Attendere e sperare è cosa assai difficile. Non reagire, o almeno non farlo in maniera violenta davanti alle difficoltà, è un atto che richiede grande autocontrollo. È raro trovare persone dotate della capacità di rispondere con razionalità davanti a un “affronto”, o che riescono a non perdersi d’animo quando non ottengono subito i risultati previsti all’inizio di una nuova impresa. Trattenere le emozioni negative e non incanalarle verso azioni distruttive, per se stessi e gli altri, è un comportamento ritenuto degno d’onore, e quindi virtuoso, da tutte le culture. “La pazienza è la virtù dei forti” significa prevalentemente che, chi possiede tale tratto, sa mostrarsi più potente e prendersi del tempo per analizzare ogni situazione. I più forti, i sopravvissuti, sono quelli che sono stati forgiati dalla pazienza, che non si sono arresi nonostante le difficoltà.
Un anno fa, la Salernitana di Iervolino, Sabatini e Nicola stava organizzandosi per confezionare l’impresa del secolo. Ma, a differenza di oggi, lo faceva sospinta e sorretta da un popolo mai piegato dalle mortificazioni e follemente incurante delle difficoltà. Oggi, quello stesso popolo, appare svuotato nel corpo e nello spirito. Gli strascichi emotivi della trionfale cavalcata sono ben evidenti. Del resto, chi sa cosa significhi la più impattante delle sofferenze, si augura di non incontrarla mai più. O almeno non subito.
Di errori, dentro e fuori dal campo, ne sono stati commessi a iosa. Elencarli e ribadirli sarebbe un esercizio stupido, ma soprattutto controproducente. Per i processi e le sentenze di cassazione passano ancora quindici partite. Quindici gare in cui la “banda Sousa” dovrà fare tutto il possibile per non dilapidare un patrimonio inestimabile chiamato Serie A. Nel frattempo, sarebbe ora che tutte le componenti remassero, per una volta e per davvero, verso un’unica direzione: quella dell’equilibrio e del buon senso. Il tempo del “Dividi et Impera” e dei “Guelfi e Ghibellini”, scientificamente provocato da fantasiosi personaggi, è finalmente terminato. E’ bene che tutti, indistintamente, si ricordino di essere figli della stessa madre: la Salernitana. Ché è l’unica cosa che conta.