Editoriale

La fede è cieca, ma la pazienza ha un limite!

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Franck Ribery ha lanciato un appello social nei giorni scorsi. Riempire l’Arechi anche per la cruciale gara salvezza di questo pomeriggio con la Samp non è certo una novità per i tifosi granata, reduci da una incredibile dimostrazione di attaccamento e passione dispensata nel domicilio sportivo dell’ex casa madre Lazio. Dopo aver riempito gli occhi – e le orecchie – di Claudio Lotito, però, la tifoseria aspettava fatti concreti e parole sincere.

Nulla di tutto questo c’è stato e nemmeno l’ultimo comunicato dei trustee ha portato serenità e tranquillità in un ambiente ormai avvelenato più di un pozzo d’acqua dopo il passaggio delle truppe nemiche. Se il silenzio che aveva preceduto la diffusione della nota di Isgrò e Bertoli poteva essere accettato e rispettato, lo strombazzare che ne è seguito non ha giovato alla causa della Salernitana.

Tanti hanno parlato senza neanche averne titoli, mentre sono rimasti in silenzio i rappresentanti istituzionali. Da una parte i politici salernitani, su tutti il Sindaco, dall’altra l’amministratore unico della Salernitana, il generale Ugo Marchetti.

Nessuno che si sia sentito in dovere di prendere la situazione di petto, di interessarsi concretamente e di capire perché mai la Salernitana sia rimasta ancora prigioniera del trust e non sia stata ancora venduta. E siamo, oramai, giunti a dicembre, mese in cui, come recitano le carte, il famoso trust dovrebbe concludersi con la cessione della società o, in caso contrario, con la morte sportiva della stessa.

Questa ipotesi può già essere depennata, visto che per il bene “Nazionale” la Figc avrà bisogno dell’appoggio dei club di massima serie per permettere al c.t. Mancini di non ripetere le gesta di Ventura e, di conseguenza, al presidente federale Gravina di non emulare il suo predecessore, Tavecchio.

E torniamo a Ribery. Se il mistero ciba la fede, quella laica rappresentata dalla Salernitana, ora più che mai riconosce un solo profeta che si staglia più in alto della magra classifica, della inadeguatezza della rosa, del basso profilo e della mancanza di preparazione generale per affrontare la massima serie che contraddistingue anche l’attuale compagine societaria. Leader, capitano, guida spirituale e tecnica in campo e fuori, finanche ambasciatore verso l’esterno di un gruppo che è ben consapevole dei limiti e delle difficoltà ma che ha voglia di provarci lo stesso. Peccato che chi avrebbe potuto e dovuto creare condizioni diverse in campo e fuori per consentire ai calciatori ed ai tifosi granata di vivere diversamente il brivido della serie A non abbia fatto i passi dovuti.

E’ vero che la proprietà privata è sacra, ma è anche vero che tra una cessione a prezzo ragionevole ed un «esproprio proletario» passa una bella differenza. Oggi c’è la Sampdoria, antesignana del trust (quello vero, però), e bisogna provare ancora una volta ad andare oltre le difficoltà note per conquistare tre punti e mettere fieno in cascina.

Salerno si affida a Ribery e con l’ennesimo atto di fede ci crede ancora. La pazienza, però, non è senza fondo e prima o poi verrà il momento in cui bisognerà rendere conto del proprio operato. Ora il campo torna di attualità, ma il 5 dicembre è dietro l’angolo.

La verità è sempre e solo questione di tempo. Quello che Salerno sente di avere sempre meno.

Redazione

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