Editoriale

L’avvento di Iervolino è un balsamo miracoloso per squadra e tifoseria. Inseguire l’impresa è un dovere

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Otto miseri punti in classifica, distanza significativa dalla quart’ultima piazza del campionato, partite da recuperare e gruppo falcidiato dal covid. Insomma, uno scenario tutt’altro che entusiasmante.
Eppure, come un fantastico incantesimo, è stato sufficiente accarezzare una prospettiva futura calcistica, finalmente libera dalle catene anaffettive imposte per un decennio dalla proprietà uscente, per approcciare la gara del ‘Bentegodi’ con uno stato d’animo sollevato e addirittura attraversato da sottili e salutari venature di entusiasmo.

Un occhio alla stagione e alla possibilità di rivitalizzarla grazie ad un mercato capace di alimentare le chance salvezza, qualche calcolo rilassato da inserire in una tabella di marcia che trova nelle due gare da recuperare inattese alleate, ma a farla da padrone è stato soprattutto il gradevolissimo convincimento di aver inaugurato un nuovo capitolo di quel trascinante romanzo che la Salernitana rappresenta per la sua tifoseria.


Una positività di fondo che, oltre ad avviluppare i seguaci dell’ippocampo, ha assunto le sembianze di una scossa tellurica, quasi rivoluzionaria, in grado di riverberarsi sul gruppo di Colantuono sotto forma di maggiore serenità, di accresciuta autostima e di una intensità atletica e temperamentale preservata per l’intera durata della prestazione.

Sgombrato il campo dagli antichi fantasmi, la squadra, nonostante il dato oggettivo di una lacuna tecnica strutturale comunque da colmare nel più breve tempo possibile, ha accantonato il disincanto di avvio stagione per lasciare spazio alla volontà di crederci e stupire.
Il restare agganciati alla partita, soprattutto nei momenti difficili procurati da un Verona che possiede idee e continuità di gioco, unito ad un cinismo combattivo e chirurgico nell’estrapolare la giocata estrosa e decisiva (Kastanos), hanno rappresentato la ricetta vincente della serata di ieri. Una novità rispetto alle gare della prima parte della stagione, quando la squadra si scioglieva come neve al sole alla prima difficoltà tattica o psicologica.

Infatti, cercando sempre di restare aderenti all’analisi realistica della prestazione, i valori tecnici esibiti sul manto erboso veneto non hanno offerto grosse differenze rispetto al recente passato. I pochi spunti di qualità ammirati, sono stati capitalizzati con freddezza, difesi con un lucido vigore mai registrato in precedenza, frutto del ritrovato desiderio di lottare, tutti insieme, per la stessa causa.

Il Verona è una delle compagini più prolifiche ed imprevedibili della massima serie, ha punito severamente teams importanti ed altri ha fatto soffrire. Ieri, invece, l’abnegazione dell’operaia e irriducibile Salernitana ha concesso scarse opportunità ai padroni di casa, con Belec che, sostanzialmente, ha dovuto sbrigare poco più di un’ordinaria amministrazione.

Di Tacchio e compagni hanno ripreso a lavorare di squadra, come non accadeva ormai dalla passata stagione. Un complesso umile ma anche coraggioso, capace di compattarsi negli ultimi trenta metri, pronto a sacrificarsi per il bene comune, però mai remissivo nell’inseguire la possibilità di trasformare le sporadiche iniziative offensive in punti da aggiungere ad una classifica desolatamente anemica.

Ieri, tutti sapevano cosa fare sul prato verde. In primis, lasciare pochi spazi al Verona tra le linee, dove i veneti sanno essere letali. Di Tacchio e i braccini difensivi, quest’ultimi sempre pronti a sganciarsi dalla linea di retroguardia, hanno impedito ai calciatori di casa di giostrare facilmente in quella porzione di campo . Compattezza granata anche sulle corsie esterne, dove il giro palla dei veneti, sempre veloce e pulito, supportato dal grosso contributo in impostazione dei difensori centrali, trovava i granata attenti ad opporre la giusta resistenza con tre uomini per fascia (Coulibaly, Zortea e Veseli a destra, Kastanos, Jaroszynski e Gagliolo a sinistra). Fase difensiva assolta anche dalle due punte, con l’utilità di Djuric sulle palle inattive e la verve atletica di un Gondo abile a catturare palloni sporchi e a ripartire.

La disciplina tattica in chiave difensiva, però, non ha impedito alla squadra di provare a rendersi incisiva in proiezione offensiva. Gli uomini di Colantuono, pur faticando a proporre gioco per l’atavica assenza di un metronomo abile a dettare i tempi, non hanno mai rinunciato ad agire di rimessa sulle corsie laterali e per vie centrali (Zortea in più occasioni ha avuto la possibilità di far male, Jaroszynski ha pennellato un ottimo cross per la testa di Gondo), lasciando all’ attaccante nigeriano il compito di aggredire gli spazi e valorizzare i palloni vacanti (dal nulla ha saputo tirar fuori il rigore del primo vantaggio granata e due assist per Zortea).

In questa costruzione tattica pregna di sacrificio e resistenza difensiva, nobilitata da mirati raid offensivi tesi a non disarticolare la fase di non possesso, ha giocato un ruolo importante la prova di Kastanos, mezzala di fatica e qualità. Calciatore, il cipriota, dotato di grandi mezzi tecnici e ampi margini di miglioramento, calatosi anche nella parte, un po’ innaturale, di umile combattente della zona nevralgica del campo. Ha corso tanto, commesso falli tattici e guadagnato punizioni, diventando devastante nel finale di partita con la splendida esecuzione su calcio piazzato che è valsa la vittoria ed un paio di giocate che hanno annichilito gli ultimi sforzi offensivi del Verona. Coesione e spirito di squadra valorizzati anche dall’intensità agonistica ed atletica esibita dai subentrati (Capezzi, Bonazzoli e Delli Carri).

Pertanto, dopo aver ingoiato tanti bocconi amari, è giusto godersi questo successo per qualche ora, ben sapendo che, al momento, la classifica resta severa e il cammino salvezza a dir poco problematico. Però i calciatori e la tifoseria sono stati beneficiati, in termini di entusiasmo e convinzione, dall’avvento della nuova proprietà, che, appena ne avrà la possibilità, dovrà regalare progetti e organizzazione alla società e potenziare tecnicamente l’organico. La consapevolezza di aver finalmente svoltato, dentro e fuori il terreno di gioco, basta e avanza per esprimere un cauto ottimismo in vista dell’immediato futuro.

Maurizio Iuliano

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