Editoriale

Stabilizzare e perfezionare la prima mezz’ora di gioco. Per agguantare una salvezza sempre più complessa

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Trenta minuti per raccogliere due reti a favore, mostrare una buona sinergia tra le due fasi di gioco, non sono bastati alla Salernitana per vincere.

La speranza di dare la giusta sterzata ad una stagione tormentata, con lo sviluppo del match, si è progressivamente arenata tra paure e forza tecnica dell’avversario.

Gli altri due terzi della gara, dominati per larghi tratti dal Sassuolo, abile a costruire e a sciupare tanto, cancellano qualsiasi rimpianto sulla vittoria sfumata.

Il manto erboso e la serie A, se ce ne fosse ancora bisogno, avvertono che bisogna produrre di più e in maniera costante nell’arco dell’intera durata della contesa.

Altrettanto lapalissiana è la certezza che i tre reparti di una squadra di calcio debbano essere sempre omogenei e connessi. Per evitare che la precarietà e la fragilità si insinuino e che a salvare la baracca provvedano le performance individuali e non l’organizzazione collettiva.

Mezz’ora iniziale quasi da sogno, con la cattiveria agonistica, l’esplosività muscolare, l’estro e la compattezza a coccolare il progetto di un’auspicata rinascita.

Dia, Ikwuemesi e Tchaouna abili a concretizzare, in termini di incisività offensiva e di gol pesanti, le incoraggianti potenzialità tecniche mostrate contro il Napoli. Assist sfornati nei tempi giusti e cinismo realizzativo hanno impreziosito le loro brillanti prestazioni.

Il tutto accompagnato da una retroguardia aggressiva e concentrata e una mediana tatticamente disciplinata e solida sotto l’aspetto fisico e temperamentale.

L’errore è stato forse quello di aver ritenuto archiviata la pratica troppo in fretta. Superficialità che andrebbe sempre evitata quando sull’altro fronte sono presenti calciatori dal notevole spessore tecnico. E, soprattutto, quando una classifica che genera apnea dovrebbe suggerire di mollare la presa solo nel momento in cui l’imbarcazione raggiunge l’approdo sicuro.

La valutazione erronea degli uomini di Pippo Inzaghi, a sua volta non esente da colpe, risiede, probabilmente, nell’aver creduto che potesse bastare una gestione difensiva scolastica per difendere l’inatteso bottino conquistato.

Le linee di difesa e centrocampo si sono abbassate, hanno smesso di essere aggressive, mentre gli attaccanti hanno difeso con minore attenzione e smarrito la volontà di perseverare nel tentativo di far male agli avversari.

A quel punto i ragazzi di Dionisi, con un semplice e quasi indisturbato giropalla, hanno iniziato a muovere la sfera, trovando sempre più spazio da sfruttare sulla loro fascia sinistra.

L’asse Daniliuc-Maggiore-Tchaouna è andata in crisi, con il primo ed il secondo ad eseguire diagonali al centro troppo strette ed il terzo non sempre propenso al sacrificio difensivo.

Gli emiliani ne hanno approfittato per alimentare il loro forcing offensivo e creare numerosi pericoli. Castillejo, Defrel, Vina e Pinamonti hanno individuato il punto debole della fase passiva granata ed iniziato a procurare apprensioni a Fazio e compagni.

Ochoa è stato provvidenziale in due circostanze, nell’opposizione sul tiro ad incrociare dell’ala spagnola e sulla bordata di Berardi dai ventidue metri. Ma è stato sorpreso anche lui dalla sponda di Defrel, tramutata in gol dall’inserimento vincente di Thorstvedt, abile ad anticipare Maggiore.

Lo schiaffo ricevuto ha riportato brevemente la Salernitana con i piedi e la mente ben saldi sul prato verde. Tchaouna e Ikwuemesi, ritrovato l’appetito iniziale, hanno costruito quasi dal nulla l’occasione per realizzare la terza rete. La forte ala francese, però, ha calciato male di destro un pallone che meritava migliori fortune.

Nel secondo tempo, Inzaghi ha cercato di correggere qualcosa sulla fascia destra, spostando Mazzocchi sul lato debole e inserendo Bradaric sul versante mancino.

Le criticità della fase difensiva, però, non sono evaporate. Complice un Sassuolo ancora più convinto ed arrembante, sono infatti aumentate. Il laterale partenopeo, generoso e indomito ma scarsamente supportato da Tchaouna, ha vissuto veri e propri incubi, dovendo contrastare da solo le folate di Castillejo e Vina.

Tanti i palloni scaraventati in area granata da sinistra, sui quali la difesa, seppur in affanno costante, è riuscita a reggere. Fin quando il traversone di Vina non ha trovato il secondo inserimento vincente di Thorstvedt e la distrazione in marcatura di Coulibaly.

Il pareggio era nell’aria e non ha sorpreso nessuno. Troppo passiva e bassa la Salernitana, incapace di portare pressione alta sui facitori di gioco avversari. Ma anche contratta in fase di possesso e in evidente difficoltà a trovare i collegamenti giusti tra centrocampo e attacco.

Come un pugile costantemente alle corde e incapace di reagire, la compagine di Inzaghi è stata costretta a registrare l’inevitabile. Probabilmente l’ex milanista avrebbe fatto meglio, ad inizio ripresa, ad operare un doppio cambio conservativo. Per coprire meglio il campo in ampiezza e restituire maggiore aggressività alla mediana. Idea forse accantonata dal desiderio di provare a chiudere il match sfruttando le giocate del suo terzetto offensivo di partenza.

Subito il pari, il trainer piacentino ha inserito Legoswki, Candreva e Simy in luogo di Bohinen, Tchaouna e Ikwuemesi. L’assetto è rimasto sostanzialmente offensivo nelle prime battute di gioco, con il Sassuolo ancora dominante nel palleggio e nelle percussioni laterali. E sterile, ad eccezione di qualche generosa ripartenza tentata da Dia e alcuni inserimenti di Legowski, è stata anche la proposta offensiva.

Impercettibilmente migliore, almeno sotto l’aspetto della tenuta difensiva, il passaggio al 4 4 2 nelle battute finali della partita. Il copione non è cambiato, con i padroni di casa sempre più volitivi e convinti degli ospiti e ancora pericolosi in diverse circostanze. Ochoa ha dovuto fare gli straordinari su Defrel e Berardi, mentre i granata quasi mai hanno dato la sensazione di poter essere pericolosi di rimessa. Però si è vista almeno una squadra non più propensa a concedere praterie laterali e impegnata con ardore nella difesa del punticino.

L’auspicata svolta, seppur pregustata nel primo tempo, non è arrivata. Il pareggio consente a Dia e compagni di restare faticosamente avvinghiati al gruppuscolo di bassa classifica. Le qualità tecniche e l’estro di alcuni interpreti offensivi sono piccoli riferimenti incoraggianti da cui ripartire dopo la sosta.

Però la Salernitana, per sperare di raggiungere il sempre più complesso traguardo della salvezza, deve imparare ad essere collettivo acceso, coeso e organizzato per l’intera durata della contesa. Due settimane di tempo per migliorare questo ineludibile aspetto.

Alla ripresa del campionato sarà la Lazio a far visita all’Arechi. Partita di grande difficoltà, ma che la squadra granata dovrà cercare di vincere. Per sperare di riuscirci, bisognerà stabilizzare, migliorare e perfezionare la prima mezz’ora disputata a Reggio Emilia. Strade alternative non sono ipotizzabili.

Maurizio Iuliano

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