Home Editoriale Giambene (DAZN): “Tutino uomo chiave, in A serve un rinnovamento. Lotito? Penso...

Giambene (DAZN): “Tutino uomo chiave, in A serve un rinnovamento. Lotito? Penso che resterà”

La nostra intervista al bordocampista di DAZN: “Sono contrario alla multiproprietà, però credo ugualmente che i legali troveranno una soluzione. Promozione decisa contro Venezia e Pordenone”

3194
0
giambene dazn
giambene dazn
Tempo di lettura: 5 minuti

Intervistato dalla nostra redazione, Claudio Giambene, giornalista di DAZN, Sky Sport, Mediaset e Gianlucadimarzio.com, ha analizzato la promozione della Salernitana e l’attuale situazione della società granata in vista del prossimo campionato di Serie A.

Claudio, partiamo da un’opinione sulla stagione della Salernitana.

“È stato un campionato sorprendente nei risultati, che ha in solidità e coesione i valori mantenuti tutto l’anno. È stato un classico gruppo alla Castori, in cui anche chi ha giocato meno è stato importante tanto quanto chi ha giocato di più, ma soprattutto un gruppo che ha sempre messo al primo posto la comunione di intenti: non c’è mai stato qualcuno che ha alzato la testa, come magari è successo in altre squadre. E alla fine, in un campionato in cui ciò che conta è arrivare prima sul pallone e volere di più i risultati, la Salernitana è stata giustamente premiata, con una promozione diretta che obiettivamente non era auspicabile a inizio stagione”.

Chi è stato l’uomo chiave?

“Secondo me non si può non dire Tutino: è stato il giocatore che ha dato qualità ad un gruppo che ne aveva bisogno, quello che dava gli strappi, e anche la possibilità di vincere le partite all’ultimo momento. E, soprattutto, ha segnato il rigore più importante della storia recente di Salerno: quei 77 secondi a Lignano tra il fallo subìto e il rigore segnato sono stati fondamentali. Lì ci vogliono veramente gli attributi, sapendo quanto avrebbe voluto dire quel rigore, e soprattutto considerando che la Salernitana prima ne aveva sbagliati tre, uno dei quali calciato dallo stesso Tutino. La sicurezza con cui è andato lì mi fa pensare che lui sia stato l’uomo decisivo, anche per la convinzione che ha avuto fin da inizio stagione nel pensare che andare a Salerno potesse essere un’occasione per vincere un campionato”.

Idee molto chiare, quindi, sull’episodio decisivo della cavalcata granata.

“Penso sia quel rigore, ma è ovvio che il recupero di Salernitana-Venezia abbia cambiato il campionato: Pettinari va a fare l’intervista a Vicenza con la convinzione che il Lecce sia a +4, e invece è a +1 con Gondo che segna una doppietta di importanza allucinante, in una partita che la Salernitana avrebbe potuto tranquillamente perdere. Quello è un po’il manifesto della stagione dei granata, che hanno fatto tantissimi punti e recuperato tanti risultati nel finale. Uno come Gondo, sempre considerato una promessa ma non una realtà, quest’anno è stato un giocatore di importanza fondamentale, quindi è giusto citare anche quell’episodio”.

A proposito della lotta con Lecce e Monza, quanto ha inciso l’aspetto mentale?

“A livello nazionale girava il solito mantra: ‘tanto la Salernitana prima o poi molla, non ce la fa a stare tutto l’anno lassù’. Ad esempio, nel periodo delle tre sconfitte consecutive, compreso il 5-0 ad Empoli, era molto difficile pensare che la Salernitana si sarebbe rialzata, così come dopo il 2-0 di Lecce. In realtà, la squadra si è sempre tappata le orecchie. Secondo me, è stato un vantaggio molto importante – paradossalmente – partire in maniera isolata ad inizio stagione, dopo il lancio dei palloni in amichevole: se ad inizio anno avessero dovuto subire una contestazione più o meno indiretta, a mio avviso avrebbero avuto qualche difficoltà in più. Poi, è ovvio che nel finale di stagione sia mancata la spinta dell’Arechi pieno: sarebbe stata una cosa meravigliosa, e probabilmente anche la partita con il Monza non sarebbe stata persa”.

Capitolo multiproprietà: dopo cinque anni anonimi, la Salernitana è riuscita a sfatare il tabù. Il tuo parere sulla questione a Salerno e in generale?

