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Adelino Zennaro: «Salerno merita la A come noi meritammo la B nel 90!»

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Nel giorno di Salernitana-Empoli anche la rubrica “Quelli del Vestuti” si adegua al momento storico che sta vivendo la nostra squadra interpellando un doppio ex, vale a dire Adelino Zennaro, attaccante che ha vissuto a Salerno la promozione del 90 ma anche giocatore importantissimo per l’Empoli, squadra nella quale ha vinto non solo un campionato di C ed uno di B ma ha anche esordito in A segnando anche un gol.

Zennaro vivrà con grande trasporto la gara di questo pomeriggio, avendo la sicurezza della promozione in A per l’Empoli e sperando che a ruota segua la Salernitana.

Prima di addentrarci nel passato, parliamo del presente. Oggi si gioca Salernitana-Empoli. I toscani sono già in A. Cosa speri?

«La risposta è scontata. Spero che la Salernitana completi il percorso dopo un anno bellissimo. È ciò che la città merita. Mancare la serie A sarebbe un suicidio. So che la squadra è determinata e l’ambiente è carico. Il palcoscenico della A è il minimo per una città come Salerno. Mi aspetto una grande prestazione».

Sensazioni che hai provato sulla tua pelle in quella promozione in B del 90

«Mi ritengo un fortunato. Tutti aspettavano quella serie B da tanti anni e la ottenemmo con una squadra che faceva della determinazione la sua arma migliore. Ricordo la gioia della gente che ti coinvolgeva. Eravamo un tutt’uno con la città».

Come nacque quella squadra?

«Le cose belle ti si presentano davanti inaspettatamente. Noi siamo partiti con grande entusiasmo ma all’inizio non ci aspettavamo di poter fare quella cavalcata. Col passare del tempo ci rendemmo conto di avere una squadra che poteva regalare tante soddisfazioni».

Tanti calciatori straordinari in quella formazione

«Gente come Della Monica, Pecoraro, Di Battista, Mario Somma, Ciro Ferrara, Donatelli, Della Pietra e tanti altri non si possono dimenticare. Guidati in campo da un fenomeno come Di Bartolomei».

A proposito di Di Bartolomei, so che tu eri molto legato a lui

«Non ero solo un compagno di squadra. Ero anche un suo amico con il quale ci siamo frequentati anche fuori dal campo, con le famiglie. Eravamo molto affiatati e spesso ci ritrovava anche per estraniarsi dalla vita frenetica di Salerno. Quei pochi momenti di tranquillità li trascorrevamo insieme seduti ad un tavolino oppure in barca a pescare. Quando lui aprì la scuola calcio io e Matteo Mancuso andammo a dargli una mano. Abbiamo fatto belle cose insieme. Era un grande uomo, in campo e fuori».

Per fare un parallelo con l’attuale stagione, la gara di Pordenone della Salernitana è stata qualche fu per voi la partita di Brindisi

«Avevamo già la convinzione di poter far bene. C’era tutta Salerno in quello stadio. Non potevamo fallire contro una squadra che si stava giocando la salvezza. Vincemmo grazie a Di Bartolomei. Ci fu poi la partita col Taranto e la grande festa al Vestuti».

Sei rimasto anche in B ma senza giocare all’Arechi

«Intanto mi fece molto male lasciare quel campo. Per me è stato un grande orgoglio calcare quel prato. Lo ritenevo una specie di bomboniera. Come dimenticare la gente sui balconi ed il grande entusiasmo che si viveva in quello stadio. In B ebbi un problema muscolare e praticamente fui messo da parte dall’allenatore. Il mister mi propose un trasferimento in C ed io non accettai perché volevo dare il mio contributo alla Salernitana. Questo rifiuto mi costò caro perché, per ripicca, Ansaloni non mi fece giocare mai. Spesso non venivo nemmeno convocato».

  Il gol al quale sei più legato?

«Sicuramente il gol al Palermo. Segnai io ma poi pareggiammo uno a uno. Mi ricordo che giocammo in campo neutro a Trapani perché lo stadio di Palermo era squalificato».

Il tuo rapporto con la città

«Arrivai a Salerno a dicembre e la squadra non viaggiava in buone acque. Nonostante ciò, ho sempre vissuto la città in modo sereno. Giravo spesso con mia moglie e la tifoseria è stata sempre esemplare con me perché sapevano che la squadra dava sempre il massimo. Anzi, io sono stato aiutato dai tifosi e di questo sarò sempre grato. Il gruppo spesso si ritrovava da Gigino a Portarotese che ci accoglieva sempre in modo splendido. I salernitani della squadra erano splendidi. Persone come Matteo Mancuso, ad esempio, sono state fondamentali, non solo in campo ma soprattutto fuori».

Quando ti rivedremo a Salerno?

«Io sono stato a dicembre a Salerno ed ho ritrovato tanti amici. Ritornerò il prima possibile perché porto tutti nel cuore. Intanto, spero che la Salernitana vada in A per regalare un sogno a questa città splendida».

Ernesto Curcione

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