È la legge dell’ortica, Toloi e compagni credevano fosse facile cogliere margherite e punti sul prato del Principe. Pura formalità, magari: reduci com’erano dal pareggio maturato nella baia in cui naviga il Submarino amarillo. Così non è stato.
Sorpresa, è la Salernitana a recriminare.
Il tachimetro, in realtà, non si scosta dallo zero. Ma le statistiche – gaudium magnum – parlano un idioma differente: più gioco, più tiri, due legni, più possesso palla, meno fortuna.
Non resta che ancorarsi a quel detto che la casualità l’attribuisce al risultato, non alla prestazione.
Gara magistrale per intensità e carattere, qualcosa è scattato fra meningi e intenzione. Onore e merito a Fabrizio Castori che, giunto al capolinea, ingrana la retromarcia: sotto lo sguardo languido, per nulla pietoso, dei silurati delle ultime annate.
È proprio vero, dunque, che nella disperazione il paniere offre le risposte migliori, il croupier cala l’asso e il vino varia da aceto a nettare. Miglioria della morte?
Chissà.
La Salernitana scava, con le unghie consumate dallo sforzo, nel catrame della settimana tipo – tipo, per questi mari, è sinonimo di affanni – e si regala una reazione d’orgoglio. Giocando non solo alla pari, ma molto meglio rispetto agli orobici.
Non è la dolce presa in giro della retorica, è l’assoluta verità.
Questo è il calcio, tuttavia. Una scienza inesatta che dapprima concede illusioni poi ti scudiscia. Trasformando una palla sporca in un’imprecazione a denti stretti. La zampata di Zapata è tragedia in agrodolce, scrive il finale della battaglia ma non pone la parola “Fine” alla guerra.
La Dea si risveglia ancella, dominata dall’Ippocampo: suda il salario, smarrisce il blasone e finge che sia sorriso quel che sorriso non è. Non sono passate inosservate le smorfie del Gasp, i silenzi truci e le occhiatacce rivolte ai suoi uomini.
La via maestra, stavolta, sembra essere intrapresa dalla carreggiata giusta. Starà ai granata non abbattersi, riproporre la stessa voglia, le stesse idee e far sì che i complimenti degli opinionisti diventino fieno in cascina.
Ché un “bravo” fa morale, ma è il carboidrato a muovere il passo.