Home Editoriale Ivan Radovanovic: «Quando siamo tornati da Roma sembrava avessimo vinto lo scudetto»

Ivan Radovanovic: «Quando siamo tornati da Roma sembrava avessimo vinto lo scudetto»

Il calciatore serbo si è raccontato ai microfoni di Dazn Talks per narrare l'esperienza salernitana che sta entusiasmando lui e la sua famiglia

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Ivan Radovanovic, questo pomeriggio, si è raccontato ai microfoni di “Dazn Talks” con Barbara Cirillo e Ilaria Alesso. Il numero 16 granata attraverso le sue parole ha lasciato trapelare la gioia e l’emozione che lega lui e la sua famiglia alla piazza di Salerno.

L’intervista

«La gente di Salerno è molto affettuosa, trovo molte cose in comune tra il mio popolo e quello del Sud. Qui mi sento a casa! Vivere in questa città con la mia famiglia è rasserenante. Le mie figlie si sono ambientate quasi subito. A casa sono un papà molto rigido rispetto a mia moglie, mi innervosisco quando mi sfidano su determinati argomenti. Le mie bambine sono brave e non mi posso lamentare più di tanto.Ci tengo che vadano a scuola con regolarità, anche se hanno difficoltà con la lingua. Spesso io e le mie bambine cantiamo tutte le canzoni della Salernitana, abbiamo trovato anche un inno vecchio. Ci piace moltissimo il coro “Vada come Vada”. Ciò che entusiasma me e la mia famiglia sono i nostri sostenitori. I tifosi, lo scorso anno, non hanno mai smesso di credere nella salvezza. I calciatori che già vivono a Salerno dallo scorso anno, conoscono il calore della piazza e lo apprezzano. Dopo la gara di domenica, a notte fonda, anziché andare a dormire, i tifosi ci hanno accolto davanti al nostro campo d’allenamento per l’impresa compiuta. Erano tantissimi, sembrava che avessimo vinto lo scudetto.

In proposito a Frank Ribèry

«Franck è un grande professionista, si sta calando bene nel suo nuovo ruolo. Parla molte lingue, nella mia conosce solamente le parolacce. Ci aiuta tantissimo soprattutto con gli stranieri presenti quest’anno. Per me è un grande esempio, per tutto quello che ha fatto in campo ed anche per quello che ha fatto fuori. Quando sono entrato nello spogliatoio mi ha rattristito non vedere la maglia numero 7. Il giorno dell’addio ho pianto molto. Come Frank, vorrei poter trasmettere sempre molta energia ai ragazzi. In proposito al mio futuro, per ora vorrei continuare a giocare ancora, perché mi sento bene. Un domani mi piacerebbe continuare la mia esperienza in Italia diventando allenatore, chissà, magari proprio a Salerno, visto che Iervolino è un presidente vincente e ambizioso».

Il posizionamento in campo

«Prima della partita contro il Torino, Nicola decise di posizionarmi come libero e, dopo la sconfitta contro la Roma, in cui segnai, cominciò la nostra rincorsa alla salvezza. Spesso ho giocato anche in difesa, anche al Chievo con Maran. Nel 2019, precisamente il 23 dicembre, il mister Ballardini al Genoa mi fece giocare con Criscito e Masiello in difesa e ci salvammo a tre giornate dalla fine. Io non mi sottraggo mai, mi sacrifico alla causa perché il calcio italiano è molto tattico ed ho molta passione per il lavoro che svolgo. In allenamento, quando mi trovo in un ruolo che non è il mio, tento di adattarmi con intelligenza».

La stagione scorsa

«Amo aiutare i miei compagni, mi viene naturale. Inoltre, poche volte mi innervosisco con i miei avversari. Però, l’anno scorso litigai con Giulio Maggiore quando ci fu Salernitana-Spezia. Di solito ci alleniamo al mattino. L’ultima volta che siamo usciti tutti assieme fu quando Mazzocchi ci invitò a cena, accadde quando venne convocato in Nazionale. In proposito alle relazioni nello spogliatoio, non mi sono mai legato a qualcuno in particolare. In questo momento sono molto vicino a Bradaric, condividiamo la stessa lingua. Ho un rapporto speciale soprattutto con quelli che hanno partecipato alla salvezza dello scorso anno. Infatti, quella salvezza fu frutto dell’unione che c’era all’interno dello spogliatoio e dell’ambiente. Anche prima di raggiungere Salerno credevo alla salvezza. Farò sicuramente un tatuaggio per ricordare quel fine stagione».

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Sono Raffaella Palumbo, classe 1990, salernitana dalla nascita. Per varie vicissitudine, sono espatriata a Genova da quando avevo 21 anni, nel capoluogo ligure esercito la professione di insegnate. Amo la vita in tutte le sue sfaccettature, non trascuro i dettagli. L'ottimismo, la curiosità, la follia, l'intraprendenza ed il sorriso sono caratteristiche di cui non posso fare a meno. Tra le gioie più grandi della mia vita rientra mia figlia: Martina. La pallavolo, la scrittura, i viaggi e la Salernitana sono le mie principali passioni. La benzina delle mie giornate risiede in tre espressioni che non cesso mai di ripetere a me stessa e agli altri: " VOLERE è POTERE, CARPE DIEM e PER ASPERA AD ASTRA"!!!

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