“Sinceramente a me non piace: per me un presidente deve avere solo una squadra, non due, e non deve avere giocatori da passare da una squadra all’altra; io sono contrario, soprattutto all’interno di una stessa nazione: ad esempio, il caso di Watford e Udinese è già un po’diverso, ma nella stessa nazione si tratta di una questione molto discutibile. Ad ogni modo, ho sempre rispettato un imprenditore come Lotito, che, seppur criticatissimo, i conti li ha sempre tenuti in ordine, e questa è la prima cosa che secondo me conta nel calcio. Detto ciò, lui ha sempre rispettato le norme: finché le regole lo hanno permesso, lui l’ha fatto. Io, moralmente, non sono d’accordo con la multiproprietà”.

Cosa accadrà alla Salernitana sul piano societario in Serie A?

“Credo che sarà trovata una soluzione complicata in ogni caso, ma non sono convintissimo che Lotito non si occuperà più della Salernitana: lui ha sempre detto che rispetterà la legge, e quest’ultima è un po’farraginosa in alcuni punti; ad esempio, si parla di riconducibilità nel controllo, di quarto grado di parentela, ma non di gradi successivi: insomma, la legge si presta a diverse interpretazioni, e secondo me al momento i suoi avvocati stanno lavorando a questo proposito. Quindi, penso che avrà un controllo sul club. È anche presidente della Lazio, e ciò crea conflitto d’interesse, ma è molto difficile togliere un diritto acquisito: il problema andava posto prima, secondo me un presidente non può avere un’altra squadra anche soltanto nella categoria sottostante. È difficile, anche perché ci sono dei giri un po’complicati da capire, e soprattutto per il tifoso non è bello che qualcuno possa pensare che esista una succursale della Lazio, quando ci sono 102 anni di storia alle spalle. Detto questo, sono convinto che si troverà una soluzione nel rispetto della legge, e che Lotito continuerà ad avere un occhio sulla Salernitana, con qualche forma di controllo più o meno chiara. Anche perché cedere una società che produce degli utili e che è stata mantenuta salda e sana è qualcosa che lui può vivere anche come un’ingiustizia, il che è comprensibile”.

Un occhio generale sulla Serie B 2020/2021: più conferme o sorprese?

“Il campionato è stato molto diverso dalle aspettative: io ad inizio anno avrei pensato a Monza, Spal e Lecce per la promozione, e invece tutte e tre sono rimaste fuori. La Spal è secondo me la vera delusione, poiché aveva il monte ingaggi più alto, e ha fatto un campionato ancora peggiore rispetto al Monza. Secondo me questo verrà ricordato come il campionato di Zanetti e Dionisi: sono i due allenatori italiani che hanno vinto con il gioco, allenando squadre che sicuramente avevano qualcosa in meno delle altre. Tre anni fa allenavano Imolese e Sudtirol, e adesso si trovano in A entrambi, estremamente corteggiati: per me, quando alleneranno le big del calcio italiano – tra cinque o sei anni –, ci ricorderemo di questo come il campionato di B in cui hanno vinto entrambi. Un calciatore in particolare? A me piace tantissimo Parisi, che a mio avviso è il giocatore con più futuro tra quelli della B di quest’anno. Una delusione? Direi Kevin-Prince Boateng: è arrivato con grandi squilli di tromba, e dopo una prima parte abbastanza promettente è andato in calo; l’errore della famosa gita a Lugano è stato il vero apice di una seconda parte di stagione estremamente deludente”.

In chiusura, cosa aspettarsi dalla Salernitana il prossimo anno?

“Per me la Salernitana va rifatta per la Serie A: ci sono 5 o 6 giocatori che puoi tenere, forse anche 7-8, ma devi ritoccare moltissimo la rosa. La Serie A ha caratteristiche e ritmi diversi: la Salernitana è riuscita ad avere picchi importanti di gamba, grinta e coesione, ma con questi giocatori farebbe fatica a riprodurre lo stesso calcio in A. Quindi, bisognerebbe trovare calciatori simili a quelli di quest’anno, ma un po’più forti: è una scelta che la società deve fare, a mio avviso servirà anche non guardare in faccia a nessuno. È giusto sapere che, secondo me, non c’è nessun salto di categoria che presenti una differenza ampia come quella tra B e A. È giusto che la società faccia investimenti, cercando sul mercato giocatori importanti e di qualità, che cambino i tempi di gioco. Penso sia questa la grande sfida dell’anno prossimo: riuscire ad adattare questa aggressività a una maggiore tecnica, perché devi anche tener palla. In B puoi fare il 30% di possesso palla e davanti non trovi squadre con spunti eccezionali, ma se ti difendi tanto in A è molto complicato non subìre gol”.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

cinque × cinque =