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MARCO MARI: “la passione per la pallavolo è il baluardo della mia vita”.

Marco Mari -allenatore dell'A.S.D. INDOMITA SALERNO - testimonia la sua passione nei riguardi della pallavolo ed i traguardi che, l'amore per questo sport, gli hanno consentito di raggiungere.

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Marco Mari – allenatore della serie D nell’A.S.D. Indomita Salerno

“La passione non si piega alle leggi della ragione, non si cura minimamente di quello che riceverà in cambio, vuole esprimersi fino in fondo, imporre la sua volontà. Ogni vera passione è senza speranza, altrimenti non sarebbe una passione ma un semplice patto, un accordo ragionevole, uno scambio di banali interessi”.
(Sándor Márai)

La passione è un impeto irruente, il motore della vita, lo slancio motivazionale di qualsivoglia decisione, la marcia in più per ogni scelta che ci appartiene.

Un terremoto di sensazioni ed emozioni che scuotono il nostro animo, che rompono e riassestano i nostri pensieri, le nostre certezze ed i nostri pilastri, per poi ricostruirli.

Quest’oggi avremo il piacere di leggere la testimonianza di Marco Mari, allenatore di pallavolo. Marco da qualche anno è un membro fondamentale per la società dell’INDOMITA SALERNO. La sua è una figura di rilievo nel territorio sportivo Campano, la sua storia, la sua passione, l’amore incondizionato per il volley che, ha modellato la sua vita, è dimostrazione di autenticità e dedizione.

Ciao Marco, prima di tutto, cosa ti ha spinto ad avvicinarti al mondo del volley? Quando e come si è sviluppata questa tua passione?

Mi sono avvicinato al mondo della pallavolo a dodici anni, mio fratello giocava nella “Volley Tasso”, quindi ho seguito le sue orme. Ho svolto le giovanili in questa società, fino ad arrivare all’Indomita Salerno un paio d’anni dopo, squadra in cui ho concluso la mia carriera di giocatore, disputando campionati di serie D e serie C. All’età di quindici anni. Contemporaneamente all’essere ancora un atleta, ho preso la decisione di allenare un gruppo giovanile, presso la scuola media in cui lavorava mia madre. È stata proprio mia madre a sollecitarmi, affinchè potessi portare avanti questo progetto, essendosi resa conto delle potenzialità che questo ruolo faceva emergere nella mia persona e in chi allenavo. Ad oggi, a quarant’anni posso affermare di avere alle spalle un’esperienza quasi trentennale. Sia da giocatore che da allenatore, reputo di avere un carattere molto grintoso e cerco di infondere questa caratteristica anche in tutti coloro con cui ho il piacere di lavorare.

● Nella tua carriera da allenatore hai avuto a che fare sia  con squadre femminili che con gruppi maschili?

In ventisei anni di carriera da allenatore, ho sempre allenato squadre femminili, partendo dalla serie D fino ad arrivare alla serie B. Attualmente rivesto il ruolo di capo allenatore in serie D con la femminile dell’Indomita Salerno. Dallo scorso anno, sono stato ingaggiato, anche, come supporto – nella stessa società –  a Pasquale Vitale, primo allenatore della serie C maschile che, quest’anno disputerà il campionato di serie B. La squadra è stata promossa, nonostante il campionato si sia stoppato forzatamente lo scorso Febbraio, prima del termine prestabilito. Quando si sono interrotte le competizioni, noi eravamo primi in classifica, abbiamo vinto diciassette partite su diciassette, per cui siamo stati premiati con la promozione. Idem per quanto riguarda il settore femminile di prima divisione che, con dieci vittorie su dieci si è aggiudicata la serie D. Nell’Indomita è come sentirsi a casa, mi trovo benissimo sotto tutti i punti di vista.

● Negli anni vissuti da atleta, qual è stata la stagione più soddisfacente e formativa dal punto di vista personale e da pallavolista?  Qual è stata la motivazione per cui hai cessato di giocare ed hai iniziato ad allenare ?

