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L’identità tattica acquisita non diventi un limite. La sosta per incrementare le opzioni offensive e ridurre gli errori difensivi

Durante l'ultima sosta stagionale, Nicola deve provare a liberare l'estro dei suoi numerosi fantasisti. Per evitare che la strategia offensiva venga affidata esclusivamente al gioco aereo di Djuric e alle stoccate di Bonazzoli. Corposo anche il lavoro da fare sulla fase difensiva: ancora troppi gli errori di reparto e quelli individuali.

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SALERNO, ITALY - FEBRUARY 19: Davide Nicola US Salernitana coach during the Serie A match between US Salernitana and AC Milan at Stadio Arechi on February 19, 2022 in Salerno, Italy. (Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)
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La Salernitana non riesce a centrare l’auspicato exploit contro la Juventus, rimanda a data da destinarsi l’impresa calcistica riuscita almeno una volta a tutte le squadre impelagate nei bassifondi della classifica, e si rifugia nell’ultima sosta stagionale, che precede l’intenso rush finale del campionato.

L’assenza dei tre punti pesa come un macigno sull’umore del gruppo e della tifoseria, però la matematica ancora concede qualche opportunità credibile a Nicola e ai suoi ragazzi. Le sconfitte di Cagliari e Venezia, bilanciate negativamente dai successi di Sampdoria e Genoa, tengono ancora acceso il lumicino della speranza. Le due partite da recuperare, ed un calendario sicuramente meno proibitivo per Bonazzoli e compagni, invitano a crederci e a non mollare la presa.

Tra quattordici giorni, quando all’Arechi verrà ospitato il Torino di mister Juric, un solo risultato, la vittoria, sarà a disposizione dei padroni di casa. Non sarà una gara semplice, perché i piemontesi sono reduci dalla sconfitta di Marassi contro i rossoblù del tecnico Blessin e proveranno a strappare punti sul manto erboso dell’impianto salernitano.

Due settimane di pausa che serviranno anche a migliorare la tenuta atletica dei calciatori granata reduci da infortuni (Ribery, Mamadou Coulibaly e Mousset) e a far progredire l’acclimatamento al calcio italiano dei diversi interpreti provenienti dai campionati esteri (Ederson, Mikael, Bohinen e lo stesso Mousset).

Il tempo delle buone intenzioni ed i margini di errore si riducono drasticamente. Sarà necessario procedere con andatura spedita, perché la Salernitana, dei trenta punti ancora disponibili, dovrà aggiungerne alla sua graduatoria almeno 18/19, e sperare che le altre non indovinino una serie positiva che vanifichi gli eventuali sforzi realizzati. Un’andatura di marcia da qualificazione europea: sei successi su dieci gare da disputare. Tutto il resto è mera fuffa intrisa di ‘se’ e ‘ma’, che non riempiono una pancia sempre più bisognosa di cibo sostanzioso.

Per quanto concerne il match disputato contro una Juventus piena di defezioni ed ancora parzialmente stordita dalla dura eliminazione di Champions ad opera del Villareal, non ci sentiamo di condividere la soddisfazione palesata da mister Nicola al termine dei novanta minuti di gioco. La compagine bianconera, da squadra esperta e tecnica qual è, ha sfruttato gli errori difensivi altrui e domato in fretta le velleità dei calciatori granata, limitandosi poi a gestire con discreta serenità il doppio vantaggio nei secondi quarantacinque minuti. Nella prima frazione di gara, inoltre, due decisivi interventi di Sepe – su Vlaovich e Dybala – non hanno reso il risultato ancora più severo.

I campani, terminato il primo tempo sotto di due reti, hanno provato poi ad affacciarsi con maggiore convinzione nei pressi dell’area di rigore bianconera, ma il loro canovaccio offensivo è risultato monotematico, con la costante ricerca delle corsie laterali e di traversoni in grado di esaltare le doti acrobatiche di Milan Djuric. La Juve ha lasciato il possesso palla ad Ederson e compagni, non ha mai esercitato un pressing asfissiante, limitandosi a coprire quasi scolasticamente gli spazi e a gestire serenamente i pochi palloni prevedibili provenienti dalle corsie laterali.

