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Alessandro Del Grosso: «Quella di 23 anni fa non fu una retrocessione sul campo… »

L'ex calciatore granata ha riportato alla luce alcuni episodi spiacevoli che caratterizzarono la Salernitana che disputò il campionato di massima serie 23 anni fa: fu croce e delizia. Poi, riagganciandosi al presente granata, non si è risparmiato nell'augurare un futuro avvincente ed entusiasmante ad una città che merita - da sempre - palcoscenici prestigiosi.

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In vista della gara che la Salernitana dovrà disputare con il Milan di Stefano Pioli, la redazione di SOLOSALERNO ha intervistato Alessandro Del Grosso, proprio l’ex difensore granata fu autore di uno splendido gol – sul manto erboso del Meazza – durante la stagione ‘98-’99.

La partita che i granata ed i rossoneri giocarono 23 anni fa terminò 3 a 2 a favore della squadra di casa. La stagione dell’Ippocampo in massima serie non ebbe un felice epilogo ma, riuscì ad emozionare e far sperare i propri tifosi – fino alla fine – che la permanenza in serie A potesse non essere solo un’illusione.

L’avvio di stagione della Salernitana di Colantuono è, decisamente, più complesso rispetto a quello della tua esperienza in massima serie con i granata…

23 anni fa avevamo un’ossatura diversa. Eravamo reduci da un campionato cadetto vinto con largo anticipo, diversamente, rispetto a quanto è successo alla Salernitana della stagione passata. All’epoca costruimmo una squadra volta a fare bene sin da subito, il campionato che vivemmo ci vide indiscussi protagonisti. Solo con il Venezia coabitammo per un po’, ci fu un testa a testa per qualche partita, ma, quando vincemmo anche lo scontro diretto con i lagunari, prendemmo il volo verso la promozione.

Una Salernitana “mutilata” quella di questo campionato, ancora priva di certezze…

Il  grattacapo principale è sicuramente quello scaturito dalla situazione societaria, da cui è derivato, anche, il problema del mercato granata. Era indispensabile muoversi diversamente, allestendo una rosa più competitiva, soprattutto a centrocampo. La gestione è stata poco mirata e lungimirante. Speriamo che possa costituirsi presto una nuova società e auguriamoci che i nuovi proprietari possano volere solo il meglio per la città e per la squadra.

Ribèry è stato sicuramente un colpo grosso, sarà stato incantato da un progetto che ancora non ci è stato rivelato?

Ribèry ha scelto di venire a Salerno con convinzione. Il francese non avrebbe accettato se non avesse visto positività in quest’affare. È un calciatore che avrebbe potuto scegliere qualsiasi altra piazza, ha fatto una scelta sicuramente intrisa di motivazioni: dalla tifoseria, alla città… chi gestisce la Salernitana avrà prospettato al numero 7 granata qualcosa di importante, non potrebbe essere altrimenti. Al momento, però, l’ossatura della squadra non lascia ben sperare, risultata essere una buona squadra di serie B, ma, non è allestita a dovere per disputare serenamente il campionato di massima serie. inoltre, il cambio in panchina – al momento – non ha ancora portato migliorie. Ogni mister ha i suoi pensieri, le sue idee, le proprie visioni…

Hai vissuto anche tu un’esperienza con mister Colantuono a Catania…

Non è stata felice quell’esperienza, a causa di tante situazioni societari. Ci tolsero punti, poi ce li restituirono… ho giocato, decisamente, stagioni migliori.

Il ritorno di Colantuono a Salerno come lo hai considerato?

Un allenatore che viene catapultato in serie A dopo 3 anni di inattività, purtroppo, in parte, perde le visioni, le percezioni di gioco, le distanze… Un conto è lavorare tutti i giorni, un altro è stare fermi per tutto questo tempo. Castori aveva delle basi diverse su cui lavorare, aveva dato un’impronta, un’identità alla sua Salernitana. Per i giocatori non sarà stato semplice questo cambio in panchina. La serenità, la tranquillità, sono componenti che vengono, inevitabilmente, minate. A Salerno – se non stai tranquillo – è meglio che non ci stai. È meglio prendere la borsa e andare via.  Né la città, né la società merita di avere in squadra giocatori demotivati ed arrendevoli. Senza il fuoco che ti brucia dentro non si va molto lontano. A Salerno è sempre stato così, quelli che arrivavano in città senza la giusta spinta, coloro che hanno provato a svernare – dopo poche settimane – se ne sono andati. È indispensabile vivere il calcio con passione.

