Ma il veliero sempre più lento
si ferma senza coraggio e senza vento
e il mare diventa di sasso.
Mentre il cane abbaia, il piatto si fredda.
La donna sul porto nervosa, su e giù,
va a spasso.
Aspro e tormentato il tragitto, da veliero a guscio di noce sfidando le burrasche della Serie A. La Salernitana circumnaviga la prima crisi stagionale, col rischio concreto di schiantarsi sulle scogliere del Gasp.
Giunge l’Atalanta, frattanto Castori – bendato e con le mani dietro la schiena – attraversa il ponte spinto dalle sciabole dei suoi più grandi estimatori. È la vita del timoniere, in fondo, sempre in bilico. Navigando, a suo rischio e pericolo, fra i sentieri di spuma della testardaggine.
Cambio di rotta o esonero, inversione a U o dimenticatoio: tanto ha chiesto il Generale dalla riva sicura. Mesi di silenzio, poi la svolta. Sulla scia di “Bocca di Rosa”, il Dottor Marchetti Ugo si prese la briga e di certo il gusto di dare a tutti il consiglio giusto.
Salerno – pensiero già espresso che, in chi scrive, causa copiose folate di nausea – è porto di mare per gli allenatori, roccaforte inespugnabile per il Direttore Sportivo. Ché altrove, quando il progetto tecnico procede a stento, cadono due teste. Qui, invece, sempre una. L’altra, pertanto, si solleva e si crogiola al dolce richiamo delle sirene, al sole di una democristiana immunità.

Cosicché, Fabrizio Castori potrebbe conoscere presto gli abissi. Angelo Mariano Fabiani, al contrario, resterebbe dritto sul cassero a fumare una Marlboro rossa e fulminare con lo sguardo chiunque voglia prendere il comando.
Tempi bui, neanche a dirlo. Cosa servirebbe per sopravvivere? Un centrocampista, diranno i più.
Bene, non verranno accontentati.
Ché Gondo, fra Scilla e Cariddi, ha atteso il beneplacito per diciassette giorni precisi prima di accasarsi, nuovamente, laddove sarebbe potuto rimanere senza ricorrere a panegirici legali.
Cosa servirà per andare avanti? Un’imbarcazione sicura e un equipaggio qualificato, un’elica di prima mano o, al limite, dei remi.
Non le scarpe.
Di quelle, per queste tempeste, non sappiamo che farcene.
