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Praga veste granata: il racconto a cuore aperto di Massimiliano e l’importanza di quei colori scolpiti nell’anima

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Per l’appuntamento settimanale con la rubrica dei #tifosigranata “fuori sede”, abbiamo raggiunto telefonicamente Massimiliano Raiola che vive a Praga da nove anni con la moglie e i suoi due figli. La “madre delle città” che con i suoi artigli non ti lascia più andare, come si legge nella suggestiva descrizione che ci ha lasciato Kafka, ha ammaliato anche il nostro tifoso, il quale tuttavia non si è lasciato “corrompere” nella passione calcistica, rimanendo fedele alla Salernitana.

Massimiliano, ci racconti di te e di come sei finito a Praga?

Sono nato in via S. Giovanni Bosco, nel quartiere Carmine, vissuto a Salerno per 35 anni. Per me l’estero era già Vietri… mi veniva la nostalgia appena mettevo piede fuori da Salerno: quei colori, odori, sensazioni sono scolpiti sulla mia pelle e nella mia anima. Fra i miei amici ero quello “fortunato” perché trovavo sempre un lavoro, ma facevo le notti per pagarmi le lezioni di inglese, pur di non pesare a oltre 30 anni sui miei genitori. Poi un giorno vedo la mia compagna (oggi mia moglie) che alle 22:30 di un sabato sera spazzava a terra nel negozio di abbigliamento nel quale lavorava mentre io ero fuori ad aspettarla… In me montava una rabbia e pensavo “ma può mai fare questa vita per sempre?”. Finito di lavorare la guardo e le dico “ora basta, andiamo a Praga”. Sono bastati 20 giorni ed ecco il primo contratto a tempo indeterminato, ah, se lo avessi fatto prima! Be’ da lì ho fatto un bel po’ di strada e oggi sono manager della Collections nel gruppo Deutsche Boerse e padre di due bellissimi bimbi. 

 Ma quanto è costato tutto questo?

Tantissimo! Lontano da amici e genitori, da Salerno, dalla mia Salernitana! Roba da toglierti il sonno! Sapere di poter tornare solo da turista, la nostalgia mi assale. La #Salernitana è parte integrante di me: mio nonno paterno, delle Fornelle, era un “malato” di Salernitana, vedeva tutte le partite e tutti gli allentamenti. Mio zio, dirigente e vicepresidente della Salernitana (con Tedesco Presidente), un cugino fra i membri della GSF (uno di quei 12 pazzi che viaggiarono in camper oltre manica per seguire la magica). Ed eccomi qua, cresciuto con i miti di Ciccio e Carmine, vivere e vedere con i miei occhi i fasti di quel periodo… che emozione a ripensarci “vivere ultras per amare Salerno”. 

Cosa pensi rispetto alla scelta, da parte della Società, di puntare su giocatori di esperienza piuttosto che su giovani promesse?

Secondo me dobbiamo guardare in faccia alla realtà: siamo ultimi in classifica con una gestione tecnica passata che definire “imbarazzante” è da diplomatici in doppio petto. Il “Rosso-Scalogna” detto De Sanctis è stato un fallimento su tutti i fronti, capace di dilapidare milioni di euro per giovani scommesse perse clamorosamente. Ho molta fiducia in Sabatini, anche se la situazione è particolarmente compromessa; inoltre il Presidente ha tirato i remi in barca e, a differenza di due anni fa, Sabatini ha dovuto affrontare il mercato con gli spiccioli. Eppure anche in questa situazione ha portato a Salerno giocatori neanche lontanamente immaginabili se pensiamo a dove eravamo cinque anni fa.

A proposito della direzione di “sopravvivenza” intrapresa a Salerno, sei d’accordo o preferiresti avviare un progetto rivolto al futuro con maggiore consapevolezza?

Sono francamente deluso dalla gestione di Iervolino: proclami scoppiettanti e clamorosi, annunci in fanfara per poi battere clamorosamente in ritirata. Non mi riferisco alle risorse impiegate nel mercato di questa stagione, ma al centro sportivo/accademy e tutte le promesse fatte pochi anni fa. La situazione di oggi fa pensare e mi chiedo “vuoi vedere che quell’amico che gli porse la domanda se stesse pensando a un’exit strategy durante la famosa intervista in streaming forse forse c’aveva preso?”In sostanza, dico che purtroppo siamo abituati a soffrire, da Salernitani ne abbiamo viste tante e speriamo solo che Iervolino non sia l’ennesima delusione, ma indipendentemente da come finisce quest’annata, quelli che la amano ci saranno sempre e comunque.

Lo Slavia Praga ha giocato la Champions League, avete avuto quindi modo di vivere l’atmosfera che si respira in città in queste grandi occasioni. Se chiudi gli occhi riesci a immaginare come sarebbe a Salerno?

La Champions League è qualcosa di fantastico, ma troppo lontano dalla nostra realtà. Io, però, un sogno simile ce l’ho (testimoniato peraltro da una mail inviata al Presidente due anni fa): vedere la Salernitana giocare qui un giorno anche in Conference League, poi veramente posso dire di avere visto tutto nella mia vita. Ho con me una vecchia pezza quando a Salerno tanti anni fa con alcuni amici giravamo lo Stivale con un gruppo chiamato “Saliva Zero”… sta ancora aspettando uno Sparta o Slavia vs. Salernitana!

Un altro sogno nel cassetto?

Se posso farei un appello a chi gestisce la macchina organizzativa: ho due bimbi piccoli di 3 e 6 anni, credetemi è difficile farli appassionare ai nostri colori essendo a 1600 km di distanza. Avevo chiesto alla Salernitana la possibilità di far partecipare il più grande dei due a una cerimonia di inizio partita, mi è stato detto che non è possibile perché solo per bambini dai 7 anni in su… be’ magari un’eccezione potrebbero farla, magari.

Un’ultimissima cosa per voi che avete la fortuna di abitare a Salerno: andate sempre a vedere la squadra e sostenetela anche quando va male. Quello è il momento in cui io mi innamoravo ancora di più! Ricordo ancora del primo allenamento con Costantini a Paestum (dopo il primo fallimento) o la prima partita di cui abbia memoria un Salernitana Palermo in notturna al Vestuti (coreografia con gli accendini). E poi mi ritrovo al goal di Minala a piangere a casa perché lontano e non porter essere li con la curva Sud, dove sono nato, dove sono cresciuto, dove mi sono innamorato. Non potete immaginare quanto siete fortunati e ve lo dico con il cuore!

Francesca Romanelli

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