Editoriale

A Festa da Cumeeria

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Non distante da Avenida Nossa Senhora de Copacabana, tra stuoli di cosce e culi in bella vista, la stazione degli autobus di Rio de Janeiro non si ferma mai. Gli orari di partenza li estraggono dal bussolotto: col malloppo ben accovacciato dove non si può dire, cacci giusto i soldi del biglietto verso São José do Vale do Rio Preto. Tre ore scarse attraverso la Riserva Biologica do Tingua ed il Parque Natural Montanhas de Teresopolis. Dal finestrino ti viene il dubbio: che l’Eden fosse da quelle parti? Probabile.


Arrivi, scendi e cerchi equilibrio tra ciottoli disordinati e fili d’erba umidiccia. A destra, il giardino degli alberi di melo dà le spalle ad una fila di case basse coi cancelli in legno, tutti colorati pastello. Rosso, verde, arancio e le finestre celesti. Un vecchietto con pochi denti scuote sassolini e ti sorride.
Sei il benvenuto.

È marzo, probabile cominci a piovere: quando piove a São José succedono cose molto speciali. Dietro al parco, in uno di quei vicoli che sbuca quasi sempre sullo sterrato, c’è una squadra di muratori in abiti da lavoro. Tutt’intorno è musica, e risate, e naturalmente cachaça.
In Brasile, a marzo, le case in costruzione devono esser pronte: amante languida quanto infida, l’estate scivola via all’improvviso e cede il passo alla stagione delle piogge. Ah, quelle piogge lì…

São José do Vale do Rio Preto


Perciò bisogna completare il tetto o, come dicono a São José, la Cumeeira, con quella cadenza che non sai se parlino, cantino o stiano facendo l’amore. Quando hai finito il tetto, la casa è pronta. E allora il quartiere scende in strada, la musica invade gli isolati e la Brahma rischiara le voci. La Festa da Cumeeira è sintesi delicata e profonda della spiritualità del popolo brasiliano, che sublima nella goccia di malinconia in quegli occhi comunque sorridenti.
È festa della gente che rende merito all’orgoglio dei proprietari. È religione ma al tempo stesso blasfemia: oh, sei in Brasile! La contraddizione è la forza naturale sulla quale regge quello Spicchio d’Universo. Dovete sapere che una volta i muratori snobbarono la Cumeeira: non si arrostì picanha, non scorse cachaça, nel quartiere non risuonò bossa nova, né choro, né sertanejo. Una volta -quella
volta- l’ultimo dei manovali cadde dalla trave e schiantò al suolo. Nessuno vide veramente nulla, eppure tutti sapevano che il disgraziato era stato spinto da Matita Pereira. Spiritaccio brutto e maligno, alto e nero si regge su una gamba sola: fuma la pipa, incastrandola tra i due denti rimasti, ed indossa un cappuccio rosso col quale si rende invisibile. A volte ti entra in casa e nasconde le cose. A quel punto sei fottuto nel vortice della maledizione ed alla fine, esausto, sarai costretto a cambiar casa.

Matita Pereira


La Festa da Cumeeira, avrai capito, non è solo alcool e balli. È mistero e tradizione: sono gli stessi muratori ad inchiodare al tetto serti frondosi, affinchè il Matita Pereeira e tutti gli altri spiriti malvagi stiano alla larga, lasciando spazio alla prosperità. Tutti intorno cantano, ballano e bevono: la gioia di uno è la gioia di tutti. Il popolo è una enorme famiglia.

Solitamente, quando Tite scende in campo ha le braccia dietro la schiena e guarda in basso. Pensa. Dalla Corea in poi è mata-mata: dentro o fuori, vivi o muori. Ti sembra in pace, calmo e tranquillo: ha solo voglia di una caipirinha. Il Professore lo sa: in Nazionale sono fondamentali i legami tra i giocatori. Vinci solo se sei famiglia: ognuno ha la sua responsabilità, la gioia sarà di tutti. Come i muratori, come a São José do Vale do Rio Preto. Il Brasile ha tutto per completare l’opera ed esser felice: serve solo lo spirito della Cumeeira.

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Tite è stato a São José, a marzo: probabilmente ha visto la pioggia cadere. Si sarà accorto che il ticchettìo delle gocce, a in quel posto lì, ha un suono ipnotico, quasi mistico. A São José, una cinquantina d’anni prima di Tite, è passato un certo Antônio Carlos, il cui genio indefinibile tradusse quel ticchettìo in melodia.

Dopo la quale, parlare di musica avrebbe assunto tutt’altro concetto. Ma questa, forse, è solo un’altra storia.

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Ciro Romano

Tifoso della Salernitana e del calcio. Che ama raccontare con spensieratezza.

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