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Salernitana – Roma, l’ennesimo boccone amaro: la fortuna aiuta chi ha gli attaccanti

I granata continuano a giocar bene, a tratti benissimo, ma restano a 4 punti in 6 gare: colpa di Inzaghi, degli errori arbitrali, delle ingenuità individuali, ma soprattutto del mercato offensivo

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Nwankwo Simy Salernitana Roma Serie A
Salernitana - Roma 1-2
Tempo di lettura: 5 minuti

Contro la Roma la Salernitana ha incassato la quarta sconfitta consecutiva in Serie A, giunta in maniera beffardamente affine alle ultime gare. Come accaduto contro Juventus, Napoli e Genoa (e, per certi versi, anche nel più lontano pari con il Milan), la squadra di Inzaghi ha raccolto meno – ieri molto, molto meno – rispetto a quanto fatto sul campo.

Una Roma più che alla portata

Candreva e soci hanno impiegato pochi minuti per dimostrare di aver digerito l’amarissima sconfitta contro il Grifone, approcciando benissimo la gara e mettendo da subito in difficoltà i giallorossi. La squadra di De Rossi è incappata in una serataccia: nel primo tempo Lukaku e compagni non hanno mai tirato in porta, mantenendo a lungo un possesso palla sterile e improduttivo.

Rendimento tutt’altro che migliorato nella ripresa, nonostante il risultato. Perché la Roma ha vinto segnando due gol con altrettanti tiri in porta, di cui un calcio di rigore. Episodi al netto dei quali le sortite offensive si contano sulle dita di una mano.

E anche dopo lo 0-2 gli ospiti non solo non sono riusciti ad accelerare, ma hanno lasciato (tanto) a desiderare anche nella gestione del vantaggio, tra rischiosi passaggi in orizzontale, distanze mal gestite e una retroguardia costantemente esposta a rischi.

La prova non brillante di Dybala e compagni è evidente, al punto che la Roma di ieri sera è stata forse la peggiore tra le squadre apparse a Salerno in questo campionato: togliendo la Lazio (l’unica a perdere), tra Udinese, Torino, Frosinone, Inter, Cagliari, Napoli, Bologna, Milan, Juventus e Genoa non si era mai vista una formazione così in difficoltà all’Arechi quanto quella di De Rossi.

La sterilità delle punte granata

Come in ogni Davide contro Golia, ai demeriti del gigante corrispondono quelli della controparte. E la Salernitana di ieri sera ne ha tanti: i granata si sono difesi con ordine tornando al 3-4-2-1, hanno sviluppato con costante pericolosità negli ultimi 30 metri, e chiuso la partita con 7 tiri nello specchio e 15 totali, mettendo i giallorossi in grande affanno.

La casella dei punti recita però ancora una volta zero. Le responsabilità principali, probabilmente, vanno ricercate in un parco attaccanti che, pur risultando meno sterile rispetto alle ultime gare, non è riuscito a bucare Rui Patricio.

A partire da Simy: il nigeriano ha rasentato la perfezione nel gioco di sponda e in ogni frangente fuori dall’area di rigore, ma negli ultimi 18 metri ha palesato tutta la sua ruggine realizzativa. E non si parla solo del clamoroso colpo di testa sciupato nella ripresa sul cioccolatino di Candreva: più volte l’ex Crotone ha avuto dei buoni palloni tra i piedi, ma la macchinosità di sempre gli ha impedito di convertirli in conclusioni o suggerimenti verso i compagni.

Limiti a cui, purtroppo, voglia e impegno non bastano per sopperire. Chiedere ad Ikwuemesi, che è entrato persino meglio rispetto alle ultime complesse apparizioni, ma ha messo insieme solo tanta ammoina: al netto di qualche pallone ben lavorato da regista offensivo, dell’ex Celje restano soprattutto i falli in attacco sui centrali romanisti e il debole colpo di testa parato dal portiere ospite.

Mercato e Coppa d’Africa: responsabilità che partono da lontano

Troppo poco, ma non c’è da stupirsi. “La Salernitana non può avere un vice-Dia alla sua altezza”: lo ha detto tante volte Pippo Inzaghi, comprese le conferenze pre e post-Roma. Siamo d’accordo, ma il problema è che le prestazioni del 9 e del 22 non sono all’altezza neanche della categoria: a mancare non è il sostituto del fuoriclasse senegalese, bensì il minimo indispensabile. Tradotto, un centravanti che possa avere credibilità nella Serie A di questo momento storico.

