Editoriale

Il gatto Monza gioca con il topo Salernitana. Un mercato importante per restare in alto

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Provare ad assegnare una strategia tattica alla gara di ieri della Salernitana, è esercizio che abbandona la realtà ed approda in una dimensione onirica poco verosimile. Ancora una volta, una prestazione decisamente negativa si è materializzata al cospetto di una squadra tecnicamente valida, il Monza, che ha esibito carisma, solidità difensiva, capacità di far correre il pallone sul prato verde e, soprattutto, abilità nel controllo delle operazioni attraverso il palleggio oppure affidandosi ad accelerazioni tanto cadenzate quanto improvvise. Era già accaduto contro Spal e Brescia, quindi è sempre più evidente la difficoltà del calcio spigoloso e cinico di Castori ad imporsi contro compagini in possesso di argomenti tecnici, esperienza e personalità. Ed allora, siccome i campionati si decidono soprattutto prevalendo sulle squadre più forti, appare lapalissiano che la conferma della Salernitana al vertice, a lungo andare, potrà essere supportata solo da un robusto rafforzamento dell’organico e da un drastico cambio di scenario sul terreno della gestione tattica.

La sensazione vissuta per larghi tratti del match, a volerla dire tutta, è che tra le due squadre ci fosse almeno una categoria di differenza. Troppo vistose le diverse personalità dei calciatori a confronto e le voragini tecniche emerse da alcuni duelli andati in scena nelle diverse zone del campo.

La compagine granata è apparsa una sorta di sparring partner infrasettimanale, approdata sul rettangolo verde quasi accompagnata da una spossante rassegnazione preventiva. Può capitare quando sei reduce da una trasferta vincente, occupi la prima piazza della graduatoria e, soprattutto, disputi l’ottava partita in venti giorni. Quando accade contro una formazione attrezzata per evidenziare le tue lacune, l’esito del match può essere anche mortificante.

La Salernitana non è mai stata realmente in partita. Le è riuscito solo nei frangenti in cui il Monza ha abbassato i ritmi, limitandosi ad un palleggio di controllo e non teso ad infierire.

Per il resto, quando gli uomini di Brocchi hanno attaccato la porta granata con decisione, sia rubando la sfera e ripartendo, sia disarticolando il banale e fragilissimo 5-3-2 di Castori (con il 4-4-2 la storia non è cambiata) con semplici movimenti senza palla e circolazione veloce della stessa, davanti a Belec si sono materializzati terribili spettri calcistici. Per fortuna, il portierone granata, uno dei pochi a salvarsi, ha evitato una sconfitta di dimensioni maggiori.

Davvero utopistico pensare che ti possa bastare il compitino tattico per uscire indenne da un confronto contro un avversario ricco di qualità, soprattutto nella seconda e terza linea del suo schieramento. Boateng, Balotelli, Frattesi, Barillà, Mota non hanno mai regalato punti di riferimento. Quando gli attaccanti brianzoli uscivano dai blocchi difensivi, i centrocampisti si lanciavano negli spazi e gli esterni andavano in sovrapposizione. Quando i granata perdevano palla, la ripartenza dei padroni di casa era immediata, compatta e trovava diverse linee di passaggio, sia in verticale che in orizzontale.

Il primo tempo è terminato sul risultato di due reti a zero solo grazie alle sontuose parate dell’estremo difensore di Castori, anche se va rimarcata la grossa opportunità sciupata da Anderson per riportare in parità la partita. Nella ripresa, i brianzoli hanno continuato a creare grattacapi nei momenti in cui decidevano di affondare con maggiore decisione (vedi la terza rete di Armellino ed il palo colpito da Mota), facendo però prevalere, forti del doppio vantaggio mai seriamente impensierito dagli ospiti, la necessità di gestire le energie fisiche e mentali in vista dell’ultimo turno prima della sospirata sosta.

La fase offensiva della Salernitana? Praticamente la stessa da quando è iniziato il campionato. Palla in avanti alla ricerca del lavoro fisico di Djuric, sperando nelle giocate estemporanee di Tutino ed Anderson. Il centravanti bosniaco ha fatto il suo dovere, tirando fuori addirittura tre assist per i compagni (Anderson, Di Tacchio e Tutino) in una giornata collettiva assolutamente infelice. Anderson e Tutino, invece, non sono mai riusciti ad incidere. Continuiamo a pensare che Castori debba e possa migliorare la qualità e l’imprevedibilità della sua proposta offensiva, non solo cercare il successo attraverso l’episodio vincente realizzato dai calciatori più estrosi e la solidità del reparto arretrato.

Però una notizia molto positiva c’è: la squadra, con tutti i dubbi strutturali che l’accompagnano e una classifica oggettivamente generosa rispetto a quanto prodotto sino ad oggi in termini di gioco, è ancora prima in classifica ed ha la possibilità, battendo il Pordenone, di consolidare la sua leadership.

Poi, a partire dal 4 gennaio, toccherà alla società dimostrare cosa vorrà fare dell’inatteso primato ottenuto nella prima parte della stagione. Un potenziamento tecnico che, sostanzialmente, chiarirà l’esistenza o meno della reale intenzione della proprietà di cambiare registro e provare a far dimenticare un quinquennio cadetto capace solo di incrementare il malcontento e la rabbia. Entrambi repressi a fatica da una tifoseria che, legittimamente, pretende rispetto, programmazione e progetti calcistici ambiziosi e vincenti.

Maurizio Iuliano

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