Quanto credi possa essere viva la speranza salvezza?

Credo che la Salernitana faccia due campionati di serie A: il primo è quello contro tutte le partecipanti, in cui, a prescindere dal posizionamento in classifica, si cercherà di far punti a tutti i costi; l’altro lo si gioca contro le altre quattro dirette concorrenti per la salvezza. La Salernitana per sopravvivere in serie A dovrà fare l’impossibile per arrivare quintultima. Credo non ci sia nulla di insuperabile, spesso, i limiti esistono solo nella nostra mente. Sarà necessario combattere come fece Davide contro Golia. Davide vinse perché ebbe intelligenza e astuzia. Al momento la classifica è ancora corta, però, non bisogna distanziarsi ulteriormente, altrimenti, sarà un vero problema. Bisogna sentirsi vivi, fino all’ultimo secondo di ogni partita sarà necessario avere “il sangue agli occhi”, dando filo da torcere a qualunque avversario.

Chi credi possa fare la differenza nella rosa granata?

Mi piace molto Bonazzoli, è un bel giocatore, un ragazzo che si impegna, dà il massimo e palesa un senso di appartenenza che non è rintracciabile in chiunque. Dovrebbero sentire tutti il peso della maglia granata. Si possono anche perdere tutte le partite di serie A, ma, quando il tifoso percepisce il senso d’appartenenza del calciatore, la voglia di giocare al massimo per la squadra e per la città, non potrà mai condannarlo.

Nella stagione ’98-’99 la squadra raccoglieva pochi punti ma tanti applausi…

Retrocedemmo dalla serie A con 38 punti. Se si facessero adesso 38 punti si occuperebbe una posizione di classifica tra le prime 7-8 squadre della classifica. Quella retrocessione la soffrimmo tanto, per innumerevoli motivi, soprattutto, per ragioni extracalcistiche. Quella di 23 anni fa non fu una retrocessione sul campo. Vivemmo una serie di partite anomale…  lo dissi già all’epoca, percepii qualcosa che non andava. C’era un movimento di giocatori che andavano “ a destra e a sinistra”… ho avuto sempre il dubbio! Per noi che eravamo dentro fu traumatizzante, fu un’esperienza terribile, ci ha scosso, ci ha segnato… spesso mi ritorna in mente. Quell’anno i poteri forti non ci permisero di essere artefici del nostro destino. Combattemmo con tutte le nostre forze, ma, anche difronte all’evidenza fummo ingiustamente condannati. Fu disarmante. Combattemmo contro i mulini a vento.

Tra gli episodi più eclatanti quale ti ha fatto più male?

Piacenza. Ogni tanto mi vado a rivedere quella partita, in veste di allenatore la prendo come spunto, la racconto ai miei ragazzi. Durante quella gara ci fu un rigore nettissimo su Tedesco, ma, niente, non ci venne concesso! Per quell’incontro – così delicato – fu designato un arbitro che quell’anno avrebbe cessato la sua carriera. Avrebbe potuto commettere – come fu – qualsiasi irregolarità, avrebbero potuto imputargli qualsiasi cosa, non sarebbe valso a nulla, il direttore di gara non ebbe nulla da perdere… la beffa, poi, fu il dopo partita. Conoscevo un ragazzo che era sul treno… non è giusto che si parta per seguire la propria squadra e non si faccia ritorno a casa. La Salernitana è stata spesso accompagnata da momenti traumatici, soprattutto quando c’era da festeggiare qualcosa.

La promozione di 23 anni fa ne fu la dimostrazione. Quest’anno è successo ancora…

Quando salimmo in serie A, al triplice fischio dell’ultima partita, tutto lo stadio rimase in silenzio, non si sentì nemmeno un applauso, niente. C’erano circa 40.00 spettatori, fu un’atmosfera surreale, spettarle. Il popolo salernitano dimostrò – ancora una volta – un grande rispetto, una maturità formidabile. Salerno è una città encomiabile, merita di ricevere lo stesso rispetto che è capace di dare.

