Conquistare almeno un punticino. Per preservare la serenità in classifica e avvicinare ulteriormente la conquista della salvezza.
Senza smarrire la consapevolezza di dover affrontare un avversario fisicamente temibile, atleticamente intenso e tecnicamente valido.
Ancora una volta, la squadra allenata da Paulo Sousa non ha fallito l’approccio al match. Ed è un aspetto tutt’altro che trascurabile, perché rassicura sulla capacità di staff tecnico e team di restare sul pezzo e non abbassare mai la guardia.
Un gruppo che continua ad avvertire una sana pressione e non intende perdere punti per carenza di temperamento o per scarsa concentrazione.
Questo non vuol dire che i granata siano diventati un collettivo perfetto, nel quale tutto funzioni a meraviglia. Perché la crescita tecnico-tattica è sotto gli occhi di tutti, ma è altrettanto palese che il rendimento e la continuità non sono ancora quelli attesi e desiderati dall’allenatore lusitano.
C’è ancora da lavorare sulla tattica e sulla psiche dei calciatori. Una sorta di ostacolo, infatti, si frappone tra gli imput trasmessi dall’ex trainer della Fiorentina e le insicurezze e fragilità emerse nell’ultimo segmento della precedente gestione tecnica.
Pertanto, considerando che bisognerà ancora rimpolpare la graduatoria, la scelta di far viaggiare insieme la concretezza imposta dal risultato e i graduali miglioramenti tecnico-tattici, ci sembra la decisione più saggia da coltivare.
Se resterà tempo di sperimentare uomini, idee calcistiche e sistemi di gioco, lo vedremo nelle prossime gare. Per adesso, è importante conservare le incoraggianti distanze che separano Candreva e compagni dalla zona pericolante. Cercando, come sta accadendo da alcune settimane, di trascinare nella bagarre altre formazioni su cui poter fare la corsa.
Avvio di gara dei granata campani intriso di aggressività e attenzione mentale. Pressing alto sui riferimenti assegnati a ciascun calciatore, con i tre difensori centrali, però, impegnati a presidiare le loro zone di competenza. A prescindere dagli scambi di posizione attuati dagli attaccanti di Juric.
Candreva, Piatek e Dia intenti a controllare la costruzione dal basso dei tre centrali difensivi del Torino. Kastanos e Bradaric ad inibire le folate laterali di Vojvoda e Singo. Infine, Vilhena e Nicolussi Caviglia immediatamente aggressivi sulla doppia regia locale affidata ad Ilic e Ricci.
Ed è proprio dalla pressione esercitata su Ricci dal giovane virgulto di proprietà della Juve che si è sviluppata la ripartenza vincente. Conclusasi con la rifinitura di Piatek e il tiro imparabile del centrocampista olandese.
Una ripartenza magistrale, con il collettivo capace di distendersi compatto in avanti, animato dalla determinazione di portare più uomini a ridosso dei sedici metri torinisti. Come testimoniano l’aggressività iniziale di uno dei due mediani e il supporto fornito alla fase offensiva dal secondo centrocampista. Quest’ultimo accorcia in avanti, calcia in porta e trova il gol. Ben cinque calciatori toccano il pallone, che termina la corsa alle spalle di Milinkovic Savic.
Un’azione tutt’altro che casuale, costruita in settimana a tavolino. Una sorta di premio allo studio settimanale dedicato agli avversari.
La Salernitana, niente affatto paga, consapevole del probabile ritorno degli avversari, insiste seguendo le stesse direttrici. Pertanto, conquista subitanea della sfera e repentina controfuga o ricerca dello spazio per calciare in porta. Ci prova prima Bradaric, ma la sfera di cuoio termina oltre la linea di fondo. Poi tocca a Candreva, il cui tiro di sinistro, prima di terminare sul palo, diventa un assist succulento per Piatek che non ne approfitta.
La partita non viene sigillata ed il Torino fa il suo ingresso da protagonista nella contesa. I ragazzi di Juric comprendono che, per disarticolare la fase difensiva ospite, devono muovere velocemente il pallone e dare pochi riferimenti marcabili agli avversari.
I padroni di casa provano a sfondare soprattutto a sinistra, con Rodriguez e Vojvoda molto propositivi e, soprattutto, con Radonjic abile a sfruttare il lavoro dei compagni per allargarsi, ricevere palla e puntare spesso con successo Daniliuc.
