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Date a Morgan quel che è di Morgan

L’operato dell’ex direttore sportivo è stato spesso giudicato con poco equilibrio, rimarcando le sue innegabili responsabilità senza evidenziarne i non trascurabili meriti.

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Morgan De Sanctis
Morgan De Sanctis
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Non è stato facile, per Morgan De Sanctis, brandire le redini della Salernitana dopo la separazione con Sabatini. L’ex portiere di Roma e Napoli non ha certamente il carisma, l’esperienza e l’occhio visionario di Walter il Mago, ma le critiche che ha ricevuto dalla piazza in questi diciotto mesi sono state eccessive e ingenerose.

Per dirla con le parole di Giulio Andreotti, al rosso Morgan è stato attribuito di tutto eccetto le guerre puniche. In alcuni casi, con buone ragioni: la ritrosia all’esposizione mediatica, anche in un’ottica di difesa di allenatore e squadra; una comunicazione incerta e talvolta caratterizzata da espressioni al limite del cringe (il teatrale «agghiacciante» all’agente di Simone Verdi e il discorso piccato in inglese alla dirigenza del Wolverhampton); una riconoscenza nei confronti del presidente Iervolino che ha spesso sfiorato la subalternità.

L’impressione è che l’ex direttore sportivo non abbia ancora la sufficiente personalità per operare come manager a tutto tondo dell’area tecnica di un club, e che una figura dirigenziale a lui sovraordinata gli avrebbe consentito, o gli consentirà, di focalizzarsi esclusivamente sulle operazioni di scouting, nelle quali ha dimostrato di sapersi giocare le sue carte.

Sul mercato, infatti, il lavoro di Morgan De Sanctis è stato complessivamente positivo.

È senz’altro vero che alcuni corposi investimenti in cartellini e ingaggi hanno appesantito i conti del club e che altre società hanno ottenuto risultati migliori con meno spese, ma De Sanctis ha agito in un contesto societario non ottimale, con intromissioni della proprietà e di altri consiglieri che rendono complicato delineare i meriti e le colpe del dirigente abruzzese. Un esempio per tutti: l’acquisto a titolo definitivo di Bonazzoli.

La stagione 2022/23 è stata la più gloriosa in centoquattro anni di storia, con la salvezza raggiunta con largo anticipo e un consistente margine di vantaggio sulle retrocesse. La squadra che ha conseguito questo risultato è stata costruita dal neodimissionario d.s., che ha acquistato quello che probabilmente è il calciatore più forte dell’intera storia della Salernitana, Boulaye Dia, peraltro con la formula molto conveniente del prestito con diritto di riscatto a soli 12 milioni, e sostituito Davide Nicola con Paulo Sousa, tecnico di comprovata competenza che ha conseguito risultati lusinghieri in termini di risultati e di prestazioni.

Oltre a Dia, che è la punta di diamante del lavoro di De Sanctis, il dirigente ha ingaggiato un portiere di altissimo livello come Ochoa e un difensore centrale di sicuro avvenire come Pirola; ha ignorato la carta d’identità di Antonio Candreva credendo nella capacità dell’ala romana di poter elevare sensibilmente la cifra tecnica della squadra; ha rinforzato la rosa con i convenienti prestiti di Vilhena e Piatek, pur avendo sottovalutato la necessità di sostituirli adeguatamente l’anno successivo.

Il rendimento altalenante di altri acquisti (su tutti quelli di Bradaric, Daniliuc e Maggiore) non può essere imputato principalmente al direttore sportivo, trattandosi di atleti dal buon curriculum che hanno reso al di sotto delle aspettative e che, comunque, potranno essere rivenduti. Nella stessa sessione di mercato il dirigente di Guardiagrele ha svolto un mirabile lavoro di sfoltimento della rosa con ben 32 uscite tra prestiti, cessioni e risoluzioni.

Il mercato estivo del 2023 è stato senza dubbio deludente. È possibile che De Sanctis non sia particolarmente abile nello scovare talenti sconosciuti in un contesto di ristrettezza del budget. Ma in tal caso il problema principale è, appunto, la scarsità delle risorse messe a disposizione dalla proprietà dopo i riscatti di Dia e Pirola.

La situazione di classifica della Salernitana non aiuta a maturare opinioni equilibrate. Nessuno nega le responsabilità di Morgan De Sanctis, ma l’operato dell’ex direttore sportivo andrebbe valutato con un’onestà intellettuale che consentirebbe di rifuggire dal manicheismo nei giudizi.

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Autore del podcast settimanale "Agostino": https://shorturl.at/hyZ01