Editoriale

‘Febbre a 90°’ granata. La qualità tecnica dell’organico mitighi l’integralismo di Nicola

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Quintali di amarezze, disillusioni, impotenze frustranti, nel calcio, come per incanto, possono essere spazzati via da un solo magico istante. Chi stravede per questo sport, lo sa benissimo e pazientemente attende che la magia si materializzi.

Dopo il secondo successo consecutivo in trasferta, la Salernitana riesce ad allargare lo squarcio attraverso il quale l’occhio può finalmente intravedere il traguardo salvezza, che resta tremendamente difficile da centrare ma non più impossibile.

Ed allora, prima di ritornare tutti con i piedi per terra, operazione necessaria per affrontare la Fiorentina, squadra più in forma del torneo e ricca di argomenti tecnici capaci di impressionare qualsiasi avversaria, ci concediamo un‘ultima evasione letteraria e cinematografica. Perché ai tifosi più attenti ed appassionati, quando Mikael ha portato pressione e rubato palla a ridosso dell’area granata, innescando il piede mancino di kastanos, bravo a lanciare immediatamente nello spazio Ederson, chirurgico a sua volta nel servire in profondità il famelico Simone Verdi, è accaduto spontaneamente di rivivere le bellissime emozioni del film ‘Febbre a 90°’.

La scalata, dicevamo, rimane maledettamente impervia, ma esserne consapevoli può rappresentare un punto di forza in grado di supportare meglio un gruppo che, inevitabilmente, dovrà non solo sconfiggere gli avversari ma anche gestire lo stress di una rincorsa che lascia pochi margini di errore, il logorio psicofisico che ogni impresa impone, la pressione emotiva di una tifoseria tenacemente avvinghiata ad un sogno che vuol diventare assolutamente realtà.

Noi conosciamo una sola ricetta, che è anche quella utilizzata da mister Nicola e il suo staff: umiltà, riposo, lavoro, entusiasmo e cura dei dettagli. Poi accada quel che deve accadere, perché esser riusciti in qualche modo a ricostruire dalle macerie un campionato compromesso già nella sua fase embrionale, resterà comunque una bellissima esperienza.

La partita di Udine, come era facilmente prevedibile, non potremo inserirla negli annali tra quelle che rubano gli occhi degli esteti del calcio. Due squadre fisiche, temperamentali, rigorose nell’attuazione della pianificazione strategica della vigilia, si sono sostanzialmente annullate all’interno di un tatticismo figlio della necessità di far punti e ridurre drasticamente la possibilità di errore. Classica gara, pertanto, che poteva esser decisa dall’episodio fortuito o dalla giocata estemporanea che smembra all’improvviso un duraturo equilibrio.

Ci ha provato a sprazzi la compagine friulana, affidando le sue ambizioni soprattutto alle performance qualitative del talentuoso Deulofeu.

Ci è riuscita la Salernitana, pochi attimi prima della fine della contesa, grazie alla devastante azione verticale partita dal piede mancino di Kastanos, rifinita brillantemente dal brasiliano Ederson e mirabilmente finalizzata dal rapace e motivatissimo Simone Verdi. Nell’unico, vero svarione difensivo dei padroni di casa, inconsapevolmente soggiogati dal desiderio di rendere ancora più esaltante il recente trend di risultati positivi (23 punti in 15 partite).

Nel lungo intermezzo, tanto cozzare di muscoli, copiosi sudori che si mischiano, frequenti interruzioni di gioco, distanze anguste e irrespirabili che inibiscono spesso la creatività altrui.

La gara allo Stadio Friuli, oltre all’importantissimo risultato conseguito, ha regalato a mister Nicola almeno altre due inossidabili certezze.

In primis, gli interpreti su cui puntare per questo finale di stagione aumentano di numero. Calciatori come Gyomber, Verdi, Mikael, Bohinen, fino a qualche settimana fa scivolati mestamente indietro nelle gerarchie o addirittura poco considerati, stanno dimostrando di meritare spazio alla pari del resto del gruppo, perché possiedono qualità, fisicità e personalità.

Altrettanto palese e inconfutabile, come testimonia la splendida azione che ha consentito ai granata di tornare a casa con tre fondamentali punti nel carniere, è un’altra indicazione espressa dal campo: quando in organico sono presenti calciatori dai piedi buoni (Verdi, Ribery, Ederson, Bohinen, Kastanos, Perotti, Bonazzoli e Mikael), un tecnico come Nicola ha il dovere – e soprattutto l’opportunità – di incrementare la sua gamma di soluzioni offensive e non affidarsi esclusivamente alla ricerca dei centimetri del suo generoso e prestante centravanti titolare.

Trasformare l’integralismo di fondo in uno scenario tattico maggiormente flessibile, all’interno del quale le dirompenti acrobazie di Djuric si alternino con le verticalizzazioni fulminanti come quella che ha domato l’Udinese, significherebbe innalzare il tasso di competitività in seno al gruppo e, soprattutto, consolidare il protagonismo della squadra granata nel segmento conclusivo del campionato.

Maurizio Iuliano

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