Home Storie Grimaudo: “Multiproprietà? Salerno ha bisogno di un presidente che ami soltanto lei”

Grimaudo: “Multiproprietà? Salerno ha bisogno di un presidente che ami soltanto lei”

Intervista a Claudio Grimaudo, ex indimenticato ed indimenticabile calciatore della Salernitana, in occasione del suo 54esimo compleanno

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Grimaudo Salernitana
Grimaudo Salernitana
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Per i tifosi della Salernitana degli anni ’90, Claudio Grimaudo è il numero 2 per eccellenza. Capelli lunghi, fisico da guerriero e corsa da centometrista. Terzino destro di ruolo… ma con licenza di uccidere. In archivio, infatti, anche qualche gol da cineteca, entrato di diritto nella storia granata. Grimaudo è, ancora tutt’oggi, uno dei simboli dell’era più gloriosa della Salernitana. Giunto a Salerno nel ’92 dal Licata, già nel primo anno arrivò ad un passo dalla promozione in B con Sonzogni in panchina. Salto di categoria che sfumò nell’ultimo pareggio interno della stagione contro l’Acireale quando un altro pezzo di storia granata, Pietro Strada, fallì un calcio di rigore. Nella stagione successiva, contro ogni pronostico, arrivò la svolta. Tra gravi problemi economici, nonché di natura ambientale, il gruppo guidato dall’esordiente Delio Rossi raggiunse la promozione in B con una straordinaria cavalcata culminata con la finale play-off disputata al “San Paolo” contro la Juve Stabia, con oltre 20mila salernitani al seguito.

Emblematica, ed indimenticabile, la sua folle corsa a fine partita con tanto di capriole sotto la Curva B interamente colorata di granata. Un’esultanza che, di lì in poi, gli valse il soprannome di “Cavallo Pazzo” che porta ancora in dote con orgoglio. Claudio Grimaudo è un simbolo, un’icona di un calcio che non esiste più per attaccamento alla causa e per la passione verso quello che, fondamentalmente, resta uno dei “giochi” più belli al mondo. Un uomo vero, legato a Salerno e ai colori granata per osmosi. Un calciatore che, insieme al mister e ai compagni di quella inimitabile squadra del ’93-’94, ha scritto pagine indelebili della storia della Salernitana.

Salve Claudio. Innanzitutto, tanti auguri per il suo 54esimo compleanno. Come giudica l’organico allestito dal direttore Fabiani in sede di mercato?

«Grazie di cuore. Credo sia ancora presto per un giudizio definitivo, bisogna dare il tempo all’allenatore per ordinare le idee e mettere in campo il miglior undici possibile. Di certo le premesse non erano delle migliori, con la mancata presentazione di squadra e allenatore che hanno lasciato un po’ perplessi, però, da quello che ho avuto modo di vedere, la squadra è partita discretamente. Ciò che è certo, è che i tifosi meritano chiarezza da parte della società sia sul lato tecnico e sia sulle eventuali ambizioni».

Dopo il flop Ventura, crede che Castori sia l’uomo giusto alla guida tecnica?

«Sinceramente, io avevo molta fiducia in Ventura. Lo stimavo e lo stimo tutt’ora come allenatore. Certamente Castori è un tecnico d’esperienza che sa il fatto suo. D’altro canto, credo che ai tifosi basti vedere una squadra che faccia divertire. In generale, comunque, secondo me un allenatore deve sempre adattarsi all’organico che ha a disposizione e, soprattutto, deve farsi valere con chi opera sul mercato e pretendere quei calciatori funzionali al suo progetto tecnico. Ottenuto ciò, anche il tecnico ha il dovere di essere chiaro con la piazza svelando le potenzialità della squadra e i reali obiettivi».