Il riferimento temporale non è casuale, perché basta tornare indietro di poco per aprire gli occhi: ad agosto Ikwuemesi è stato catapultato dalla Slovenia nel massimo campionato italiano, ritrovandosi (poco dopo) a dover giocare subito titolare. Simy, invece, è tornato in attività a novembre, dopo due anni di assoluto oblio che lo hanno reso (agli occhi dei più scettici giudici) un ex calciatore. E, soprattutto, dopo esser stato palesemente messo alla porta da De Sanctis.

Eppure, i due nigeriani sono solo l’effetto del problema. La causa è da ricercare in tutto il resto: al netto di Botheim Stewart, irrimediabilmente fuori dai radar, la Salernitana ha costruito il parco attaccanti con la consapevolezza che Dia Cabral, i due calciatori più forti per distacco, sarebbero mancati per svariate gare a causa della Coppa d’Africa.

Si può contare su Dia e Cabral?

E qui si aprono voragini. Pratiche, perché i due non sono stati sostituiti (a 48 ore dalla fine del mercato). Ma anche teoriche, visto che – ragionando in astratto – era evidente che l’intenzione (comunque assente nei fatti) di colmare tali lacune si sarebbe scontrata con un cortocircuito: prendere altri due attaccanti a gennaio significa tenerseli, e quindi ingolfare un reparto a quel punto sovrappopolato, stante la difficoltà nel far uscire calciatori.

Problema che ogni tifoso granata spera comunque di doversi porre, sebbene l’indice di liquidità e 29 giorni di immobilismo non destino chissà quali speranze. Anche perché, poi, Dia Cabral sono tutto meno che certezze: Boulaye fin qui è stato croce e delizia, segnando 4 gol ma saltando tante gare tra mal di pancia di mercato e infortuni. E dando – francamente – a più riprese l’impressione di una voglia tutt’altro che irrefrenabile di restare a Salerno.

Per non parlare di Jovane, giocatore dalle qualità indiscusse che con Inzaghi è finito misteriosamente ai margini: possibile che, con questo reparto offensivo, l’estro del capoverdiano meriti appena qualche minuto nei finali di partita? A ciascuno la sua risposta. Dopotutto, il bello del calcio è questo: ognuno può dire la propria.

Pippo, pregi e difetti

Come chi, ad esempio, individua in Inzaghi il principale responsabile della sconfitta di ieri sera. Il tecnico avrà anche le sue colpe: la sostituzione di un ottimo Basic lascia interdetti, e sbilanciare così presto la squadra (al 60′) passando al 4-2-3-1 ha favorito lo 0-2 ospite. Gol segnato da un Pellegrini totalmente libero, con Pierozzi e Tchaouna in chilometrico ritardo nella copertura.

Eppure, al mister – lettura della gara a parte – va riconosciuto il merito di una Salernitana gagliarda e propositiva: retta in difesa da un sontuoso Daniliuc (il cui volo per Salisburgo è una beffa nella beffa), trascinata dalla classe di Candreva, dall’ingresso straordinario di un encomiabile Kastanos, dalle discese di Bradaric, dalle sgroppate di un fumoso ma talentuoso Tchaouna.

Il tutto tradotto in trame avvolgenti, conclusioni da fuori e cross al bacio per quel rapace d’area che non c’è. Leitmotiv del primo tempo come dell’assedio finale, che stavolta non è mancato: mentre col Genoa il rigore di Gudmundsson e la traversa di Candreva avevano tagliato le gambe, con la Roma i granata hanno cercato fino alla fine il pari, che sarebbe stato meritatissimo e forse addirittura stretto.

Crescita innegabile, ma niente punti

Le mosse di Inzaghi in corso d’opera restano rivedibili (specie nelle ultime due gare, con qualche scelta in più in panchina), ma i passi in avanti dell’ultimo periodo sono innegabili: la squadra lotta e ha spirito, gioca e crea (ha “fatto” la partita con Verona, Roma e nel primo tempo col Genoa) e ha ritrovato testa e motivazioni.

E’ vero, i piagnistei nelle conferenze stampa non sono il massimo da ascoltare, ma il campo dice che nelle ultime settimane la Salernitana ha disputato partite buone, a tratti ottime come quella di ieri sera. Raccogliendo, però, solo 4 punti in 6 gare: qualche responsabilità è di Inzaghi, qualcuna degli errori arbitrali, qualcun’altra delle ingenuità individuali (Ikwuemesi, Lovato, Maggiore, Simy), ma le colpe più grandi sono del mercato, quello offensivo in particolare.

Restano da vincere 7 partite su 16: non impossibile, ma molto difficile. In primis perché lo storico delle prestazioni negli scontri diretti contro le piccole non è incoraggiante. Difficile, però, soprattutto se dovesse continuare a girare tutto storto, proprio come accaduto in occasione del colossale rammarico di ieri. La Salernitana è audace, ma fin qui non è bastato: la fortuna aiuta chi ha gli attaccanti, o almeno così pare.