Editoriale

Il puzzle perpetuo

Tempo di lettura: 3 minuti

Una decina d’anni fa ho acquistato al mercato dell’usato un meraviglioso puzzle, uno di quelli che – se completati – si rivela una vera e propria opera d’arte.
Sia chiaro, realizzare puzzle non ha mai rappresentato la mia vera passione.

Ad essere sinceri ho già un hobby che mi occupa buona parte del tempo libero ma quando l’ho acquistato ho fiutato in un baleno l’affare e poi…Poi mi sono lasciato convincere da chi me lo proponeva in un sottile gioco tra domanda ed offerta che forse ha obnubilato entrambi.
Insomma, alla fine ho pensato che nei ritagli di tempo potesse essere un passatempo piacevole e, perché no, anche soddisfacente.

Così ho rotto gli indugi: l’ho preso per quattro spiccioli – vincendo a mani basse la concorrenza di qualche specialista forse solo meno carismatico del sottoscritto – con la solenne promessa, fatta al venditore e ad alcuni suoi amici presenti al momento dell’acquisto, che ne avrei avuto cura e soprattutto che lo avrei completato, collocandolo dove merita, al centro della stanza più bella della mia casa.
E così, una decina di anni fa, ho iniziato ad interessarmi a questo puzzle e mi sono ritrovato tra le mani qualcosa di nuovo e singolare. Durante le settimane iniziali mettere insieme le prime tessere, ve lo confesso, è stato un gioco da ragazzi.

Ma dopo l’entusiasmo dei primi giorni non vi nascondo che ho avuto qualche difficoltà: credevo infatti di avere a che fare con un soggetto poco raffinato, elementare, per il quale sarebbe stato sufficiente giusto qualche minuto di ‘distratta attenzione’ per andare avanti senza colpo ferire.

Poi ho capito a mie spese che la qualità del disegno, le sfumature, i colori erano di un livello ben diverso da quello che pensavo di dover “affrontare”. Era un puzzle ‘tosto’, per palati esigenti e tutt’altro che di basso livello.

Fatto sta che, sistemando un po’ le luci a mio favore e con un pizzico di buona sorte, sono riuscito a perfezionare la mia tecnica e ho portato avanti la composizione del mosaico. Non solo: ho imparato a sfruttare al meglio il pochissimo tempo dedicato a mettere insieme i pezzi del puzzle, ho fatto tesoro della tecnica utilizzata per migliorare addirittura la gestione del mio lavoro e quella del mio vero hobby, la filatelia.
Ma non è facile, credetemi, seguire tutto con lo stesso impegno: alla fine qualcosa ti prende la mano più di un’altra. Nel mio caso i pezzi del puzzle, quelli ancora da sistemare, hanno iniziato ad impolverarsi. Quindi ho chiesto aiuto ad un amico (un vero angelo, credetemi) con grande esperienza in fatto di tessere. O di schede, o qualcosa di simile.
Vabbè, insomma a questo amico ho chiesto di tenermi d’occhio il puzzle perché i progressi ottenuti nella composizione erano troppo avanzati per smontarlo e riporlo nella scatola.

Non gli ho chiesto tantissimo: solo una spolveratina di tanto in tanto, per farlo sembrare sempre “vivo” agli occhi di qualche ospite della mia casa che – hai visto mai – fosse interessato a completarlo in modo da liberarmi totalmente il tavolo e poter tornare solo ai francobolli.
Fatto sta che sono circa sei anni che il puzzle è lì: prende polvere, viene ripulito alla bell’e meglio, e un paio di volte ha anche rischiato di cadere in terra e di finire in frantumi!

Sai com’è, il mio amico a volte si lascia prendere la mano e si distrae: compra puzzle anche nei mercatini dell’usato del circondario (una volta ne ha presi due abbastanza semplici a Montoro ed Agropoli, non vi dico le tessere in giro… ma questa è un’altra storia) e per risolvere la situazione – durante il riposo dal lavoro – ho dovuto posare la pinzetta per i francobolli e, superati i cali glicemici da stress, mi sono dedicato giusto per qualche minuto a rimettere tutto nell’ordine prestabilito prima di affidargli di nuovo tutto.

E’ più forte di me: il puzzle lo lascio lì, lo guardo e mi chiedo chi diavolo me l’abbia fatto fare di acquistarlo. Eppure la cosa ha i suoi vantaggi, fidatevi. A volte, pensate, ho usato la scatola delle tessere per riporre qualche francobollo che aveva bisogno di cambiare aria. Io sono uno che sperimenta sempre, forse anche perché ho la presunzione di sentirmi il migliore in tutto quello che faccio o forse solo perché fino ad oggi mi è sempre andata bene.
Già, i francobolli: non divaghiamo… Dopo avergli fatto prendere aria nella scatola del puzzle ormai semivuota li ricolloco nell’album, dove è giusto che stiano. Ed è successo che talvolta qualche tessera del puzzle abbia sperato di diventare un Gronchi rosa. Colpa mia: oltre che a me stesso ed a chi mi circonda ho fatto credere anche a loro di essere capace di poter fare ed ottenere qualsiasi cosa.
Però non sempre mi riesce tutto, devo farmene una ragione. Da qualche mese, ad esempio, ho capito che questo ‘puzzle perpetuo’ devo darlo a chi potrà completarlo a dovere prima che cada dalla scrivania e finisca in pezzi. E’ vero, l’ho pagato un’inezia e la sua scatola vuota mi ha aiutato molto a sistemare i francobolli in eccesso. Ma è arrivato il momento di darlo via: devo dedicarmi solo alla filatelia, un hobby che non ammette distrazioni. La polvere potrebbe distruggere i sacrifici di una vita.

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Gigi Caliulo

Giornalista da trent'anni, redattore sportivo de il Giornale di Napoli e il Mezzogiorno, responsabile delle pagine sportive del Corriere di Salerno e del Roma, edizione di Salerno, capo ufficio stampa della Salernitana nel 1996/97 e 1997/98, responsabile della redazione sportiva di TV Oggi Salerno. È stato per anni voce radiofonica del gruppo Kiss Kiss, radiocronista per centinaia di partite della Salernitana a cavallo tra il 1990 e il 2000. Responsabile delle province per il quotidiano il Denaro, ha fondato e diretto l'agenzia di stampa QuEsse Quotidiano Salernitano e il settimanale politico economico il Guiscardo. Seguimi anche su https://www.facebook.com/SostieneCaliulo/

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