Genova per noi rivive in quel rapido sorso di Tramontana che ci proietta, ubriachi con alterne fortune, fra i carruggi e le stelle. La bussola dei ricordi, mai come stasera, è orientata nella bassa Val Bisagno: laddove sorge il Luigi Ferraris (edificato nel 1911 e ristrutturato in vista del Mundial italiano del ’90).
Sogno numero uno: era giugno, anno 2006 – non lo struggente ’73 ritratto da Faber – quando la Salernitana raccolse la prima delusione dell’era Lombardi, l’ultima apparizione in quel di Marassi. Il 2 a 1 con cui il grifone piegò l’ippocampo è una cicatrice che ancora oggi, a distanza di quattordici anni, riscuote il suo tributo di dolore. La traversa di Grabbi all’85esimo, il tap-in di Dante Lopez, la Nord genoana che esplode e viene giù, la tifoseria granata costretta all’esercizio introspettivo più duro da affrontare: la sconfitta, il silenzio, il ritorno.
Sogno numero due ci trascina al 2 aprile 2000, non c’è consecutio temporum – è vero – ma una rappresentazione onirica non segue spartiti precisi. I granata guidati da Gigi Cagni affrontano la Samp di Gianpiero Ventura. Il risultato è rotondo, balsamo per la memoria. Il 4 a 2 inferto ai blucerchiati suggella l’eco di una Salernitana terribile. La poesia diventa carne, rullo di tamburi, uno schiaffo sospeso nel vento. A concretizzarla il guizzo di David Di Michele, il folletto di Guidonia dipinse una crêuza de mä fra le maglie della difesa doriana e batté Sereni per il perentorio 0-3 con cui si concluse la prima frazione di gara. Le reti di Dionigi e Casale, disfunzioni del cammino, illusero i doriani ma Vannucchi, dagli 11 metri, ridisegnò ancora una volta le distanze fra la compagine granata e quei marinai blucerchiati tanto cari al Baciccia ed al maestrale.
Nel mezzo passaggi e passaggi, passaggi di tempo. La Salernitana torna a pulsare fra i vicoli della Superba. Si tratta di un piacevole fuori programma, ché la Coppa Italia su questi schermi altro non è che un’innocente evasione. Il match – nonostante l’orario improponibile – resta da seguire a prescindere da tutto. La necessita di sognare – impresa ardua da queste parti – si scontra con la burrasca dei nostri mari e, con violenza, accarezza la nostra immaginazione (violentata dalle vicende gestionali che tutti noi conosciamo). Poco male per noi che: abbiamo il sole in piazza rare volte e il resto è pioggia che ci bagna.
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