Un’altra opzione offensiva dei piemontesi è rappresentata dal movimento di Miranchuk, abile ad abbassarsi per creare superiorità numerica al centro della mediana e le condizioni per favorire con il cambio di gioco la superiorità numerica sulla fascia mancina. Lo stesso trequartista russo, conservando una posizione avanzata, taglia da destra al centro, per assistere meglio il terzetto che spinge sull’out mancino. Infine, Sanabria fatica a scrollarsi di dosso la marcatura di Gyomber, allora prova a defilarsi leggermente sul versante destro, ma Pirola non si lascia sorprendere e lo controlla senza affanni. Velleitario, inoltre, il tentativo di Juric di sorprendere alle spalle la difesa campana con gli inserimenti di Ricci sulle spizzate dell’ex centravanti del Genoa.
La Salernitana comincia a patire qualche apprensione di troppo, perché non è aggressiva, corta e coesa come ad inizio gara. La squadra tende a fare densità negli ultimi trenta metri, lascia il pallino del gioco al Torino – che intanto si avvale di Vlasic, entrato al posto dell’infortunato Ricci – e non riesce più a rendersi pericolosa di rimessa.
La reazione del Toro, però, non produce nulla di significativo. Due spunti da sinistra di Radonijc ed altrettanti tackle di Gyomber ad arrestare i traversoni. Ochoa non è mai costretto ad intervenire, ma benedice la traversa su cui finisce il pallone deviato dal dioscuro slovacco. Prezioso anche l’acume tattico di Kastanos, sempre attento a sacrificarsi in fase difensiva ed a sbrogliare più di un’insidia sull’out destro.
Ad inizio ripresa, la passività della Salernitana, chiaramente di matrice conservativa, deve fare immediatamente i conti con la maggiore intraprendenza e qualità dei calciatori di casa. Sanabria lavora bene di sponda, Miranchuk opera da regista avanzato tra le linee, con giropalla da destra a sinistra che consente a Vojvoda e Radonjic di rendersi pericolosi.
La fase difensiva campana diventa scolastica e di presidio, le distanze tra i reparti sono a tratti enormi, l’intensità del pressing è rimasta negli spogliatoi. I padroni di casa affondano negli spazi concessi tra la difesa e il centrocampo. Vilhena va in pressing alto su Ilic, Candreva è male posizionato e lascia campo all’incursione di Vojvoda alle sue spalle (Kastanos è sull’esterno a vigilare sull’eventuale spinta di Rodriguez). L’esterno tenta un filtrante, la difesa ospite respinge affannosamente, Miranchuk, indisturbato, raccoglie il pallone, attira Gyomber e Pirola su di lui, prima di servire Sanabria che, non seguito da Daniliuc, batte Ochoa.
Sousa sa che deve cambiare, se vuol lasciare imbattuto lo stadio piemontese. Dentro Troost Ekong, Lovato, Bohinen e Bonazzoli, fuori Daniliuc, Gyomber, Nicolussi Caviglia e Piatek. La Salernitana fa fatica ad assestarsi subito in difesa, che sembra soffrire la scarsa abitudine a giocare insieme. Titubanze pagate con un altro paio di incursioni rapide di Radonijc e Sanabria ed una parata importante compiuta da Ochoa. Però i cambi restituiscono capacità di palleggio e maggiore aggressività sui portatori di palla del Torino.
Bohinen entra bene nell’agone e, coadiuvato da Vilhena, ricomincia ad esercitare pressing alto. Il suo piede educato aiuta la squadra a ritrovare una fase di palleggio più ordinata e in grado di affacciarsi nella trequarti del Torino con maggiore intraprendenza. Il norvegese, inoltre, attacca lo spazio in ben tre occasioni, per cercare di disorientare la retroguardia rivale.
Più in generale, il finale di gara ricomincia a tingersi di colore granata salernitano. Perché Ilic e compagni sono ormai stanchi, hanno perso il contributo dei sostituiti Miranchuk e Radonjic e, soprattutto, devono stare attenti ad una Salernitana ritornata viva grazie alla ritrovata qualità dei suoi interpreti. Bohinen, Vilhena e Bonazzoli hanno il merito di alzare il tasso qualitativo della squadra, ma intenso è anche il finale di Bradaric, Candreva e Kastanos. I calciatori sembrano crederci, sfondano un paio di volte con il mancino croato sulla fascia sinistra, mancano di un soffio la deviazione vincente con il centrocampista cipriota e terminano il match costringendo il Torino sulla difensiva.