Il popolo granata vive la squadra della propria città in maniera totalizzante…

Per i salernitani la squadra dell’Ippocampo è una fede. Vivono 365 giorni l’anno per la Salernitana, ne sono impregnati. C’è gente risparmia continuamente mettendo via i soldi per poterli spendere il fine settimana per andare allo stadio. I tifosi granata non vanno a vedere la partita, loro partono per vedere e sostenere la Salernitana. Bisognerebbe sfruttare questo potenziale. La permanenza in serie A potrebbe fruttare bene a chiunque: ai tifosi, ai calciatori, alla città e alla futura società.

Parlando di momenti belli e memorabili, raccontaci di quel gol che realizzasti al Meazza, un tiro da fuori area e all’incrocio dei pali…

Ancora oggi non riesco a capirlo, non riesco ad esprimermi su quel gol. Fu bellissimo. Quand’ero piccolo sognavo quello stadio, immaginavo di poterci giocare. Il destino volle che ci disputassi una partita e ci segnassi addirittura un gran gol. Fu un’emozione grandissima. Reputo indimenticabile anche il primo giorno d’allenamento nella categoria della serie A. Si respirava un clima che metteva i brividi. La notte prima di ogni gara si faceva fatica a prender sonno pensando al giorno dopo.

Rispetto ai tuoi tempi, quanto è cambiato l’approccio dei calciatori con le partite, con il campo?

Oggigiorno sembra tutto dovuto, tutto schematico. Non ci si dispera più per una sconfitta. Quando noi perdevamo eravamo incazzatissimi. Affrontavamo gli allenamenti con concentrazione, devozione e massimo impegno. Poi, se le gare non andavano a buon fine, quanto meno, tornavamo a casa a testa alta, convinti di aver sudato per tentare l’impossibile. Ci sono, inoltre, fin troppe distrazione esterne. Credo che i Social Network abbiano contribuito a questa caduta libera. Quando giocavo io, se qualcuno dei nostri faceva una cazzata, tutti ne venivamo a conoscenza. Era sana abitudine vivere lo spogliatoio anche come una palestra di vita, fare cazziatoni e scuotere positivamente chi sbagliava, affinché si potessero scongiurare errori futuri. Noi venivamo da una serie B in cui c’erano i Tudisco, Pisano, Grimaudo… loro erano i totem della squadra. Da personalità importanti e forti come le loro abbiamo appreso tanto, erano i primi che ci scuotevano se facevamo sciocchezze, ci aprivano gli occhi e regalavano perle di saggezza. I giocatori di oggi si sentono “chissà chi”… ti fanno cascare le braccia.

In questa Salernitana il solo Ribèry non può bastare per rivestire questo ruolo…

Quando ce ne sono 1 o 2 su 23/24 giocatori, non basta. Sarebbe come una goccia di acqua nell’oceano. In serie A sono indispensabili fattori come l’esperienza e la maturità per fronteggiare e superare dignitosamente anche i momenti più critici. Ad ogni modo, auguro alla Salernitana il meglio, spero possa uscire dal tunnel e rivedere la luce, quella vera, non un semplice bagliore artificiale.

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Sono Raffaella Palumbo, classe 1990, salernitana dalla nascita. Per varie vicissitudine, sono espatriata a Genova da quando avevo 21 anni, nel capoluogo ligure esercito la professione di insegnate. Amo la vita in tutte le sue sfaccettature, non trascuro i dettagli. L'ottimismo, la curiosità, la follia, l'intraprendenza ed il sorriso sono caratteristiche di cui non posso fare a meno. Tra le gioie più grandi della mia vita rientra mia figlia: Martina. La pallavolo, la scrittura, i viaggi e la Salernitana sono le mie principali passioni. La benzina delle mie giornate risiede in tre espressioni che non cesso mai di ripetere a me stessa e agli altri: " VOLERE è POTERE, CARPE DIEM e PER ASPERA AD ASTRA"!!!