Editoriale

Salernitana-Milan: la partita che non conta

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Un viaggio incerto

Il problema più grosso non sarà la marcatura di Rafael Leão, no. L’ostacolo più duro consisterà nel tornare a casa dall’Arechi. Già impresa notoriamente ostica, il previsto sbarco dei tifosi avversari — ancora una volta felicemente mescolati con la (in)sofferente indigena torcida —, la psicosi collettiva che sottende i convulsi giorni che precedono il Natale, gli eroici turisti che sbarcano a luci visionar, conferirà al ritorno alle rispettive abitazioni il sapore di avventura verso l’ignoto.

Come sempre avviene, sarà l’esito del campo a determinare l’umore dei rientranti.

Annunciazione, annunciazione

Sì, perché la notizia è che si gioca una partita di calcio, stasera. Notizia rivoluzionaria nella sua banalità, ma difficile da scovare in questi giorni senza frutta ché dopodomani è quel santo giorno e lo sa solo Iddio, il volatone finale di chi torna a casa per Natale, l’eterno rimbalzo dei “pure a te e famiglia”.

Difficile pure, per quelli che sulle notizie sulla Salernitana stanno sintonizzati h24, ricordarsene tra addii e ritorni, mercati da venire, indagini poliziesche su Sabatini presente o meno nel territorio municipale.

Ma si gioca, si gioca, si gioca. È la ragione per le quale siamo qui. Bravi, noi tutti, a renderla evento marginale, a battere la testa sulle fronti più o meno spaziose per dire: “Ah, già”.

Tu étais formidable, j’étais fort minable

Se poco poco possedete una Tv, e l’avete sintonizzata su Rai1, saprete certo che a Natale Alberto Angela racconterà Parigi, avrete certo ascoltato la canzone di Stromae“Formidable”.

Tu étais formidable, j’étais fort minable

Tu sei stato grande, io sono stato patetico

La fine dell’anno porta bilanci interiori, magari vi troverete a pensare una cosa così. Magari anche nell’entourage della Salernitana qualcuno lo pensa. 

Io l’ho pensato di me.

Troppe ore trascorse a capire cosa accadesse alla mia squadra del cuore, a leggere eventi, a cercare di comprendere intrecci. Non scema la pena aver migliaia di compagni al duol, come nel canto V dell’inferno dantesco.

Non ha aggiunto punti in classifica, non mi ha fatto stare meglio.

Strano scriverlo dalle colonne di una testata giornalistica, ma forse stare troppo sul pezzo non è cosa buona.

Formidabile l’amore che la mia gente regala al simbolo sportivo cittadino, pessima in molti casi la dimostrazione.

Fatti bisogna fare, nella benedetta parentesi che intercorrerà tra il primo ed il triplice fischio di Doveri.

Nomen omen di quel che bisogna fare dal nostro lato della barricata, come amore calcistico impone.

J’étais fort minable, lasciamolo pensare a chi ha tanto sbagliato dietro le scrivanie. Io non voglio esserlo più.

E fa nulla se sembrerò patetico, ad alzare le non più giovani braccia, a cantare le parole di Max Pezzali.

Questo è il mio ruolo, per questo sarò lì.

Avrò il tempo di pensare al Verona, al mercato, all’allenatore, alle strategie del Comandante nell’inferno di lamiere che troverò oltre i cancelli dell’Arechi.

Questa gara col Milan, la partita che non conta, quella che non contano, io vorrei contasse. Chi lo vieta?

Giovanni Perna

Nato nel 1964, professione ortopedico. Curioso ma pigro. Ama svisceratamente Salerno e la Salernitana. Come sempre accade quando un amore è passionale, è sempre piuttosto critico nei confronti di entrambe.

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