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Il processo alla critica ed alla tifoseria ultimo affronto alla dignità della città di Salerno

La squadra è attesa da gare delicate, la società dovrà essere pronta sul mercato. Il processo alla "piazza" una inutile forzatura

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La situazione è grave, ma non seria. Ennio Flaiano ha consegnato ai posteri un aforisma che torna utile in molte occasioni.

Una è quella che stiamo vivendo attualmente. La Salernitana sembra uscita “fresca fresca” da una sceneggiatura del geniale autore pescarese che avrebbe avuto materiale in abbondanza per tratteggiare i contorni ed i protagonisti delle vicende di casa granata.

Casa, ma anche cosa. Perché si ha sempre più la sensazione che la Salernitana non sia aperta al dialogo ed al confronto e, quindi, non sia casa, cioè luogo fisico ed ideale insieme in cui accogliere sotto la stessa bandiera – granata – tutti coloro che spendono la propria esistenza, o parte significativa della stessa, per sostenere (i tifosi) e per pungolare (la critica) la società ad onorare sempre la maglia e la città che in essa si identifica.

La Salernitana è una cosa, magari la si potrebbe identificare come una scatola (box in inglese), che viene gelosamente nascosta al pubblico, cioè il fruitore finale del prodotto-bene, da chi ne è proprietario o custode.

E per questa sua condizione, cui è stata relegata da chi ha titolo a gestirla, resta inaccessibile e lontana e proprio per questo continua a dividere. E’ una cosa nella misura in cui il proprietario della stessa decide a chi concedere di goderne in parte e a chi negarla del tutto. “Non mi critichi? Allora sei degno di toccare, assaggiare, o almeno sfiorare, ciò che per altri è e deve restare tabù, vietato, negato per il solo fatto che non accettano il dogma dell’infallibilità padronale”.

Bisognerebbe, poi, intendersi sul significato della parola “critica” e dell’azione del “criticare”. Nell’accezione più comune chi critica è un bastian contrario, magari invidioso per misteriosi motivi, oppure un gufo, anzi un gufaccio proprio, di quelli della peggior specie.

La critica è tutta un’altra cosa. Sulle tante vicende che in questi giorni sono oggetto di notizie di cronaca e di commenti social del popolo del web ci sentiamo di dire solo una cosa: che non siano motivo di distrazione per la squadra, né per la società, visto che ora incombe un ciclo molto impegnativo di partite e poi ci sarà il mercato di gennaio, da affrontare con l’obiettivo di essere sempre più forti e competitivi. Vincere sul campo e rinforzare la squadra a gennaio per poter puntare alla serie A senza passare per i playoff: è un duplice auspicio che tutti si sentiranno di condividere.

Chi si industria a processare la contestazione ed il malcontento di una intera tifoseria, però, non è serio ma compie un atto gravissimo. Di cui dovrà rendere conto alla sua coscienza, innanzitutto. Salerno ama la sua squadra, ha una tifoseria che ha fatto epoca, non ha mai preteso niente se non rispetto e chiarezza. Quella che ancora oggi la proprietà non concede, visto che si continua a parlare di obiettivi vaghi (“il miglior risultato possibile”) e, crediamo, non solo per questioni scaramantiche.

Tutto lecito, per carità. Non è giusto, però, provare a girare la frittata, additando chi chiede chiarezza, chi si preoccupa di aspetti regolamentari non secondari, chi analizza il momento al di là del singolo risultato del campo, come elemento pericoloso e destabilizzante. Siamo in presenza di un meccanismo perverso e pericoloso per il quale potrebbe risultare destabilizzante anche una anticipazione sulla probabile formazione o su un possibile acquisto futuro al pari, tanto per fare un esempio, di notizie circa possibili trattative per il passaggio di proprietà del club.

E’ un gioco a cui non bisogna prestarsi e a cui Salerno deve dire no con forza. Se, poi, e veniamo all’attualità più stringente, la magistratura appurerà l’esistenza di reati, che faccia il suo corso. Ci mancherebbe. Ma il processo alla passione della piazza, intentato da chi continua a confondere i ruoli e cerca di nascondere pecche e magagne di chi è allergico alle critiche (ossia cinque anni di fallimenti tecnici e sportivi, conditi da atteggiamenti offensivi e spocchiosi verso la città) non può essere accettato.