Per chi è cresciuto col pallone tra i piedi, le Storie di Calcio sono romanzi di formazione. Le vicende dei protagonisti si delineano nel quadro della Storia con la maiuscola, sebbene a volte sembri proprio il contrario. Leggende, favole se vuoi: ognuna con la propria morale. C’era una volta…
Jules Rimet
Il mondo lo cambi col pensiero. Il futuro, nascosto in un barlume, d’improvviso appare all’eletto ed ecco ridisegnarsi i confini del prima e dopo. Le vedute di Jules, nate larghe, sposano idee liberali e partoriscono il Calcio come lo conosciamo oggi: il Gioco di Tutti.
Gli anni hanno oltraggiato l’aspetto ma non l’intelletto: è il 1954, a cinquant’anni dalla nascita della Federation Internationale de Football Association il genio del vecchio Jules partorisce l’ennesima intuizione, l’ultima. A valle del Maracanazo, l’alternanza tra Continenti prevede Europa: la kermesse si disputa nella casa del Governo del Football. Il vento sparge ancora polvere da sparo, la Seconda Guerra Mondiale strazia d’echi non lontani: dove giocare, se non in Svizzera?
Il novero delle partecipanti alla Coppa Rimet ha già occupato quindici caselle e ne manca una: la Turchia, annessa geopoliticamente al Vecchio Continente, contende l’ultimo posto alle Furie Rosse. Speranze ridotte al lumicino.
La Svizzera aspetta solo la Spagna.
Luigi Franco Gemma
C’era un tempo in cui il calcio non aveva imparato a far di conto: differenza reti, calci di rigore, nulla. Se le porte di Wimbledon rubricano Vittoria e Sconfitta quali figlie dell’Inganno, Pareggio è genitore di Sgomento. E rende necessario l’intervento del Caso. Che per solito s’incarna nella monetina. Quel giorno, il caso abitava a Monte Mario.
Figlio d’un operaio dello Stadio Olimpico, Luigino ha tredici anni ed un secondo nome innocente, se solo non s’intersecasse alla Spagna degli Anni Cinquanta. Si trova non so come allo stadio: c’è una partita della quale importa a pochi, ma l’adolescenza è bella perché il posto è il pretesto di un motivo ch’è la compagnia. Sui gradoni dei quali s’è occupato il suo papà, mescolato alla Romana Gioventù del Dopoguerra, sente la mano afferrata dallo Sconosciuto in doppio petto. Sussulto dapprima, poi curiosità: le sopracciglia formano una V diffidente con vertice sul naso arricciato, lo invita nel ventre dell’Olimpico e lui non si ritrae.
Indossa calzoni corti ed un maglioncino stinto: lo Sconosciuto gli cinge la fronte d’un tovagliolo da ristorante, chè il lembo largo gli copra gli occhi. Lo accosta al banco del sorteggio, gli prende il polso e lo infila nell’Ampolla del Fato, dove Sancho Dàvila ha riposto fiducioso il pezzetto di carta stropicciata su cui ha scritto España. Luigi Franco Gemma afferra il biglietto, lo Sconosciuto glielo strappa di mano: toglie la benda, stropiccia gli occhi ed appare il nugolo d’uomini sgomenti.
Sul foglietto c’è scritto Türkiye. Il giovane Franco ha fatto fuori la Spagna. È la Nemesi.

László Kubala
1999, centenario del Barcelona: Més que un club. L’orgia di celebrazioni conosce momenti d’alto misticismo laddove si chiede ai tifosi coi capelli grigi quale fosse stato il più grande della storia blaugrana. La scelta è quasi unanime: László Kubala. La cui vita è un romanzo che va raccontato col sottofondo d’un bolero. Basti ad oggi che nel 1954 è in forza alla Nazionale Spagnola: è il fuoriclasse che mancava, il titolo iridato è alla portata.

Il gironcino a tre che separa dalla Rimet s’assottiglia per l’evento che, granello dopo granello, sgretolerà poi il Muro di Berlino: è morto Stalin! L’Unione Sovietica, stravolta, si ritira: resta la Turchia. Cimento agevole, al Chamartín è 4-1. Quello che succederà al ritorno poco ha a che fare col pallone: la Vecchia Costantinopoli accoglie la Spagna con un’onda d’odio spaventosa. In ogni strada, in ogni vicolo si respira l’ostilità che accolse la Quarta Crociata. Non è più calcio, non può essere calcio. La Turchia vince, servirà lo spareggio. Si giocherà a Roma. Alla vigilia del desempate, il ritiro delle Furie Rosse è sconvolto dalla nota dell’agenzia di stampa Alfil.
El jugador español Kubala no formó parte del equipo español casi en el momento de empezar el partido a petición de la FIFA. Su descalificación fue una sorpresa
Fuggito da un’Ungheria oppressa, che solo più tardi avrebbe conosciuto il rigurgito della destalinizzazione del Soviet, Kubala assurge ben presto a nemico del Partito. In cerca d’un qualsivoglia riparo, la Cataunya lo adotta e la Federazione Iberica ne approfitta. Naturalizzandolo.
Servendosi della Federazione Calcistica Magiara, Mosca lo fa squalificare a vita per aver rotto il contratto il Vasas di Budapest, accusandolo pure di essersi sottratto alla leva e di espatrio clandestino.

In un Mondo dove tutto è Guerra Fredda, il fattaccio quasi assurge a casus belli. Madrid denuncia le perfide manovre dei nemici di sempre. Si grida al complotto dei Comunisti, invidiosi del successo del compagno Kubala, veleno nei cuori oltre cortina. Si tira in mezzo la Massoneria, qualcuno parla di vendetta turca per la sconfitta di Lepanto. È il caos. Nel quale la Spagna si perde, ed una partita già vinta finisce 2-2. Il sorteggio darà torto agli uomini del Generalissimo.

Morale della favola
I Mondiali del 1954 saranno l’ultima grande manifestazione organizzata da Jules Rimet, il quale completò il mandato più longevo di sempre e si ritirò a vita privata. Morì poco dopo, e la sua vita da capolavoro divenne testamento. Se le ferite dilanianti della Guerra, rimaste a sanguinare ben oltre le Paci di Parigi, si sono lentamente rimarginate è stato anche grazie alle visioni dell’Uomo che immaginò una competizione in cui confluissero tradizioni e culture d’ogni parte d’un Mondo che, attraverso il Gioco più bello di tutti, imparò a volersi bene. Almeno un po’.
Leggende Ottomane narrano della mano d’un ragazzino che, guidata da Allah, compì il riscatto del Bosforo sugli Infedeli. Luigi Franco Gemma fu obbligato dalla Nazionale Turca a seguirli prima ad Istanbul, poi in Svizzera: con lui accanto, Allah li avrebbe guidati nella Spedizione in Occidente, e nulla li avrebbe fermati. La Turchia fu eliminata al primo turno.
I Mondiali di Svizzera segnarono uno spartiacque nella Storia del Gioco. Le migliori Nazionali si sfidarono in giro per la Confederazione: la più bella di tutte non vinse, ma lasciò spazio alla Germania che per la prima volta dopo Hitler potè guardare il Mondo negli occhi senza vergognarsi.
All’appello delle più forti soltanto una non rispose presente, estromessa da una mano innocente, simbolo d’un calcio pulito cui tutto abbiamo il diritto di tendere.
La Svizzera attese invano la Spagna, e stasera l’attende ancora.
A Voi le belle cose.