Editoriale

Anche una tattica quasi perfetta soccombe al cospetto di ingenuità commesse nei momenti cruciali del match

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Dal sogno all’incubo: la distanza è questione di dettagli che fanno la differenza.

La Salernitana gioca una partita accorta e intraprendente per ottanta minuti, passa meritatamente in vantaggio con una splendida punizione di Radovanovic, concede poco alla Roma, sciupa il colpo del ko con Kastanos e alla fine, complici i cambi che hanno sottratto solidità, temperamento e lucidità alla fase difensiva, commette due ingenuità che non le consentono di accorciare le distanze dalle squadre che la precedono in fondo alla classifica.

Considerata l’importanza della posta in palio, incastonata in una giornata cha aveva visto le dirette concorrenti raccogliere zero punti, mandar giù un boccone così amaro rende il finale di stagione degli uomini di Nicola ancor più sofferto dal punto di vista psicologico.

Tre punti che, con due partite da recuperare, avrebbero completamente riaperto il tribolato torneo di Ribery e compagni. Le distanze dalla quart’ultima posizione restano immutate, però le opportunità a disposizione si riducono di un’unità e la squadra dovrà essere brava ad abbandonare immediatamente i pensieri negativi orientati in questa direzione.

Fortunatamente le prossime contese già incombono e non c’è tempo per rivisitare dolorosamente anche questa gara.

Nicola l’aveva preparata bene, cercando di sorprendere la Roma schierando un corposo centrocampo, ben sapendo di poter sfruttare la superiorità numerica ed il passo compassato di Cristante ed Oliveira. Con Ribery a fare da collante tra i reparti, Djuric con la sua stazza a tenere impegnati i centrali difensivi, lasciando ad Ederson e Coulibaly il compito di inserirsi con e senza palla nella trequarti giallorossa. Il tutto ben protetto da tre centrali difensivi (Gyomber, Radovanovic e Ranieri), due esterni intermedi sostanzialmente bloccati (Mazzocchi e Obi) e l’ordinata sagacia tattica di Bohinen davanti alla difesa.

Il copione tattico studiato in settimana si è sviluppato bene sul manto erboso, con Ederson che è riuscito a penetrare centralmente in due occasioni, trovando la risposta di Patricio e la punizione tramutata in prezioso vantaggio dalla staffilata di Radovanovic. Un primo tempo nel corso del quale la Roma si è accesa solo su qualche sporadica accelerazione di Felix e Mkhitaryan, oltre a fare fatica ad inaridire sul nascere la capacità dei centrocampisti granata di dare pochi riferimenti.

Nel secondo tempo, Mourinho ha cambiato uomini e moduli, gettato nella mischia tutta la qualità tecnica disponibile in panchina, costretto la Salernitana a gestire un match più complesso in fase passiva. Però riteniamo che la sconfitta dei campani sia più legata alla cattiva gestione di alcune situazioni in entrambe le fasi di gioco che non ad un estro immarcabile espresso dagli avversari.

Kastanos ha avuto sul piede mancino l’opportunità per chiudere il match al minuto sessantotto, ma ha calciato centralmente su un Patricio già intento a recitare le preghiere, vanificando così l’illuminante assist di Ederson.

Ed anche dietro la squadra non è stata impeccabile sulle due reti subite. In occasione della prima marcatura di Perez, la difesa è rimasta schiacciata sul giro palla romanista invece di stringere centralmente, accorciare in avanti e impedire al calciatore spagnolo di prendere tranquillamente la mira e piazzare il pallone sul palo lontano di Sepe.

Altrettanto evidente l’errore del pacchetto arretrato sulla palla inattiva che ha consentito a Smalling di realizzare il gol del definitivo sorpasso. Una rete che somma all’errore di posizionamento e ad un’assenza palese della difesa aerea (purtroppo è già capitato tante volte) anche una sorta di scoramento precipitoso, frutto di una mente collettiva che ancora non è riuscita a superare la delusione per il pari subito.

Lungi dal gettare la croce addosso ai calciatori che hanno dato tutto e rischiato di compiere l’impresa su uno dei campi più ostici del campionato, contro una squadra reduce da un buon periodo di forma e da risultati significativi. Però la serie A è anche saper essere cinici, concreti e mentalmente ferrei nei pochi episodi che determinano i risultati.

Se la squadra perde sostanza, letture e scaltrezza nei momenti cruciali del match, probabilmente la causa è da ricercare anche in un organico dove non tutti gli effettivi sono già pronti per recitare da protagonisti sul principale palcoscenico calcistico nostrano.

Effetto collaterale di una pianificazione tecnica iniziale che continua ad imprimere il suo nefasto marchio originario.

Maurizio Iuliano

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