“Mi piacerebbe fare quello che non si può”. Questo verso di un brano di Zucchero Fornaciari si presta bene per spiegare quale sia il sentimento che agita gli animi dei tifosi granata, costretti da tempo a desiderare la normalità come fosse una chimera. L’apice dell’impossibilità, per Salerno, è quanto di più comune ci sia in giro per l’Italia, ossia una società che costruisce e programma, indicando gli obiettivi e perseguendo una precisa – e lineare – strategia per centrarli. Ecco perché a Salerno, ora più che mai, piacerebbe a tutti fare quello che si dovrebbe e si potrebbe in tempi e circostanze normali e che non si può e non si vuole nel caso specifico per i motivi e gli ostacoli ben noti. Si dirà: questa proprietà da dieci anni garantisce stabilità e continuità. Il punto è che il calcio non è territorio da percorrere in una sorta di permanente pace dei sensi, come se la consapevolezza degli stipendi pagati ed il ricordo, più o meno lontano, dei successi ottenuti nel primo lustro dell’era romana, fossero più che sufficienti per riempire la pancia ed il cuore del tifoso, consegnandolo ad una sorta di stato di pennichella eterna, in cui un po’ si dorme ed un po’ si sogna. Uno stato, però, da cui Salerno pare volersi destare, insoddisfatta com’è delle mediocrità a cui ha assistito nell’ultimo quinquennio cadetto. Ed ecco che si torna all’inizio: ci piacerebbe che anche qui si potesse fare quel che si può fare altrove. Dinanzi a questa esigenza che è comune a tanta parte della tifoseria granata la proprietà continua a non fare nulla di diverso dal solito: silenzio totale, assenza, distacco, come se si volesse in questo modo anestetizzare una passione centenaria, dopo averla oltraggiata con inenarrabili affronti: dai falsi storici sulla militanza in questo o quel campionato alle dichiarazioni di intenti miseramente smentite (queste sì) dai fatti il repertorio è noto. Ed a ciò si aggiungano le ingiuste accuse subite dalla piazza per giustificare il dietrofront del giovane difensore della Fiorentina, Luca Ranieri, da settimane serenamente in forza alla Spal e non più turbato da messaggi rimasti misteriosi, mai esibiti a chi di dovere e comunque evidentemente non pervenuti ad altri calciatori, specie a coloro i quali (Kupisz, Antonucci, Bogdan) sono assistiti dallo stesso agente di Ranieri. Finché la Salernitana sarà considerata alla stregua di una squadra B, non potrà mai crescere. Non pochi sono coloro i quali continuano a sperare che nulla cambi, non si sa se per umana paura di un futuro ancor più nero o per una mera questione di abitudine, se non di convenienza. L’assenza di una seppur minima programmazione tecnica resta agli atti come il silenzio di una società che pare più intenta a salvaguardare altri aspetti che non quelli tecnici. “Ci sono nuove cose da scoprire con un po’ di fantasia e di immaginazione”, parola di Sugar.
La chimera del possibile nella terra della passione oltraggiata
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