Editoriale

Presente e futuro non viaggino disgiunti

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C’è ben poco da dire e molto da fare. Psicologia, letteratura, filosofia e poesia, al momento, possono tranquillamente essere cestinate.

La classifica impone azioni concrete, per rimettersi quantomeno ad una distanza più potabile dalle dirette concorrenti. Non si intravedono altri orizzonti abbracciabili con lo sguardo.

Lo step successivo, ossia l’eventuale coinvolgimento reale nella bagarre salvezza, è ancora uno scenario utopistico. Prima di arrivarci, c’è bisogno di una drastica e subitanea sterzata.

Vigorosa al punto da tamponare e far deragliare una Roma che, guidata da Daniele De Rossi, ha già ritrovato gioco, entusiasmo e ambizioni in prospettiva europea.

Il mercato granata non decolla. La squadra, tormentata da insicurezze e precarietà assortite (futuro professionale, sfiducia dell’ambiente, organico falcidiato dalla Coppa d’Africa nei suoi componenti più validi, ansie da prestazione) non riesce a far sue anche partite decisamente alla portata. I match contro Bologna e Genoa, occasioni troppo ghiotte per essere gettate al vento, hanno registrato superficiali dissipazioni di punti.

La guida tecnica attuale, nonostante un impegno generoso e meritevole di encomio, non è riuscita a fornire quel quid in più di imprevedibilità offensiva e solidità difensiva. Due aspetti necessari per attuare l’agognata svolta.

Il calendario non è stato generoso con Pippo Inzaghi. E’ altrettanto vero, però, che sono stati sciupati in malo modo anche test meno impegnativi. La gara di Sassuolo, dominata in lungo e in largo per circa mezzora, è stata gestita male. Nonostante il doppio vantaggio ottenuto dopo appena un quarto d’ora di contesa. Lettura discutibile della partita, scarsa prontezza nel contenere il ritorno degli avversari e rischio concreto di tornare a casa addirittura a mani vuote.

Colpe di gran lunga minori rispetto alla devastazione innescata dalla modesta sintonia tra la proprietà e Paulo Sousa. Un binomio che, a partire da maggio, tra stoccatine velenose, vedute programmatiche inconciliabili e farraginosità operative, ha spostato l’attenzione sulle vicende esterne al manto erboso e prodotto un bel po’ di macerie.

Molte delle quali ancora non sono state rimosse. E, probabilmente, resteranno tristi reliquie, che avranno il compito di ricordare a futura memoria che l’assenza di idee chiare e unità di intenti è molto più penalizzante di una rosa tutt’altro che scadente in chiave di mera salvaguardia della categoria.

Lo stop interno del Cagliari contro il Torino, intano, ricorda a tutti che il torneo, soprattutto nei bassifondi della graduatoria, non ha il passo spedito della lepre. Attende tutti, anche chi, come la Salernitana, avanza con l’andatura di una lumaca.

Però i margini di errore si assottigliano sempre di più e tra meno di una settimana anche la sessione invernale di calciomercato avrà chiuso i battenti. A quel punto, una classifica sempre più definita e un organico ormai immodificabile, imporranno un’attenta valutazione sullo stato dell’arte.

Presente e futuro non potranno più viaggiare disgiunti. Si dovrà dedicare la medesima attenzione ad entrambi. Per evitare che la prossima stagione, qualunque sia l’esito finale del torneo, non riparta già fiaccata da approssimazione, reticenze e conflittualità latenti.

Un’eventuale e indigesta serie cadetta non potrà mai essere, per una realtà come Salerno, un dramma sportivo insopportabile.

Sicuramente colpevole, invece, sarebbe l’assenza di un serio e meticoloso progetto di ricostruzione che assecondi il desiderio di riscatto dell’intero universo granata.

Maurizio Iuliano

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