi hanno avuto come attori principali giocatori scozzesi, ad esempio Robertson, McGovern, Burns e Gemmill nel Forest oppure Nicol, Souness, Dalglish e Hansen nel Liverpool ma sono centinaia i giocatori scozzesi che hanno fatto bene in Inghilterra, e viceversa, e che in quelle settimane a stento si rivolgevano la parola. Ci sono stati manager scozzesi, tanti, a far grandi i club inglesi, Ferguson l’ultimo, ma per restare negli ultimi 50 anni ricordiamo Shankly, Dalghlish e Graham.
Ad aggiungere pepe alla rivalità anche a livello di club abbiamo partite che varrebbero da sole un libro, non un articolo, fino al 2007 i club scozzesi ne hanno addirittura vinte 13, 12 i pareggi così come le vittorie inglesi. Ma dal 2007 l’egemonia inglese si estende anche a livello di club, tanto che non ci sono più sconfitte da registrare, la English Premier League è nettamente superiore alla controparte scozzese, però, proprio come a livello di nazionali, questa superiorità non è sempre stata netta, quanto meno con le due squadre di Glasgow, e dopo Heysel molti giocatori inglesi si trasferiscono ai Rangers, in grado di pagare meglio di quasi tutte le squadre inglesi. 
L’altra delle due Glaswegian, il The Celtic FC, è protagonista del più famoso doppio confronto con una squadra proveniente da Sud del Muro. È il 1969/70, il sorteggio nella semifinale di Coppa Campioni mette di fronte il Leeds Utd di Revie ed il Celtic di Jock Stein che tre anni prima ha vinto la Coppa dei Campioni contro l’Inter a Lisbona con una squadra di nativi di Glasgow, questi ragazzi saranno ricordati come “I Leoni di Lisbona”.
Se cercate sulla versione inglese di Google “The Battle of Britain” la semifinale con il Leeds è incredibilmente il secondo risultato, al Celtic Park ci sono oltre 136,000 spettatori, il Celtic vince entrambe le sfide e va in finale, dove perderà contro il Feyenoord, non riuscendo a bissare la vittoria di 3 anni prima.
Ma non è l’unica squadra scozzese ad aver vinto in Europa, infatti nell’83 l’Aberdeen allenato da Ferguson sorprende il Continente vincendo la Coppa delle Coppe e la Supercoppa Europea, superando niente meno che il Real Madrid prima e l’Amburgo fresco Campione d’Europa dopo.
Oggi sarebbe impronosticabile una vittoria scozzese a livello di club in Europa ma la centocinquantenaria sfida internazionale con i cugini inglesi ci ha insegnato che almeno in queste gare, per quanto banale suoni, tutto può accadere, per cui godiamoci questa sfida, la più vecchia ed orgogliosa del calcio mondiale.

Redazione

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