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Casasola, Kiyine, Cicerelli e Anderson: le prodezze che vinsero l’assenza di un centravanti di spessore

Determinante il contributo stagionale fornito dal plotoncino di calciatori 'laziali' a disposizione di Castori

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Tante le definizioni utilizzate per riconoscerli all’interno di un gruppo rivelatosi vincente strada facendo. Su tutte, i ‘figliocci di casa Lazio’ e i calciatori croce e delizia’. Due verità indiscutibili, senza dubbio, ma le loro delizie pallonare, sommate nella stagione appena archiviata all’interno del libro che custodisce i sogni granata, hanno finito per seppellire le croci tecniche disseminate lungo il cammino.

Stiamo parlando di Tiago Casasola, Sofian Kiyine, Emanuele Cicerelli e André Anderson. Elementi che hanno faticato ad essere continui nell’arco del campionato, però tutti e quattro, seppur in momenti diversi, sono stati capaci di tirar fuori dal cilindro le giocate in grado di spaccare le partite e aggiungere punti preziosi alla classifica che ha traghettato Di Tacchio e compagni in massima serie. Come tutti gli altri colleghi presenti in organico, anche essi hanno provveduto a collocare i personali mattoncini in quella fantastica costruzione tecnico-tattica su cui troneggia, gigante, la lettera ‘A’.

Vedere una partita di calcio senza mettere Casasola nel mirino della critica, è impresa quasi titanica. Lo vedi scavallare imperiosamente sulla fascia, saltare il suo dirimpettaio, prima di effettuare un cross fuori misura che finisce per rubarti l’imprecazione colorita. Però è altrettanto vero che le sue sovrapposizioni, prodotte in quantità industriale e con la feroce tenacia tipica dei sudamericani, trovano non di rado il guizzo decisivo, in termini di assist e reti siglate, nel corso dei novanta minuti. Tre prodezze realizzative e quattro suggerimenti vincenti: numeri significativi per un esterno intermedio. E che gol! Tutti di estrema importanza, partendo dal primo stagionale, contro la Reggina, che evitò la sconfitta interna all’esordio. Proseguendo con il secondo sigillo, figlio di un bolide che quasi mandò giù la porta del Pisa e consentì alla Salernitana di uscire indenne dall’Arena Garibaldi. Per finire con il più bello ed importante timbro personale, quello di Pescara che ha aperto le danze dei festeggiamenti e fatto pregustare con largo anticipo la serie A ai tifosi dell’Ippocampo. Lo zampino del pugnace Tiago, però, lo abbiamo registrato anche sulle palle inattive, quando i suoi colpi di testa, respinti con difficoltà dai portieri avversari, hanno consentito ai compagni di realizzare sotto misura altre reti fondamentali.

Dopo l’ottimo campionato disputato lo scorso anno con Ventura, nobilitato da 10 gol e 3 passaggi decisivi, Kiyine, riapprodato a Salerno nel mercato di gennaio, non ha disputato una grande stagione, soprattutto a causa di quell’indolente leziosità che spesso limita il suo enorme talento intriso di estro e personalità. Il ragazzo deve trovare in fretta la determinazione che lo supporti nel proposito di imporsi nell’universo pallonaro; se ci riuscisse, il maggiore palcoscenico calcistico nostrano rappresenterebbe il suo habitat naturale. Eppure, nonostante un percorso caratterizzato da poche luci e molte ombre, anche il belga-marocchino ha trovato il modo per lasciare il segno sull’annata vincente della Salernitana. Il suo secondo tempo contro il Venezia, disputato da esterno sinistro di una mediana a quattro, fu una delle armi affilate che gli uomini di Castori impugnarono per ridurre progressivamente in brandelli la resistenza dei lagunari e ottenere tre punti fondamentali ai fini della promozione diretta.

Poco più di mille minuti è durato il campionato di Cicerelli, metà dei quali è concentrata nelle prime otto gare stagionali. Poi, tanti spezzoni di partita, ritagliati nel prosieguo del torneo, che hanno regalato al ragazzo di San Giovanni Rotondo la possibilità di risultare determinante in almeno tre occasioni. Il suo ingresso nella seconda frazione di gioco contro l’Entella all’Arechi fu devastante: una furia incontenibile che mutò le sorti del match e permise agli uomini di Castori di ribaltare lo svantaggio iniziale (perfetto il cross che consentì a Tutino di siglare il gol del pari). Dal piede vellutato dell’ex foggiano, sempre tra le mura amiche, sono partiti anche i dribbling ubriacanti e le traiettorie imparabili alla Del Piero che hanno abbattuto la resistenza dell’arcigno Frosinone e, in precedenza, piegato definitivamente le velleità del Pescara; senza dimenticare il chirurgico corner che esaltò l’acrobazia perentoria di Bogdan contro il Cittadella.

Se un piccolo neo vogliamo trovarlo nella conduzione tecnica di Castori, ma non tale, ovviamente, da oscurare il capolavoro tattico del trainer marchigiano, ci viene in mente soprattutto il nome di André Anderson. In rapporto ai minuti giocati – appena 886 – il ventunenne talento brasiliano è stato uno dei calciatori più produttivi dell’intero organico. Cinque gol e tre assist, confezionati in un lasso temporale così esiguo, consegnano alla storia granata il profilo di un promettente virgulto, destinato a recitare un ruolo non secondario nel calcio che conta. Praticamente devastanti per le difese avversarie, lui e Tutino, nelle rarissime occasioni in cui, giocando insieme e scambiandosi i ruoli di suggeritore e finalizzatore, hanno garantito punti di estrema importanza ed uno spettacolo tecnico superiore agli standard espressi dal torneo cadetto. Portano la loro firma i successi esterni di Venezia e Cosenza e quello interno contro l’Ascoli. Ma del brasiliano ci piace ricordare anche lo splendido tracciante ‘no look’ che pescò l’ottimo inserimento vincente di Capezzi contro il Lecce. Il suo campionato, infine, è stato sublimato grazie alle due pesantissime marcature realizzate contro Empoli e Pescara. Forse anche Anderson, alla pari di Gondo, avrebbe meritato maggiore spazio nel corso della stagione. Soprattutto per surrogare quel centravanti di spessore mai arrivato dal mercato di gennaio e la cui assenza rende un po’ goffa, teatrale e inverosimile la narrazione lotitiana sulla promozione ardentemente desiderata e pianificata a tavolino dalla società.

Se i granata sono in A, con l’undicesimo attacco della cadetteria (zona destra della classifica) nonostante la doppia cifra di Tutino, lo devono innanzitutto alla tenuta difensiva della squadra, ma anche alle piccole e grandi prodezze dei quattro protagonisti raccontati in questo articolo.