Soddisfazioni da atleta ne ho avute parecchie, ho disputato tante finali provinciali, regionali e ho vinto un campionato di serie D col “Cus”. Ero un posto quattro, un martello, ma, me la cavavo in tutti i fondamentali, ho sempre avuto molta versatilità. L’unica pecca ai miei tempi era l’assenza della figura del libero. Se questo ruolo fosse già esistito, il mio essere alto 1,75, mi avrebbe consentito di fare bene soprattutto tra difesa e ricezione, dato che per gli altri ruoli, in determinate categorie, prevedono altri standard di altezza. Quindi, anche per questa motivazione, ho smesso di giocare a diciotto anni per dedicarmi del tutto all’attività di allenatore.  Questa nuova figura è stata da subito un turbinio di emozioni e soddisfazioni che non mi hai mai fatto pentire al Marco atleta, di aver “ appeso le scarpette al chiodo”. Oltre alle squadre di categoria, non ho mai evitato di allenare anche gli Under, in quanto ritengo da sempre che i giovani siano la principale risorsa della nostra società. Nel “Rota Volley”  di  Mercato San Severino, società che ha raggiunto anche la massima serie, ho allenato la serie C e ho curato tutto il settore giovanile ed i centri di avviamento. Da allenatore posso affermare di aver vinto ben diciassette campionati tra serie e categorie, in ventisei anni le cose sono andate sempre molto bene.

● Saprai darci testimonianza che, talvolta  un buon allenatore deve provare ad essere anche una sorta di psicologo per le proprie individualità, affinché si riesca a far emergere quanto più possibile il potenziale, spesso celato, in ognuno?

L’allenatore, soprattutto nel settore femminile, deve essere in primis un bravo “psicologo”, bisogna comprendere che ogni atleta ha un carattere a se stante. Il mio ruolo è quello di provare a far emergere le potenzialità non solo fisiche dell’atleta. Durante i primi anni da allenatore ho avuto difficoltà a gestire l’aspetto emotivo delle ragazze, ma, imparando a mettere anche da parte la mia visione soggettiva e dando spazio all’oggettività, vivendole e capendole, mi sono reso conto che è fondamentale andarsi incontro, saper cedere, a fasi alterne,  sia dall’una che dall’altra parte. Nella maschile, invece, è differente, c’è meno richiesta e bisogno di supporto sentimentale, occorre una gestione più diretta, meno chiacchiere.

●  Quanto hai dovuto modificare il tuo modo di essere e di fare per il bene della squadra o della società di turno?

Sia da atleta che da allenatore ho avuto e presento tutt’oggi un carattere molto grintoso. Purtroppo, il mio modo di essere e di fare, non sempre viene apprezzato e visto con accezione positiva, alcune atlete traducono negativamente il mio sprone, credendo possa infondere loro pressione negativa, mentre le mie intenzioni sono del tutto differenti. Occorre tempo e pazienza per capirsi, gestire un gruppo assortito non è semplice, la continuità e la predisposizione al dialogo, sono fondamentali.

● È importante per te avere una spalla, una figura di supporto su cui contare che, possa condividere con te la responsabilità del gruppo nella società  presso cui alleni?

Ad oggi trovare società ben organizzate è quasi utopia. Fortunatamente nell’Indomita esiste un’organico molto valido. Da tre anni ho a che fare con il dirigente Lorenzo Plaitano che si occupa sia della femminile che della maschile, una persona su cui poter contare. La Presidentessa Maria Ruggiero è una persona squisita, a Salerno è conosciuta con l’appellativo “ SIGNORA DEL VOLLEY”, ha tanta disponibilità e pronta risoluzione dei problemi.

● le delusioni talvolta  sono ricorrenti in campo, ma, nell’ ambito personale, qualora si verificassero, risulterebbero, molto più pesanti rispetto a quelle che si maturano sul rettangolo di gioco. Non c’è schema che talvolta le possa scongiurarle ed evitarle. Anche tra sportivi non sempre c’è trasparenza e correttezza, sei d’accordo? Hai qualche episodio in particolare da raccontarci?

Sono stato alla guida di ben sette società, nella mia esperienza e, ho avuto davvero pochi problemi di trasparenza e rispetto. Dato il mio carattere, mi ritengo una persona molto franca, parlo sempre con sincerità. Quando avverto che vengono a mancare elementi essenziali, quali: stima reciproca, fiducia, sono il primo a mettermi da parte. Nella quotidianità, il mio primo lavoro è quello di bancario, terminato il servizio giornaliero in filiale, mi dedico pienamente alla mia seconda attività in palestra, con dedizione, amore e a volte stanchezza, cerco sempre di trovare positività in ciò che sono chiamato a svolgere, portando avanti una linea comune con gli atleti di turno per vivere serenamente questa passione condivisa.

