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Dove vedremo la serie A nei prossimi anni?

Dazn, Sky, Mediaset, canale della Lega: nella babele di possibilità mediatiche, la confindustria del pallone non sembra ancora in grado di trovare una quadra.

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Inter Fiorentina
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Tempo di lettura: 3 minuti

di Marco Giannatiempo

Sono giorni cruciali per l’assegnazione dei diritti televisivi del campionato di Serie A per i prossimi anni. Lunedì scorso l’assemblea di lega ha deciso di non decidere rimandando al 23 ottobre ogni determinazione. Tra qualche giorno la confindustria del calcio dovrebbe sciogliere ogni riserva e comunicare se si continuerà sul modello di business che i telespettatori conoscono da ormai trent’anni, ossia la vendita del prodotto Serie A alle televisioni, oppure se si proverà a intraprendere un percorso innovativo, quasi rivoluzionario, con la creazione di un canale della lega finanziato dai fondi d’investimento.

Al momento, nessuna delle anime di cui si compone la lega di A dispone dei 14 voti necessari per decidere in un senso o nell’altro. La componente maggioritaria fa capo a Lazio e Torino, con Lotito e Cairo più propensi a proseguire per la strada conosciuta. Tuttavia, 7 club sembrano orientati a operare una rottura nelle modalità di produzione e di distribuzione del calcio in Italia: Napoli, Fiorentina e Salernitana sono le più convinte sostenitrici del canale della lega, con Juventus, Milan, Bologna e Roma curiose almeno di verificare l’ammontare delle offerte dei fondi prima di prendere una decisione.

Le offerte dei broadcaster

Nella scorsa primavera la lega di A emanò un innovativo bando dei diritti televisivi, con una distribuzione dei pacchetti molto variegata (erano previste perfino alcune partite in chiaro) e che per la prima volta in tanti anni non sembrava cucito su misura del broadcaster con maggiori disponibilità di spesa. 

La lega indicava in un miliardo e 150 milioni di euro all’anno l’offerta complessiva minima che sarebbe stata disposta ad accettare. Molto presto, l’ottimismo dei club si è trasformato in un più prudente realismo. Le prime proposte dei broadcaster ammontavano a non più di 600 milioni, poco più della metà di quanto richiesto. Nel corso dei mesi, le interlocuzioni tra la lega e le televisioni hanno prodotto un sensibile e insperato aumento delle offerte a 900 milioni, appena 27,5 in meno rispetto al triennio 2021-24. 

Nel dettaglio, Dazn ha offerto 700 milioni di euro all’anno per distribuire in streaming tutta la Serie A, 140 milioni in meno rispetto al precedente contratto. Tuttavia, la piattaforma britannica garantirà ai club una quota aggiuntiva di risorse, in percentuale sugli abbonamenti sottoscritti dai consumatori, che può arrivare fino a un miliardo di euro in cinque anni. Sky, invece, ha più che raddoppiato la sua offerta, che ora ammonta a 200 milioni per continuare a trasmettere tre partite a settimana, in co-esclusiva con Dazn, ma con più big match al sabato sera, la trasmissione degli eventi nei luoghi pubblici e altri diritti di contorno. Entrambe le offerte sono per cinque anni. Dal dialogo tra lega e tv si è sfilata Mediaset, che in un primo momento aveva mostrato interesse per le gare in chiaro. 

Il canale della lega e l’interesse dei fondi

Lo stato attuale delle trattative sembra poter accontentare la maggioranza dei presidenti, che per il prossimo quinquennio godrebbero di ricavi garantiti senza dover intraprendere iniziative innovative ma rischiose come il canale di lega.

Quest’ultima soluzione, gradita a De Laurentiis, Commisso e Iervolino, implica interessanti elementi di novità. La lega di A produrrebbe e distribuirebbe il prodotto senza intermediari, ma dovrebbe allestire una struttura tecnica e redazionale in pochi mesi senza alcuna garanzia che il ritorno commerciale sia soddisfacente. Il break-even è previsto non prima di tre anni, pertanto il canale verrebbe finanziato dai fondi d’investimento che già da alcuni anni ambiscono a impadronirsi della governance della Serie A. Le offerte per il canale della lega sono ancora segrete: verranno valutate soltanto nel caso in cui i presidenti non accettassero le proposte dei broadcaster. Tuttavia, fonti informate sostengono che siano ben 6 i soggetti interessati a finanziare la nascita del canale, riducendo il rischio d’impresa per le società. In particolare, il fondo californiano Oaktree (già finanziatore dell’Inter per 275 milioni di euro) sembra aver garantito ai club dai 900 milioni al miliardo di euro all’anno per dieci anni. Un importo rilevante la cui corresponsione potrebbe essere condizionata all’acquisizione delle leve di comando della lega di Serie A.

Se lunedì prossimo la lega scegliesse di valutare le proposte dei fondi, le offerte vincolate delle televisioni decadrebbero automaticamente. Nulla vieterebbe di imbastire nuove trattative, ma molte società non sembrano propense a prendersi rischi.

Qual è la soluzione migliore?

I diritti televisivi tengono in piedi l’intera baracca del football italiano, e pertanto si tratta di una partita di cruciale importanza per il futuro del nostro calcio. Non è semplice conciliare le esigenze delle società, delle televisioni e dei consumatori. I club puntano a massimizzare i guadagni, le tv a sborsare meno denaro possibile, i consumatori a fruire di un prodotto di qualità a prezzi congrui.

Abbandonare la strada vecchia delle televisioni per imboccare lo sconosciuto sentiero dell’autoproduzione delle trasmissioni è un rischio che molti club in difficoltà finanziaria non vogliono permettersi. La sensazione è che, alla fine, la lega deciderà di continuare ad affidarsi a Dazn e Sky. Una scelta rassicurante ma di retroguardia, che non mette in discussione il principio delle partite in esclusiva a un solo operatore (diversamente da quanto deciso, coraggiosamente, dalla Serie B) e che non prevede alcuna partita in chiaro. Un modello di business che inizia a mostrare le sue crepe e che tra cinque anni potrebbe risultare obsoleto in ragione delle innovazioni tecnologiche.