Editoriale

Gol, coraggio ed idee.

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La Salernitana è ancora appesa al sottilissimo filo della speranza per una salvezza che settimana dopo settimana appare sempre più ardua e tempestosa. 13 punti in 23 partite, 15 ancora da giocare con una “quota salvezza” che potrebbe aggirarsi attorno ai 34-35 punti. Se la matematica non è un’opinione, serviranno almeno 21-22 punti ai granata per avere una chance importante di compiere un altro miracolo: quasi 1,5 punti di media a gara contro lo striminzito ritmo di 0,6 mantenuto finora. In poche parole, c’è bisogno di una netta e clamorosa inversione di rotta con possibilità di errore ridotte all’osso. I jolly sono stati tutti estratti dal mazzo, la Salernitana deve fare punti ma affinché ciò possa accadere, scusate l’eufemismo, bisogna anche fare gol.

In questa stagione la Bersagliera è ultima in classifica, non solo per punti fatti, ma anche per expected goals (18,4) con un netto distacco dalla penultima (Empoli a 21,5), dati che vanno a confermare le numerose difficoltà della squadra nell’impensierire gli avversari negli ultimi 20 metri. Se i neoarrivati nel reparto arretrato (vedi Boateng) possono ora dare più solidità ad una fase difensiva che non ha di certo brillato, davanti il ritorno di Boulaye Dia e il nuovo centravanti israeliano Weissmann tolgono anche gli ultimi alibi a mister Inzaghi, che non si può non considerare abbia avuto più che giustificate difficoltà nell’affrontare diverse gare con le polveri bagnate a causa di un reparto offensivo totalmente inadeguato ad affrontare la Serie A. 

Adesso è l’ultima chiamata anche per Pippo: il gioco finora parso quasi sempre improvvisato, dettato dai nervi e dalla casualità, non può bastare più per poter portare così tanti punti in cascina. Animo battagliero, lotta e voglia di vincere devono essere accompagnate per forza di cose da idee e nuove soluzioni offensive: Dia lo scorso anno ha siglato 16 gol godendo di spazi e combinazioni create da una punta di peso come Piatek, non eccelso tecnicamente ma valido riferimento di un attacco a 2, che ha dato possibilità al senegalese di poter liberamente trovare la posizione migliore per ricevere e fare male. Con Weissman sarà fondamentale riuscire a trovare stessa intesa e movimenti. Candreva e Kastanos possono dare tanto per questa risalita, a patto che vengano messi finalmente di nuovo in un contesto dove possano ricevere in zone più alte di campo senza dover sempre lottare per seconde palle difficili da conquistare sia per loro attitudini che per mancanza di un pivot in avanti capace di ammaestrare reiterati palloni alti. 

È fuori dubbio che per far questo serva una costruzione diversa: sia con il primo Nicola che con Sousa la Salernitana sapeva cosa fare quando doveva imbastire l’azione; che fosse andare diretto o provare un’uscita dal basso, si vedeva un qualcosa di studiato e lavorato, attraverso il quale ne giovava sicuramente anche la pericolosità della fase offensiva, molto più corale ed efficace. La salvezza della Salernitana non può non passare da questi aspetti: serve una chiara identità che non può ridursi solo alla “lotta” ma costituita da coraggio e idee, un gioco nel quale ogni giocatore può trovare rifugio per le proprie sicurezze e insicurezze, per esaltarsi e poter trasformare un miraggio in un sogno concreto.

Andrea Montinaro

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