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Questione di rigore: un anno fa l’ultima con il pubblico all’Arechi… decisa dagli undici metri

Dodici mesi fa il 2-0 con il Venezia, deciso dal penalty di Kiyine e da quello parato da Micai su Longo. Dischetto fatale ieri sera a Di Tacchio nella stessa porta

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Un anno senza tifosi. Il 3 marzo del 2020, esattamente 365 giorni fa, la Salernitana di Gian Piero Ventura batté 2-0 il Venezia all’Arechi nell’ultimo match disputato a porte aperte nel Principe degli stadi. In un freddo martedì sera qualsiasi, furono appena 5.424 i temerari che animarono gli spalti dell’impianto di via Allende. Già, perché il clima della scorsa stagione, pur con una Salernitana in corsa per un posto ai playoff fino alla fine, fu costantemente quello di un Arechi spettrale, derby contro il Benevento a parte.

E così, anche la partita contro il Venezia non fece eccezione: poche migliaia di tifosi del cavalluccio marino si avviarono verso la zona orientale, in vista del match contro i lagunari. Arancioneroverdi allenati, peraltro, proprio da quell’Alessio Dionisi che oggi con il suo Empoli si gode la meritata vetta con vista sulla Serie A.

In quel periodo, si sa, cominciava a farsi strada un nuovo nemico invisibile che ben presto tutti avremmo imparato a conoscere. Le prime conseguenze del Covid si fecero significative anche sul mondo del calcio: al nord si ebbero le prime gare a porte chiuse già nel week-end precedente, poi fu vietata la trasferta ai tifosi veneziani, prima di giocare senza pubblico anche il match del sabato successivo a Perugia (perso di misura dai granata), ultima partita pre-lockdown.

Ma, in un clima di crescente preoccupazione, sul manto erboso di via Allende c’era una partita da giocare e da vincere, per continuare a coltivare il sogno playoff. E i 90 minuti, obiettivamente, non furono proprio da sbadigli. Tutt’altro. La nota più lieta della serata fu certamente l’esordio da titolare di Cerci, che a tratti illuminò la platea, deliziando l’Arechi nella ripresa con l’assist per la testa di Karo, autore del 2-0. Ma, al di là dell’illusoria performance dell’Henry di Valmontone (definibile tale solo ai tempi vissuti con un’altra maglia granata addosso), la serata fu decisa, in particolare, dagli undici metri.

Foto: US Salernitana 1919

Una questione di rigore, tutta rigorosamente risolta sotto una desolante Curva Sud occupata dallo zoccolo duro. Ultimi giri di lancette del primo tempo, Kiyine a terra in area, rigore generoso concesso ai granata per un inesistente fallo di Fiordaliso sul marocchino. Pomini prova a usare i trucchi del mestiere, ma non basta: palla da una parte, portiere dall’altra, sei su sei in stagione per il pupillo di Ventura. Dischetto fondamentale ancor di più nella ripresa: minuto 65, la Salernitana si incarta nella costruzione dal basso (il mantra venturiano, in totale antitesi col pragmatismo di Castori), e un possesso tanto meccanico quanto inutilmente rischioso produce una palla persa, cui segue il fallo di Dziczek su Capello. Il resto è cosa nota: la botta di Longo dagli undici metri, la manona di Micai, l’esultanza della Sud come per un gol segnato. Rete che poi arriva quattro minuti dopo, portando il match sul definitivo 2-0.

Foto: US Salernitana 1919

Una serata certamente piacevole per i 5 mila dell’Arechi, che tornarono a casa con i tre punti, ignari di aver vissuto per l’ultima volta emozioni, gioie e dolori che solo quella maglia e quei gradoni sanno regalare. E com’è strano il calcio, nella sua magia. “Voglio fare la storia della Salernitana”, disse Micai quella sera dopo la partita, galvanizzato dal secondo rigore parato contro i lagunari dopo quello su Bentivoglio dell’anno precedente. Il seguito, come tutti sappiamo, è stato ben diverso. E che dire di Kiyine, risputato dalla casa madre alla succursale dopo essere stato giudicato acerbo per gli affari biancocelesti. Un anno dopo, punto e a capo: nuova esperienza a Salerno.

Corsi e ricorsi storici. Un po’come i rigori, veri momenti topici del mondo pallonaro. Pensare a quegli stessi undici metri che un anno fa decretarono l’ultimo successo del cavalluccio davanti ai propri tifosi, e che ieri sera, invece, hanno tolto alla Salernitana la vittoria contro la Spal. Ma l’errore di Francesco Di Tacchio, oltre a togliere altri due punti pesanti alla formazione di Castori (dopo i penalty sbagliati da Djuric e Tutino contro Reggina e Vicenza), può essere definito uno strano scherzo del destino. Proprio Di Tacchio, che contro il Venezia segnò il rigore decisivo per la salvezza ottenuta ai playout nel 2019. Proprio Di Tacchio che, lo scorso giugno, segnò contro la Cremonese il rigore del 3-3. Al 95′, prendendosi la responsabilità da capitano vero, nella stessa porta, sotto la stessa Curva.

Quel settore che attende, ormai da un anno, di tornare ad essere abitato dal più passionale e caldo dei popoli. Una tifoseria che, seppur divisa e con numeri minimi rispetto al passato, ha tanto da insegnare anche a chi calca i campi della massima serie. Un anno dopo l’ultima gioia al ritmo di Despacito e Jamm a vré – di rito quando si portano a casa i tre punti -, l’auspicio è quello di riavere il prima possibile sugli spalti la torcida granata, sperando anche in tempi migliori dal punto di vista sportivo dopo anni di delusioni, amarezze e prese in giro. Insomma, sperando di tornare a quella normalità scandita anche dalle attese spasmodiche in settimana, dalle chiacchiere prepartita, dalle gioie e dai dolori, da quelle emozioni e da quei brividi che solo “quella” squadra e “quel” luogo sono capaci di dare.

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