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L’impegno e lo spirito di gruppo non possono colmare le lacune strutturali della squadra. Si completi in fretta l’organico

Se non si vuol correre il rischio di trasformare la Salernitana in uno studente generoso che si impegna molto ma più di tanto non riesce ad ottenere

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fabianiii
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Tre punti alla portata, sostanzialmente gestibili nella loro conservazione grazie ad una condotta di gara apprezzabile dal punto di vista tecnico, tattico, atletico ed agonistico. Ed invece si torna a casa con le classiche pive nel sacco, dopo aver subito tre gol e gettato alle ortiche un’occasione più unica che rara.

Certo, l’orgoglio per la serie A ritrovata, la passione degli oltre mille salernitani che hanno seguito la squadra in Emilia, un gruppo che ha lanciato il cuore oltre l’ostacolo. Ma se esci sconfitto dal terreno di gioco, dopo aver giocato bene contro una compagine tutt’altro che irresistibile, hai il dovere di relazionarti immediatamente con la realtà calcistica della massima serie, di accantonare i rimpianti, rimboccarti le maniche, mettere mano al portafogli e colmare le evidenti lacune strutturali (almeno 4/5) palesate dal complesso allenato da Fabrizio Castori.

Ed un ritorno agli antichi canoni del suo calcio essenziale e pragmatico avrebbe giovato anche al trainer marchigiano nel momento in cui il Bologna, rivitalizzato dagli ingressi di Vignato e Sansone, è riuscito a velocizzare la circolazione di palla, ad andare sovente in parità numerica nell’uno contro uno, soprattutto sulla fascia destra granata, permettendo ad Arnautovic di ricevere maggiore assistenza e di esaltarsi attraverso la continuità dei palloni giocati.

Il Castori concreto e nemico dei fronzoli, valutate la difficoltà nel fronteggiare in parità numerica un quartetto offensivo di qualità, accarezzato con lo sguardo il prezioso vantaggio maturato per ben due volte, appurato in fretta l’azzardo di giocare con una difesa a quattro composta da un tornante (Kechrida) nei panni di terzino e da un terzino (Jaroszynski) nelle vesti di difensore centrale di sinistra, in tempi neppure tanto remoti avrebbe infatti lanciato celermente nella mischia marcatori ‘cagnacci’ della tempra di Bogdan e Aya, la gamba di Zortea e, probabilmente, spedito anzitempo sotto la doccia difendenti troppo offensivi e ‘morbidi’. Prima di riaffidarsi alla retroguardia a cinque e impattare con maggiore efficacia l’onda d’urto dell’estro felsineo.

Fisicità, esperienza, cattiveria agonistica, densità negli ultimi venticinque metri, superiorità numerica difensiva, che avrebbero reso la vita più difficile alle incursioni da sinistra della coppia Vignato-Sansone, gestito meglio le palle inattive a sfavore e, soprattutto, impedito al centravanti austriaco di approfittare, ai danni di Jaroszynski, della tardiva collaborazione che il neo entrato Bogdan non aveva avuto il tempo di inserire all’interno delle dinamiche tattiche del match. In questo contesto di epilogo della gara all’insegna del fort apache, infine, anche la seconda punta poteva forse essere abbandonata per affidarsi ad un più solido e speculativo 5-3-1.

Peccato, perchè la Salernitana, al netto degli errori individuali sui tre gol subiti (L.Coulibaly/Kechrida, Jaroszynski, Simy), per lunghi tratti ha gestito il match a suo piacimento, difendendosi ordinatamente e ripartendo in maniera incisiva e determinata, potendo contare sulla gamba di Ruggeri, Kechrida e M.Coulibaly e sul carisma e le giocate spiazzanti di un motivato e redivivo Bonazzoli.

Tutto era filato liscio nella prima parte del match: posizioni scalate ordinatamente, tempestivi raddoppi di marcature, azioni di rimessa nate dopo aver rubato palla; il tutto condito da coesione massimale del gruppo e voglia di stupire.

La Roma, prossimo avversario all’Arechi, sarà tutt’altra storia rispetto al Bologna. La speranza, da trasformare in fretta in atti concreti, è che nei prossimi giorni l’organico venga ulteriormente integrato e potenziato. La squadra ed il tecnico granata, invece, dovranno essere bravi a resettare la delusione assaporata in terra emiliana, conservando gelosamente quanto di buono sono riusciti a fare, evitando che l’autostima collettiva esca ridimensionata dal prato verde del Dall’Ara. Perché, quando perdi dopo aver giocato a lungo meglio del tuo dirimpettaio, ci si sente come lo studente che non riesce a raccogliere grandi risultati dopo aver studiato senza lesinare sforzi.
La società deve assolutamente impedire che il campionato di serie A consideri la Salernitana uno ‘studente che s’impegna molto ma più di tanto non può dare’.