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Mauro Pantani: «Nei miei due anni la Salernitana avrebbe meritato la promozione. Eravamo i più forti».

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Parlare con Mauro Pantani significa aprire lo scrigno dei ricordi di una Salernitana che, nonostante tanti problemi di natura societaria, scaldava i cuori di una città e di una provincia intera. Nello scorso mese di giugno Pantani ha compiuto ottanta anni dilettandosi ancora nel parlare di calcio nelle televisioni leccesi. Degli anni in granata ricorda tutto, fatti e circostanze, personaggi e miti di una Salerno che si identificava nei suoi idoli. Pantani era uno di quelli, attaccante di grande forza fisica con un carattere fumantino, tipico dei toscani. Ha fatto sognare i tifosi nelle due stagioni con la Salernitana dal 1970 al 1972. Con la Salernitana ha messo a segno 26 gol vincendo anche la classifica dei marcatori del campionato 1971-1972. Toscano di nascita ma leccese di adozione, Pantani ha lasciato a Salerno un pezzo di cuore con il rammarico di non aver potuto raggiungere il sogno promozione. Solo per un soffio.

Qual è il campionato che ricorda con più piacere?

«Ricordo con più piacere ma con grande rammarico, allo stesso tempo, il mio primo campionato con la Salernitana. Quel campionato lo avevamo praticamente vinto, ma diciamo che la potenza “federale” del Sorrento e del suo presidente dell’epoca (Achille Lauro N.d.R.) fecero in modo che la Salernitana non riuscisse a finire in testa. È pur vero che la nostra sconfitta a Barletta fu determinante ma lo fu ancora di più quella con il Sorrento. In tre occasioni, solo davanti al portiere, mi furono fischiati dei fuorigioco inesistenti. Loro avevano Lauro mentre noi un presidente meraviglioso come l’avvocato Tedesco. Una persona onesta e straordinariamente perbene. Il Sorrento non avrebbe potuto nemmeno partecipare a quel campionato ma Lauro spostò la sede a Napoli e fece giocare le partite al San Paolo».

Era una grande squadra

«Sia ben chiaro: anche il Sorrento aveva giocatori fortissimi ma noi eravamo nettamente migliori. C’era bomber Bianchini, Santucci, Valsecchi, Rigotto. Una squadra costruita benissimo con un grande allenatore come Tom Rosati che poi andò ad allenare il Sorrento».

L’anno dopo la sua consacrazione, almeno in termini di gol

«Si. Tutti dicono che feci 17 gol ma in realtà furono 18 perché vincemmo 2-0 a tavolino con il Savoia e mi fu tolto un gol che avevo segnato. Anche quella fu una squadra fortissima perché avevamo dei centrocampisti che non avevano nulla a che vedere con la C. Fu un campionato sfortunato perché ci fu una contestazione che costrinse l’avvocato Tedesco alle dimissioni. Ai giocatori questa cosa non piacque perché vedevamo in Tedesco un presidente appassionato oltre che onesto. La Salernitana fu presa dal farmacista Vessa che non aveva la competenza dell’avvocato. Da parte di tutti ci fu uno sbandamento e ciò andò ad impattare sui risultati. Perdemmo tanti punti pur avendo una squadra fortissima. Avevamo Fraccapani che era un difensore tra i più forti che io abbia mai visto per non parlare dei vari Cominato, Riganti, Daolio, Capone. Per me, individualmente, fu un campionato bello ma in due anni la città di Salerno raccolse meno di quello che avrebbe meritato. Un dispiacere che porto ancora con me».

So che lei è venuto spesso a Salerno

«In occasione del centenario sono venuto in città per ricevere dei premi. Mi permetta di dire una cosa: sono andato a vedere il Vestuti e sono rimasto molto male per il modo in cui è tenuto. Un salotto così bello nel centro della città non è giusto tenerlo in quel modo. Mi vengono in mente i terrazzi pieni di gente e gli spalti gremiti. È difficile far capire alla gente cosa significasse giocare al Vestuti. Solo chi lo ha fatto lo capisce. Non era un impianto solo per i tifosi all’interno ma di tutto il circondario. Uno sfavillio di bandiere e noi vedevamo tutto. Una cosa meravigliosa».

Salerno ha avuto tanti giocatori forti ma spesso i risultati…

«A Salerno volevano venire tutti perché è una città stupenda. Quale città può vantare due costiere così belle? Per uno come me che ama il mare fu l’ambiente ideale. Per quanto riguarda i risultati diciamo che sono frutto di tanti fattori…».

So che lei è rimasto in buoni rapporti con tanti giocatori di quel periodo

«Conservo rapporti di amicizia con tutti. Vado spesso a trovare Cianfrone, mi sento spesso con Antonio Capone e con Fulvio De Maio. Con lui mi sento sempre e spesso è venuto a Lecce a trovarmi. È un ragazzo straordinario a prescindere dal valore tecnico. Lui, pur essendo il secondo di Valsecchi, giocò tanto. Aveva una storia importante perché veniva dal Torino. Ricordo con grande simpatia Matteo Santucci che ci ha lasciato troppo presto. Ragazzo educato come pochi. Ha lasciato dentro tutti un vuoto incolmabile. Io lo prendevo in giro come si fa con quelli più piccoli ma lui quando andò a Pescara e vinse il campionato mi mandò una cartolina dove c’era scritto: “da un giocatore di serie A a uno di serie C” prendendomi amabilmente in giro dopo tutto quello che gli avevo fatto passare. Lui era fatto così. Santucci e Di Maio incarnavano i valori dei veri salernitani: simpatici, amabili e innamorati della propria città».

Si dice che lei fosse anche abbastanza “sregolato”, come tutti i grandi giocatori

«E chi non ha mai fatto qualche “cazzata” nella sua vita? Ricordo che una volta con Fraccapani prendemmo a noleggio un motoscafo perché io ero l’unico che aveva la patente nautica. Arrivammo ad Amalfi ma Piero aveva paura che finisse la benzina o ci succedesse qualcosa. Era un peccato non vedere dal mare la meraviglia della Costiera».

Segue sempre la Salernitana?

«Ma certo! Spesso sono in Tv a parlare del Lecce e seguo tutta la serie B. Mi ero fatto una idea buona ma sentendo tanti amici di Salerno ho capito che non è tutto oro quello che luccica. Io credo che ci siano i tempi per rinforzare la squadra ma percepisco che Lotito non abbia intenzione di investire per il problema della multiproprietà. La Salernitana gli serve per piazzare gli esuberi della Lazio. Spero che riesca a rinforzarsi nel mercato di riparazione. Credo che la Salernitana abbia bisogno di un ricambio in avanti. Io mi auguro che presto si possa festeggiare la promozione in A ma la società deve investire».

Ernesto Curcione

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