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Ho visto “A chent’annos” il film di Giorgio Porrà con uno strepitoso Jacopo Cullin ed un fantastico Paolo Fresu.

Mentre lo vedevo ho cominciato a riflettere. Jacopo Cullin parlava di un pallone trasportato dallo scirocco che i sardi hanno usato per farsi conoscere fuori da quella meravigliosa striscia di terra.

E se noi a Salerno avessimo perso un’occasione?

E si, noi l’abbiamo persa. 

Perché operazioni del genere portano qualcosa in più della cosa in se stessa.

Quelle immagini, le facce, le azioni, i goal, servono a preservare qualcosa di più importante:

Mantengono viva la nostra memoria.

E niente è più importante che tenere sempre accesa la fiaccola dei nostri ricordi.

A me è sembrato che la mancanza di avvenimenti di una certa rilevanza culturale sia stata costruita a tavolino da chi non vuole che la memoria resti viva.

Una mancanza di rispetto (quello che nel film Jacopo Cullin lo identifica sul petto e che ha una forma di scudetto) verso chi ha passato le ore, ha preso freddo, ha sudato, ha speso soldi seguendo la squadra della propria città.

Salerno forse non ha i palloni ma ha persone che hanno la capacità, la fantasia, che avrebbero potuto creare eventi, che avrebbero arricchito, non me che sono vecchio, ma proprio i ragazzi.

Perché loro alcune cose non le hanno vissute, non erano a Brindisi quel giorno, non hanno visto Agostino, non hanno visto Bruno Carmando, non hanno mai sentito dal vivo Peppino Soglia dire della gente di Salerno “che erano superlativo assoluto”, non hanno mai sentito né letto un editoriale di Giggino Amaturo.

Ed è proprio lì la differenza tra chi vuole creare delle cose che restino per le generazioni future e chi si gira dall’altra parte dicendo che Salerno non ha mai vinto un cazzo.

Io so che a Cagliari hanno creato questo:

La maglia celebrativa disegnata da Antonio Marras
Il libro di Telese sulla storia dello scudetto

E poi questo film. Che non è solo un racconto di una squadra, è il racconto della terra, della gente.

Ecco hanno tutti l’endorsement del Cagliari Calcio.

Noi, solo qualche episodio estemporaneo nato dalla voglia della gente di stare insieme.

Su questo permettetemi una riflessione.

Quelle urla di Ciccio Rocco sono paragonabili per intensità e bellezza e per sforzo atletico a quello dei capitani degli All Blacks durante la haka.

Ma Ciccio Rocco nel suo lavoro di ultras è stato un autentico fuoriclasse.

Perché quei 5 minuti di coro sono stati lunghi 100 anni. 

Perché ha smascherato il bluff dei tanti sbandieratori di slogan come SOLO PER LA MAGLIA, di SENSO DI APPARTENENZA e i NON TIFO PER GLI SQUADRONI MA TIFO TE.

Mi ha ricordato Carmelo Bene che recita una battuta dell’Otello e va via.

Lasciando il teatro e portando con sé la poesia.

Che poi (e detto da uno come me che ama la poesia nelle cose) questa dirigenza ha perso un’occasione di fare tanti soldini.

Perché l’esperienza mi ha fatto capire che se chiami un regista famoso o uno stilista importante non vi diranno mai di no o che non si può fare.

Vi diranno quanti soldi servono per mettere su l’operazione.

Quelle stessa cosa che ha portato a Salerno un’opera di uno dei più importanti Architetti contemporanei: Zaha Hadid.

Allora sedetevi armatevi di seadas e vedetelo come l’ho visto io.

Con la rabbia di chi deve emozionarsi per le avventure altrui.

Ah, buon Paolo Fresu!

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