Editoriale

Caso Dia, quando le società sono ostaggio dei calciatori

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Boulaye Dia è stato e rimane uno dei flagelli sportivi ed economici più dolenti della tribolata stagione della Salernitana. Dopo un’annata da protagonista nella quale l’attaccante senegalese ha trascinato i granata in un’abile e serena salvezza con i suoi 16 gol e dopo aver innegabilmente raddoppiato il suo valore di mercato, diventando uno dei profili più interessanti sul panorama nazionale e internazionale, il numero 10 della Salernitana si è trasformato da risorsa a danno da tutti i punti di vista. Il 17 agosto 2022, il senegalese venne acquistato da Danilo Iervolino con la formula del prestito oneroso da un milione di euro e con possibilità di riscattarlo a 12 milioni dal Villareal, diritto regolarmente esercitato quasi un anno dopo con il deposito dell’intera cifra pattuita. Durante la scorsa sessione di mercato estiva, Dia aveva raggiunto un valore di mercato tra i 25 e i 30 milioni, incasso che sarebbe stato oro colato per le casse della società salernitana ma che si è tramutato in poche settimane nell’inizio della fine. L’incrinatura del rapporto tra le due parti nasce a fine agosto scorso, quando l’attaccante senegalese dopo aver trovato un accordo economico con il Wolverhampton per un trasferimento in Premier League, senza il consenso a trattare da parte della dirigenza granata, presentò attraverso il suo entourage un’offerta a Iervolino decisamente al ribasso negli ultimi giorni di mercato. La Salernitana ha, giustamente, fatto prevalere la sua posizione: sebbene non si fosse mai opposta ad una cessione a priori, fare a meno di Dia senza possibilità di sostituirlo adeguatamente a poche ore dal gong della sessione estiva e con un conguaglio assolutamente non idoneo al valore del giocatore sarebbe stato un autogol clamoroso in quel momento. Purtroppo, non si è fatto i conti con i “picci” di un calciatore che si è dimostrato tutt’altro che un professionista serio. Boulaye Dia si è impuntato contro la società che lo paga e lo ha pagato profumatamente e contro una piazza che gli ha dato la possibilità di poter fare quel “salto” di carriera tanto agognato, non venendo assolutamente incontro alle esigenze sportive ed economiche del club. Oggi, 14 marzo 2024, il senegalese non è più un patrimonio per questa società ma un problema economico e sportivo nel quale a perdere, nel sistema-calcio attuale, è sempre la società titolare del cartellino. Nel mondo reale, nel mondo lavorativo extracalcistico, un professionista con regolare contratto se non ottempera ai suoi doveri può essere giustamente perseguito civilmente per danni con annesso licenziamento per giusta causa; nel panorama calcistico ci stiamo sempre più avventurando in scenari distopici nei quali le società sono sempre più ostaggio di calciatori e procuratori e dove i contratti hanno sempre più un valore formale che sostanziale. Dia, con il rifiuto di scendere in campo durante Udinese-Salernitana e il conseguente suo allontanamento dalla prima squadra, ha toccato il fondo che ormai sempre più suoi colleghi stanno toccando senza quasi mai pagarne le giuste conseguenze. Sembra che il club abbia depositato presso il Collegio Arbitrale un’istanza di arbitrato contro il senegalese: i legali della Salernitana avrebbero chiesto la conferma della sanzione già applicata dal club, ovvero l’estromissione del calciatore dalla prima squadra, oltre alla multa aggiuntiva pari alla riduzione del 50% dello stipendio da qui a fine stagione, con cui la società risparmierebbe circa 300mila euro. Il minimo in confronto a quello che il comportamento dell’attaccante ha negato sia sportivamente che economicamente alla Salernitana: ormai la perdita monetaria è certa ma vedere un Dia uscirne tranquillo, sereno e magari anche raggiungendo lidi più prestigiosi in estate sarebbe uno scenario che non farebbe giustizia per quanto accaduto. In un calcio giusto e con e le apposite istituzioni in tutela delle società, il numero 10 della Salernitana rimarrebbe “fuori rosa” fino a fine contratto con salario minimo a disposizione, ma ahimè è questa possibilità sempre più utopistica al giorno d’oggi, dove gli interessi e i “mal di pancia” di agenti e i loro assistiti valgono di più di qualsiasi altro valore sportivo e professionale. 

Andrea Montinaro

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