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Giacinto Di Battista: «Ho dato tutto per la Salernitana e sono stato sempre ripagato. La promozione un ricordo indelebile».

«Il gol a Pesaro è stato il più importante. Onorato di aver segnato l'ultimo gol al Vestuti». I ricordi di Di Bartolomei, Soglia e Leonardi.

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Giacinto Di Battista
Giacinto Di Battista
Tempo di lettura: 4 minuti

Ci sono calciatori nella storia della Salernitana che sono amati a prescindere, vuoi per il loro spirito battagliero, vuoi perché legati ad un momento storico importante. Ebbene, Giacinto Di Battista ha incarnato tutto ciò nei suoi tre anni di militanza con la Salernitana. Giocatore che ha dato tutto per la Salernitana e protagonista della straordinaria promozione del 1990, scudiero di una squadra fortissima che aveva in Agostino Di Bartolomei il suo faro. Si può tranquillamente affermare, inoltre, che Di Battista è il calciatore che ha virtualmente chiuso lo stadio “Vestuti”. Suo il suo ultimo gol nell’impianto di Piazza Casalbore. Era 29 aprile del 1990 e Di Battista segnò il gol del 2-1 in un derby con la Casertana terminato, però, con il risultato di 2-2. Anche per questa intervista contravverrò alle regole del buon giornalismo che imporrebbero il lei all’interlocutore ma, considerata la simpatia e la grande disponibilità di Giacinto, davvero non me la sento. I lettori non me ne vorranno.

A distanza di tanti anni ti chiedi perché sei stato tanto amato dai tifosi della Salernitana?

«Ti farò una confidenza: Negli anni 80 arrivare a Salerno significava giocare nella Juventus della C.  Quando ne parlo mi vengono i brividi addosso anche a sessantuno anni. Come dimenticare le presentazioni con 3000 persone senza aver giocato nemmeno una partita! Io ricordo la presentazione con Tobia al Capitol. Cose che solo a Salerno erano possibili.  Per me, che avevo fatto una carriera modesta in C, arrivare a Salerno ed essermi fatto apprezzare dai tifosi è ancora un motivo di orgoglio. Avevo solo un’arma: il sudore, il sacrificio e la voglia di correre per quei tifosi che sentivi già dal sottopassaggio. Come si faceva a non dare il massimo? Io sono stato ricompensato dai tifosi per tutto ed è una cosa che ti rimane dentro per sempre».

Partiamo dall’inizio: arrivasti a Salerno nel 1987 in una squadra che avrebbe dovuto stracciare il campionato. Come andò?

«La squadra era forte e c’erano tutte le premesse per un grande campionato. Nel mercato di riparazione arrivò anche De Falco che nella sua carriera aveva sempre fatto gol ma a Salerno stentò. Fu un’annata strana perché dopo Ischia fu esonerato Tobia e arrivò Clagluna, ma io mi dovetti operare per un’ernia discale. Giocai l’ultima partita con il Frosinone che vincemmo e poi mi operai. Giocai quella partita perché Tobia me lo chiese e perché volevo dare una mano, ma poi fui costretto ad uscire ed il martedì mi ricoverai. Rimasi fuori tre mesi e giocai le ultime partite in un campionato ormai segnato».

E l’anno dopo?

«Partimmo sempre con grandi aspettative con Soldo allenatore ma durò pochissimo. Arrivò Pasinato, ma il cammino non fu esaltante. Pasinato mise fuori Di Bartolomei e poi fu esonerato anche lui per far posto a Leonardi. Arrivammo alla salvezza ed io segnai tre gol, cosa che non avevo mai fatto in carriera. Il più importante fu a Pesaro, un gol che valse la salvezza perché vincemmo. Una bordata da 25 metri bellissima. La giornata dopo giocammo con la Torres ed io marcai Zola, un calciatore straordinario in campo e fuori. Mentre lo marcavo gli dissi che mi stavo giocando la salvezza e lui mi rispose candidamente che lui si stava giocando la serie A, visto che in tribuna c’era Moggi che lo portò al Napoli. Finì zero a zero».

E nel 90. La promozione

«Arrivò Manni con Ansaloni che già avevo avuto a Torre del Greco. Lui non mi vedeva all’inizio ma poi giocai quasi sempre. Rifiutai tanti soldi dalla Battipagliese in C2 e dissi di no perché capii in ritiro che si stava costruendo qualcosa di importante. Feci 31 partite e poi la storia la conosciamo tutti. Era una squadra fortissima: Battara, Della Pietra, Ciccio Della Monica detto il Maradona del Sud, Carruezzo che si fece male, Donatelli, Di Bartolomei, Lucchetti, Pecoraro. Ne dimentico qualcuno ma eravamo davvero forti. La città ci accompagnò sempre. Il sabato prima di andare a Brindisi con noi c’era il sindaco Giordano che ci caricò. Seimila salernitani a Brindisi non li puoi dimenticare. Vincemmo con un gol di Di Bartolomei e fu un tutt’uno con la città. Solo Salerno poteva fare questi numeri».

Un ricordo di Di Bartolomei, Leonardi e del presidente Soglia

«Quando mi ritrovai Di Bartolomei ad Assisi quasi non ci credevo. Lo avevo visto solo in tv con la Roma.  Non ha mai fatto pesare la sua figura. Le partite a carte con lui e Bruno Carmando erano interminabili. Bastava che tu gli chiedessi qualcosa lui ti aiutava in tutti i modi. Lui portò per la prima volta il Gatorade nello spogliatoio ed io costrinsi Alfonso De Santo a rubarne una per sentire il sapore. Ci ha guidato nella nostra crescita. Leonardi arrivò in un momento non facile e mise le cose a posto perché era intelligente. Riuscì a tirare fuori il massimo. Soglia? Che dire: un presidente innamorato della squadra. Era sempre con noi e ci dava una carica immensa. Quando la Salernitana perdeva lui stava male. Una grande figura».

Parliamo di attualità: sappiamo che sei molto amico di Castori. Cosa pensi dell’attuale Salernitana?

«Lavorando con la Ternana ho seguito poco la B ma fino a quando è stato possibile andare allo stadio seguivo tutto. La Salernitana sta facendo bene e sono contentissimo. Il campionato di B non è facile perché ci sono squadre importanti. Conosco Castori benissimo perché lo volli a Lanciano quando abbiamo vinto il campionato di serie D. Con noi ha fatto una cavalcata incredibile ed ha fatto la storia del calcio a Lanciano. Lui ancora mi ringrazia, ma è soltanto merito suo se sta facendo bene anche a Salerno. Quando è arrivato gli ho mandato un messaggio dicendogli di compiere un altro capolavoro. Mi auguro che lui ci riesca perché è bravo. Credo che si possa giocare le sue carte per la promozione. La multiproprietà? Un problema che si risolve. Importante andare in A».

Quando ti rivedremo a Salerno?

«Spero presto. Vorrei tornare allo stadio. Mi aspetta il mio amico Gigi Genovese e tutti i miei amici che ho lasciato. Sono stato in città per il centenario ed è stata una cosa stupenda. Da brividi. A Salerno ed ai salernitani auguro il meglio e spero di poter festeggiare la serie A».

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