A Salerno, negli ultimi tempi, il clima non è certamente dei migliori. I tifosi sembrano ormai stanchi per i cinque anni di B consecutivi condotti praticamente in fotocopia…

«Senza dubbio hanno ragione e li capisco. Ripeto, il punto cruciale è sempre la chiarezza. I tifosi hanno il diritto di sapere cosa può o non può fare la Salernitana. Parliamo di gente che per seguire la squadra si indebita e lascia a casa le famiglie, e questi sotterfugi non se li merita. In tutta onestà, se negli ultimi anni la maggior parte dei tifosi si è allontanata non mi sento di condannare la scelta. Spesso hanno assistito a delle gare di pessimo livello, e non solo dal punto di vista del risultato. A Salerno, purtroppo o per fortuna, sono stati “abituati bene”, ed è giusto che continuino a vedere il calcio con la c maiuscola, totalmente lontano da quello che si vede in generale in giro per l’Italia, fatto di business ed interessi di ogni tipo. Salerno non è una piazza come le altre e merita altri palcoscenici».

Cosa pensa della multiproprietà?

«Per quanto mi riguarda, un presidente deve avere una sola squadra. Uno che ami la squadra e la città in tutto e per tutto. Con la multiproprietà, ogni presidente è automaticamente portato a considerare di più la piazza che gli ha dato maggiori soddisfazioni, come può essere la Lazio per Lotito. Dietro alla multiproprietà c’è solo interesse economico e null’altro. Le squadre hanno bisogno, prima di tutto, dell’amore unico di chi le dirige».

Chi o cosa potrebbe dare la svolta a questa situazione di appiattimento generale?

«Mi auguro che possa arrivare un “angelo”, possibilmente campano, che decida di prendersi a cuore le sorti di Salerno e della Salernitana. Una persona che abbia la forza economica, le capacità, ma soprattutto il coraggio di portare avanti una piazza come Salerno. Un ruolo fondamentale, comunque, lo giocano anche i tifosi. Devono avere la forza di ricompattarsi e di remare tutti uniti verso un’unica direzione. Purtroppo, quando sono venuto in città in occasione del centenario, questa unione di intenti non l’ho riscontrata, e sinceramente mi dispiace moltissimo. Deve tornare la vecchia Curva di un tempo, capace di trascinare da sola la squadra verso gli obiettivi più impensabili».

Oggi che è il suo compleanno, sui social si sprecano i messaggi di auguri. Cosa ha rappresentato e cosa rappresenta per lei Salerno?

«Salerno per me rappresenta la migliore parte di vita professionale. A Salerno sono cresciuto come calciatore e come uomo, e ho raggiunto i risultati migliori della mia carriera. Sono rimasto in città per 27 anni, e quando una persona decide di rimanere in un posto e di non ritornare a casa sua, vuol dire che dietro c’è un attaccamento difficile da spiegare. Ancora oggi ricevo tanto affetto, anche da chi non mi ha mai visto giocare. Il motivo, a mio parere, è perché mi sono sempre fatto rispettare come uomo, prima che come calciatore. Da qualche tempo sono ritornato a Palermo per scelte professionali, ma devo dire che mi è dispiaciuto tantissimo lasciare Salerno. Il mio sogno è sempre stato quello di poter collaborare con chi, negli anni, si è succeduto al timone della Salernitana, ma putroppo non è mai stato possibile. Chissà che un giorno questo mio grande sogno non possa finalmente avverarsi».

In conclusione, come procede la sua carriera da allenatore?

«Dopo la fine dell’esperienza al Geraci, da una settimana alleno il Marineo, una squadra di Eccellenza del palermitano. Purtroppo, ora come ora, è tutto un incognita a causa di questo maledetto virus che continua a condizionarci la vita. Spero che la stagione possa andare avanti e magari terminare senza particolari problemi».



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"Chiodo fisso nella mente, innamorato perdutamente". Questa è la frase che, più di tutte, descrive appieno cosa sia per me la Salernitana. Un tifoso, prima che un giornalista, che ha sempre vissuto, e vive tutt'ora, per i colori granata. Dal maggio 2018, ho deciso di intraprendere la strada, impervia e tortuosa, del giornalismo, entrando a far parte della redazione di "Le Cronache", di cui mi fregio di farne parte ancora oggi. Dal settembre di quest'anno, dopo un anno di collaborazione con gli amici, prima che colleghi, di Salernosport24, sono entrato a far parte della bella famiglia di SoloSalerno.it, con lo scopo di raccontare, con onestà intellettuale ed enorme impegno, le vicende legate alla nostra, mitica "Bersagliera". Sarà un piacere, ma soprattutto un onore, poter mettere al vostro servizio la passione di una vita.