La Salernitana, in divere fasi di gioco, ha avuto la possibilità di trovare invitanti linee di passaggio nella trequarti locale e rendere più varia ed imprevedibile la sua strategia offensiva, ma quasi sempre ha optato per il palleggio orizzontale tendente a raggiungere le corsie esterne. Rare sono state le verticalizzazioni effettuate, eppure due dei tre insidiosi tiri in porta scoccati dai granata (Bonazzoli nel primo tempo, Verdi nella ripresa) sono arrivati sulle due uniche situazioni di gioco verticale.

In questo senso, pertanto, non poche perplessità destano i compiti tattici eccessivamente dispendiosi sul piano atletico assegnati ai calciatori più estrosi e qualitativi dell’organico (Verdi, Perotti, Ribery e Kastanos), impegnati in una doppia fase che, oltre a non garantire costante tenuta difensiva, sottrae pure lucidità in fase di rifinitura e di finalizzazione. Vedere i quattro fantasisti nostrani rincorrere, spesso male, terzini ed esterni avversari di spessore, invece di sfruttarli nei compiti che sanno svolgere meglio, ossia trovare spunti, uno contro uno, assist e conclusioni in porta agendo a ridosso dell’area avversaria e lasciando ai compagni più grintosi e dinamici il compito di rubare palla e riproporsi, è uno degli aspetti tattici che mister Nicola dovrà prendere seriamente in considerazione durante la sosta. Per affiancare all’arma letale rappresentata dal gioco aereo di Djuric e alle stoccate di Bonazzoli opzioni tattiche che accrescano la gamma di soluzioni offensive, necessarie per compiere l’impresa nell’ultimo tratto del torneo.

Anche la fase difensiva continua a destare più di una perplessità. Detto dell’impossibilità atletica e temperamentale degli interpreti più estrosi a garantire costante sacrificio e applicazione mentale nelle situazioni passive di gioco, cominciano ad essere troppi gli errori individuali nelle letture tattiche e, soprattutto, evidenti le fragilità nel presidio dei propri sedici metri. L’incornata indisturbata di Vlahovic segue quelle di Arnautovic e Scamacca. Il valore dei tre attaccanti è indiscutibile, ma è altrettanto legittimo ritenere che non si possa continuare a subire gol simili con questa disarmante continuità.

Così come non ci convince l’improbabile esplosività muscolare richiesta a tutto campo ad un calciatore possente e non più giovanissimo come Federico Fazio, che forse si esprimerebbe in maniera più sicura se fosse semplicemente impegnato in un compito di esperta guida della retroguardia, lasciando funzioni di rigorosa marcatura ad uomo a colleghi più rapidi, veloci e reattivi. Nicola ama affrontare gli attaccanti rivali in parità numerica e sul piano dei duelli individuali, ma le partite della sua gestione hanno visto la difesa incontrare più di una difficoltà ad arginare i valenti goleador palesatisi lungo il cammino granata. Pertanto, in determinate partite, soprattutto contro squadre tecnicamente superdotate dalla cintola in su, forse sarebbe il caso di opporre una maggiore densità.

Sicuramente da rivedere anche l’apporto difensivo degli esterni bassi, più propensi ad offendere che ad inibire i loro dirimpettai.

Altro aspetto da curare è la lettura difensiva preventiva, come testimonia il primo gol incassato contro la Juventus. Non è possibile, sugli sviluppi di un affondo laterale dei calciatori bianconeri, vedere i due mediani granata, Radovanovic e Coulibaly, sopra il livello della palla, mentre Fazio, Gyomber e Mazzocchi, appostati al centro dell’area in marcatura su Rabiot, lasciano praticamente soli i più devastanti e distanti Vlahovic e Dybala. La squadra fa fatica a muoversi compatta e con tempismo nella zona in cui gli avversari muovono il pallone.

Due settimane per mettere a punto l’ultimo collaudo tecnico-tattico. Alla ripresa delle ostilità, Nicola ed i suoi ragazzi non potranno più sbagliare.