● Si parla ogni anno in maniera generica e forse superficiale di un calo della qualità nei campionati regionali, di un livello medio tecnico che sta involvendo. Credi siano affermazioni esatte?

La qualità sta calando. Purtroppo scarseggiano allenatori che lavorano sul settore giovanile. Lo predico in qualsiasi società in cui lavoro che, il nostro futuro sono i giovani, però, le nuove generazioni stanno smarrendo pazienza e dedizioni, non hanno la predisposizione al lavoro e all’umiltà, vorrebbero tutto e  subito. Anche le famiglie dovrebbero intensificare la spinta motivazionale nei propri ragazzi affinchè riducano lo sport da tastiera e si cimentino nel frequentare in maniera sana le vere palestre di vita.

●Quali sono i metodi per attirare più giovani nell’ambito del volley?

Manca il lavoro delle e nelle scuole, ci dovrebbe essere una linea comune tra presidi e Federazione, per infondere l’importanza dello sport sin dalla tenera età ai nostri giovani. Soprattutto, le mie ragazzi delle giovanili, cerco sempre di motivarle inducendole a partecipare alle partite delle prime squadre della nostra società, tanto che possano immedesimarsi, prendere spunto, imparare, incoraggiarsi e sognare in grande. Anche seguire la Nazionale di volley in Tv può essere un buon mezzo di incoraggiamento.

● Se potessi tornare indietro nel tempo c’è un momento della tua vita sportiva che vorresti cambiare, una decisione cha ad oggi giudicheresti non corretta?

Gli unici rimpianti che ho sono quelli legati all’aver lasciato alcune squadre a campionato in corso, nonostante occupassero posizioni di vertice, a causa del mio carattere coerente e schietto. Ciò ha consentito all’allenatore che mi sostituiva, di beneficiare della fatica e della struttura che io avevo creato.  Non sono solito scendere a compromessi.

● Hai un sogno, pallavolisticamente parlando, che vorresti ancora realizzare?

Il mio sogno è tornare ad allenare una serie B femminile a Salerno. Sarebbe bello poterlo fare al Vestuti, alla palestra Senatore. Purtroppo il mio lavoro alle volte mi assorbe molto e questo potrebbe ostacolare l’ambizione della gestione di una categoria di un certo spessore. Comunque, al di là dei sogni, se c’è rispetto, impegno ed entusiasmo, sono contento anche in una seconda divisione.

● Come state gestendo dal punto di vista organizzativo e sportivo l emergenza Covid? Avete optato per rimanere in forma in modo alternativo, non potendo sfruttare la palestra? Con quale spirito e con credi si possa tornare in palestra?

I ragazzi stanno svolgendo autonomamente l’attività fisica. Il nostro preparatore atletico Edmondo De Amicis ( ex giocatore di serie A) ci aiuta in tutti i settori, avendo stilato schede con esercizi che consentano a tutti i nostri atleti di continuare a fare bene in questa versione alternativa. Speriamo di tornare in palestra con lo spirito INDOMITO che ci ha sempre differenziato e caratterizzato. La palestra manca tantissimo a tutti noi, ci si augura di poterla vivere nuovamente quanto prima.

Marco Mari allenatore di pallavolo

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Sono Raffaella Palumbo, classe 1990, salernitana dalla nascita. Per varie vicissitudine, sono espatriata a Genova da quando avevo 21 anni, nel capoluogo ligure esercito la professione di insegnate. Amo la vita in tutte le sue sfaccettature, non trascuro i dettagli. L'ottimismo, la curiosità, la follia, l'intraprendenza ed il sorriso sono caratteristiche di cui non posso fare a meno. Tra le gioie più grandi della mia vita rientra mia figlia: Martina. La pallavolo, la scrittura, i viaggi e la Salernitana sono le mie principali passioni. La benzina delle mie giornate risiede in tre espressioni che non cesso mai di ripetere a me stessa e agli altri: " VOLERE è POTERE, CARPE DIEM e PER ASPERA AD ASTRA"!!!